name='description'/> Parle Serie Blog: maggio 2013

25 mag 2013

Edizione del 23/05/2013-"Copertina"

NEW!!! Parola al territorio

Patrizia Spose: 35 anni di attività e ancora qualcosa da raccontare


“Ho visto la moda nel settore sposa, la sua evoluzione e anche la sua grande trasformazione. Ho vestito le mamme, poi le figlie e ora mi capita anche le figlie delle figlie. Eh si, il tempo passa ma la passione cresce! Per ogni ragazza che si avvia al grande passo, posso solo ancora una volta sorridere felice e avere l'umiltà di poterla consigliare nella scelta di un abito che, molto probabilmente, resterà l'abito più importante scelto nell'intero corso della vita di una ragazza.

Una regola mi segue da sempre: l'abito giusto per la ragazza giusta! L'abito da sposa non è una questione di spesa ma una questione di gusto e proporzioni indovinate.

Ogni ragazza che inizia quest’avventura sogna un abito meraviglioso, quasi magico.
Io sogno per loro l'Abito perfetto!
Quell'abito che le valorizzi, che enfatizzi ogni caratteristica e nasconda ogni piccolo difetto. Quell'Abito che sia sentito come proprio, che faccia vivere la giornata a proprio agio e le renda in ogni istante emozionate nel guardarsi uniche e irripetibili come non mai.
Ogni volta per noi è una sfida, una rincorsa alla perfezione perché ogni singolo particolare non deve mai essere lasciato al caso e nostro intento è che ogni sposa sia distinta e caratterialmente rappresentata. Il nostro lavoro inizia dall'anima dell'abito, dalla sua struttura, dalle sue rifiniture che parlano molto più di ogni singolo accessorio per finire in un felice augurio e un forte abbraccio il giorno della consegna.

Lavoriamo dietro le quinte, assorbiamo lo stress delle ragazze, le coccoliamo e le rassicuriamo e ogni volta a nostro modo ci emozioniamo quando, il giorno del matrimonio, da lontano, ascoltiamo il rumore dei clacson che le accompagna fino all'altare. Non avrei potuto fare altro nella vita perché amo il mio lavoro e vesto con innumerevole soddisfazione la FELICITA'. Con affetto immenso, alle migliaia di ragazze che in questi 35 anni ho vestito e che ora sono donne, mamme e qualcuna anche nonna.”

Alessia Del Gizzi

22 mag 2013

Attualità



“Perché la Madonna della Libera, è la Madonna della Libera!”

Non me ne voglia Sanremo con il suo clima canzoniero e di festosità nel plagiare l’ormai celebre “motto” della sua manifestazione ma anche noi, nel nostro piccolo, sappiamo darci da fare. Si è conclusa anche quest’anno la festa della Madonna della Libera ed è tempo di bilanci. Tutti estremamente positivi. Una festa lontana dai soliti schemi ai quali la popolazione pratolana era abituata. Una festa basata sulla sobrietà e volta alla riscoperta della tradizione vera ed autentica, come aveva già anticipato il presidente del Comitato 2013, Luca Colaiacovo nell’intervista rilasciata sul precedente numero di “Parle Serie”. Dicevamo una festa volta all’insegna della tradizione, quella vera, quella che ci porta a cessare le “ostilità” quotidiane, per riscoprirsi legati dall’essere pratolani e dal festeggiare ognuno a suo modo la nostra Santa Patrona. Come tutte le festività che si rispettino, non sono mancate le polemiche che vedevano il Parroco, Padre Renato Frappi e il gruppo dei Mazzieri, costituito da pratolani che mettono a disposizione il loro tempo e la loro presenza all’interno della vita civile-religiosa del paese tutto l’anno, e soprattutto durante le settimane di festa. Il parroco, a suo dire, ha evidenziato la loro scarsa presenza nella vita socio-religiosa della comunità per poi riproporla  solo esclusivamente con l’avvicinarsi della festa. A tal riguardo uno dei responsabili del gruppo dei Mazzieri, Flavio Mariani a nome del gruppo, ha replicato a tono alle esternazioni del Parroco sostenendo come il loro apporto e contributo è stato costante durante tutto l’anno attraverso l’organizzazione e la gestione di eventi relativi alla vita socio-religiosa della comunità, sottolineando come ogni singolo componente ha dato il suo appoggio secondo le proprie disponibilità.
 Chi ha ragione o torto, non è dato al sottoscritto stabilirlo, data la sua neutralità nella stesura del pezzo, ma posso asserire come, se esistono questi “contrasti” è sintomo di come la comunità di Pratola tenga molto all’ottima riuscita della stessa festa. I festeggiamenti sono “ufficialmente” iniziati venerdi 03 maggio con l’arrivo dei pellegrini di Gioia dei Marsi, uno degli eventi più toccanti dei festeggiamenti: 300 pellegrini, partiti all’alba, si sono recati a piedi dal paesino marsicano verso il santuario della Madonna della Libera dove, una volta giunti dinanzi, percorrono la navata centrale in ginocchio, in segno di venerazione alla Madonna della Libera. Quest’anno il tutto è stato accompagnato dalla firma in Santuario da parte del Sindaco di Pratola Peligna, il dott. Antonio de Crescentiis e dal suo pari grado di Gioia dei Marsi, l’avv. Gianclemente Berardini di un atto di gemellaggio che lega questi due paesi dalla fede e dalla devozione verso la Madonna della Libera. Inerente al discorso dei pellegrini, il Comitato 2013 ha inaugurato, presso i locali delle ex-carceri, “la Casa del Pellegrino”, un luogo dove chiunque volesse recarsi a rendere omaggio alla Madonna della Libera, può sostare anche per una sola notte.
 Dicevamo della festa e di come nella sua sobrietà ha portato con sé delle situazioni che di certo non sono passate inosservate: innanzitutto gli spari di accompagnamento alla processione sono stati realizzati solo nel quartiere di “Piè la Forma” e non nella consueta “gara” che ogni rione conduceva per vedere chi sparasse più forte al passaggio della processione. Degna di nota è stata la presenza, tra il gruppo dei mazzieri, di un giovane ragazzo di colore; un evento straordinario poiché, per la prima volta, la Madonna della Libera è stata portata in processione da un ragazzo nero, il che testimonia l’interculturalità della Chiesa e di come essa si rifletta anche nelle piccole realtà come la nostra. La festa è proseguita all’insegna della riscoperta della pratolanità durante tutta la seconda settimana di maggio, culminata venerdi 10 maggio con la rappresentazione teatrale e storica della nostra fede pratolana nella Madonna della Libera, organizzata da Rosina Carducci, dalla sua compagnia teatrale, dal gruppo Mazzieri e accompagnata dalle chiarine del sestriere di Porta Bonomini di Sulmona. Un tassello molto importante sul quale il Comitato ed in primis il presidente Luca Colaiacovo ha incentrato tutto il suo mandato. Bilancio positivo insomma, anche contro la pioggia che, fortunatamente, non ha mandato all’aria la festa.  E’stata la festa di un paese, ma anche la festa della gente, al di là dei problemi e delle difficoltà quotidiane. Come nelle Olimpiadi, ci si è fermati in questi giorni per ritrovarsi, per scambiarsi sorrisi e abbracci, semplicemente per stare insieme. Sfido chiunque a dire di essersi annoiato, perché quando è festa tutto è bello, quando lo si fa con lo spirito del sorriso, tutto è ancora meglio. Insomma La Madonna della Libera non resta solo patrona di Pratola Peligna, ma è sicuramente pronta la candidatura come patrimonio dell’umanità.

Evviva la Madonna della Libera!     
       
Salvatore Presutti       

Attualità


Visioni pragmatiche di un evento religioso
Ci sono pensieri che riempiono le teste di molti, ma che non si concretizzano mai in discussioni reali. Serpeggiano fra la gente, ma non diventano mai posizioni ufficiali.
Allora abbiamo cercato di raccoglierli e organizzarli. Per esempio, il parroco non vuole che si facciano i fuochi di artificio e perché non vuole? Perché questi toglierebbero, a voler esagerare, un paio d'ore alla preghiera ed alla predica moralizzatrice, all'arco temporale di, pensate un po', un intero anno liturgico. Questo, forse, è solo il più evidente e forse meno importante di un fenomeno che sta accadendo da qualche anno a questa parte: la Chiesa stringe sempre di più le maglie del controllo sulla parte civile della festa, pretendendo sempre maggiore sobrietà. Potrebbe essere perché vedono sfuggire il loro tradizionale controllo sulle coscienze della gente, oppure perché così facendo sperano che la maggior parte dei soldi, che i ''pellegrini'' portano dai paesi limitrofi a Pratola, finiscano nelle loro casse, o anche che sia veritiera in tutto e per tutto la loro volontà di salvare le anime di noi peccatori. Non lo sappiamo. L'unica cosa che sappiamo è che, se è vero che la crisi ed il terremoto hanno dato una bella spallata alla ''grandeur'' della festa, è anche vero che le feste che rivaleggiavano per splendore ed importanza con la nostra, hanno subito solo lievi flessioni, ammesso che ci siano state, a differenza di quanto è accaduto a Pratola. A riprova di ciò potete semplicente leggere i programmi delle decine di feste che si susseguiranno in tutto l'Abruzzo. L'unica spiegazione per noi è questa “longa manus” ecclesiale che si è allungata sull'unico evento portatore di importanti introiti nelle casse della nostra curia. Va bene la ricerca delle radici del culto della Madonna, va bene la diffusione delle migliori qualità cristiane, ma non va bene limitare un evento che fa vivere un luogo oggettivamente depresso per due settimane l'anno e che dà da mangiare a tante persone che durante quel periodo guadagnano per vivere con tranquillità un anno intero. A proposito, molti di questi, stando al principio che per guadagnare bisogna prima investire, dovrebbero contribuire di più nelle offerte per la festa. Quindi neanche loro sono esenti da colpe, almeno a parer nostro. La festa della Madonna della Libera è una delle poche risorse della nostra cittadina, andrebbe trattata con rigorosa e moderna efficienza, mettendo da parte interessi particolari e capendo che se ben gestita porterebbe vantaggi a tutti e di tutti i tipi, spirituali e materiali. Una sentita partecipazione religiosa manterrebbe viva la tradizione e renderebbe il tutto più attraente per i turisti ed i pellegrini; allo stesso tempo, un ricco programma civile porterebbe da noi, chi non va in giro a chieder grazie ai santi, ma che per sbaglio potrebbe anche entrare in chiesa.

''Il sedicente gruppo degli iconoclasti''

Politica



Dopo l'intervista al Sindaco, Parle Serie vuole dare voce anche all'opposizione. Ripercorrendo il loro anno di attività, abbiamo domandato le loro spiegazioni ad Antony Leone e Antonio Di Nino, eletti nella lista “Pratola Innanzitutto Pratola Soprattutto”, riguardo i temi sui quali hanno maggiormente insistito. Appena possibile, incontreremo anche Marco Iacobucci.
Cosa vi ha spinto, poco più di un anno fa, a candidarvi?
Antony: Sono stato spinto alla candidatura da una passione naturale per la politica e dalla consapevolezza che nella società ognuno di noi debba dare il proprio contributo per migliorare la qualità della vita dei cittadini. “Soprattutto” e “Innanzitutto” se si tratta della cittadina in cui vivo, lavoro e dove ho il desiderio di passare il resto della mia vita.
Antonio: Tra le tante motivazioni, una in particolare è stata la concretezza e veridicità del programma del Dott. Sergio Margiotta che da subito ha manifestato l’intenzione di voler realizzare una Pratola diversa, una Pratola che “sapesse aprire il cuore di noi giovani alla speranza, affinché il futuro non venisse più visto come una minaccia ma come una certezza”. Sergio, uomo di umili origini, che con sacrifici e passione per lo studio è diventato un grande medico professionista, rimanendo l’amico e il vicino di casa di tutti i pratolani. La domenica delle votazioni, prima che aprissero le urne, Sergio inviò un sms a tutti i candidati, quelle parole ancora oggi rileggendole mi commuovono. 

Qual è il ruolo dell'opposizione?
Nei Comuni come Pratola con il sistema maggioritario a turno unico, la lista che prende un voto in più porta in Consiglio 7 consiglieri più il Sindaco, mentre le opposizioni si dividono i restanti tre seggi. Questo favorisce la governabilità, ma penalizza il ruolo dell’opposizione, che, in un Consiglio Comunale "Bulgaro", ha il delicato ruolo di vigilare sull'operato dell'Amministrazione, di stimolare l'azione amministrativa, di raccogliere le esigenze dei cittadini e portarle all'attenzione del Consiglio stesso. Un requisito importante del consigliere di opposizione è l’intelligenza di condividere quelle scelte amministrative condivisibili senza pregiudizio. 

Fermo restando che i conti vanno mantenuti in ordine, quali sono le vostre critiche sulla gestione IMU? 
Il regolamento IMU del Comune di Pratola ha penalizzato ulteriormente il tessuto socio economico locale. La scelta politica sulle aliquote massime non l'abbiamo mai condivisa. Abbiamo rimarcato la necessità di rivedere tutto il bilancio, con una maggiore riduzione della spesa pubblica. Scelta non condivisa perché si ė preferito scaricare direttamente sui cittadini di Pratola e sulle imprese il peso della manovra economica. Per poi chiudere il bilancio con un attivo attuale di oltre 330.000 Euro, ovvero la certificazione ufficiale che sull'IMU si potevano applicare aliquote più basse. 

Finanziamento per messa in sicurezza delle scuole?
Sul Polo unico scolastico il Sindaco e l'intera Amministrazione hanno illuso i cittadini Pratolani, sapendo benissimo che non poteva essere realizzato a seguito della riduzione del finanziamento avvenuta il 14 febbraio 2012, cioè prima della campagna elettorale. La bugia ė stata smascherata e il tempo ė stato galantuomo: il Polo non verrà realizzato e uno dei punti cardine del programma amministrativo della lista Vivere Pratola è fallito in tempi rapidi. Siamo orgogliosi di aver sostenuto da subito il progetto della messa in sicurezza delle strutture esistenti e siamo convinti che il ripristino degli edifici attuali ė la migliore soluzione per non stravolgere la nostra comunità e mantenere vivi i quartieri dove sono ubicate le scuole grazie alla presenza dei ragazzi. 

Cosa avreste fatto con la struttura dell'ex itis e come? 
Sull’ex ITIS la lista “Pratola Innanzitutto Pratola Soprattutto” era orientata alla realizzazione della “Casa della Vita” con annessi servizi di poliambulatorio. Il tutto sarebbe stato possibile attraverso un connubio di forze sia pubbliche che private. Non abbiamo mai creduto alle promesse fatte da “Vivere Pratola” che dichiarava nei programmi amministrativi le intenzioni di realizzare una residenza “pubblica” per anziani. Tuttavia il sito ex ITIS resta una risorsa per la nostra comunità, che dovrà confrontarsi per trovare insieme una soluzione condivisa, che abbia la forza e la capacità di concretizzarsi in maggiori servizi per i Cittadini.

Altre osservazioni?
Le nostre osservazioni hanno riguardato essenzialmente due tematiche. La prima ė la cattiva gestione finanziaria del servizio “Porta a Porta”. Infatti, i cittadini Pratolani, nonostante stiano contribuendo alla buona riuscita del servizio con alto senso civico, non vedranno nessuna riduzione della Tarsu. Anzi, noi siamo convinti che prossimamente ci saranno aumenti visto che da bilancio consuntivo le perdite sono di oltre 230.000 euro. Infatti, il servizio dei Rsu va coperto al 100% dagli introiti della Tarsu, cosa che a Pratola non succede. La seconda osservazione riguarda la cattiva gestione della fase post-terremoto, poiché le scelte fatte da questa amministrazione hanno penalizzato i cittadini e le imprese. Comuni come Raiano, Vittorito e Corfinio, dove i rispettivi Sindaci hanno ritenuto opportuno lavorare le pratiche della ricostruzione dentro i propri uffici, hanno già ricevuto circa 40 milioni di Euro di finanziamenti direttamente dallo Stato centrale. A Pratola, dove il Sindaco ha preferito inviare le pratiche della ricostruzione presso gli uffici centrali di L’Aquila, non è arrivato ancora un euro! Riteniamo che a causa di questa scelta fallimentare, Pratola ha perso uno dei treni più veloci per rimettere in moto tutta l’economia locale. Pensiamo alle imprese edili, agli artigiani e a tutto l’indotto. 

I Vostri progetti futuri?
I nostri progetti futuri saranno legati ad una maggiore conoscenza dei meccanismi amministrativi. Continueremo a svolgere il ruolo di opposizione, che non significa fare programmi di governo, nel rispetto del mandato conferitoci dagli elettori pratolani. In ultimo, ma non per ultimo, ci poniamo l’ambizioso obiettivo di ricostituire il centro-destra pratolano come sana alternanza democratica alla sinistra.

Politica



L’OPINIONE DI PEPPONE


6 Maggio 2013, il demiurgo, principale artefice dell'ordine imperfetto, corrotto e corruttibile della I Repubblica, non c'è più. Due giorni dopo,''sua emittenza'' Berlusconi, che della II Repubblica è stato l'equivalente di quello che fu il Divo Giulio per la prima, riceve conferma di quella che è, al momento, la sentenza più dura che lo riguarda (soprattutto per l'interdizione dai pubblici uffici). Ci sarebbe da essere felici, speranzosi di poter finalmente intravedere un radioso avvenire, ma guardi alla realtà e vedi gli ultimi figli del sistema creato tra la fine della guerra e tangentopoli, cresciuti in quello rozzo e abbozzato che lo ha sostituito, garantiti da un Presidente della Repubblica in netta antitesi con il concetto di futuro, vista la sua età, tutti insieme alla ricerca della loro ragion d'essere, con l'unico obiettivo che sia il più a lungo possibile. Allora se nell'opinione del numero di Marzo, Juan Miranda ammoniva chi invocava con leggerezza la rivoluzione, adesso io la desidero, voglio un sovvertimento di tipo morale, ma che riesca anche a travolgere tutti i vecchi interessi cristallizzati e immobilizzanti che incatenano questo Paese alla sua triste realtà. Solo questo genere di cambiamento può donarci la felicità. Una felicità che sarebbe figlia dell'orgoglio di far parte di una nazione di cui andare, dopo tanto, fieri.


Esteri



2 anni di conflitto 2 anni di menzogne

Sono ormai trascorsi 2 anni da quando la cara ed amata primavera araba ha fatto il suo ingresso trionfale a Damasco, portando i più a credere che un cambiamento si fosse effettivamente messo in moto, che i siriani avrebbero finalmente ottenuto i loro diritti e la loro beneamata democrazia. Non fosse per il fatto che l’intera faccenda si sia rivelata una bufala giornalistica e mediatica uno ci avrebbe anche potuto sperare! Ma cosa succede realmente in Siria? La Siria ed il suo governo, presieduto da Bashar Al Asad, sono sotto assedio. Da chi? All’inizio si pensava che i “ribelli” avrebbero fatto cadere per primo il governo, ucciso Bashar Al-Asad senza un legittimo processo giudiziario alla democratica maniera (vedi Gheddaffi in Libia) e infine installato un governo islamista a conduzione Wahabita, Salafita o altro spacciandola per democrazia. Parliamoci chiaro: se c’è un islamista invasato e un panettiere che cercano di far cascare un governo, riuscendoci, non mi verrete mica a dire che verranno anteposti i bisogni democratici del panettiere anziché quelli dell’islamista? Quello che si prova a fare in Siria al momento è quello di ricostituire un califfato Islamico, una specie di ritorno alle origini, in quanto Damasco, appunto, fu la capitale del primo califfato della storia islamica (700 D.C. ca. per l’esattezza). 

Bisogna adesso capire chi effettivamente ci sia dietro questa rivoluzione. E’ strano come che da una normalissima protesta nel marzo 2011, si sia arrivati all’organizzazione di vere e proprie bande armate, equipaggiate con fucili mitragliatori, RPG, mortai, bombe a mano e molto altro tra cui anche artiglieria pesante. Il risultato di tale situazione è da attribuire ai nemici della Siria, USA in primis, che, seguiti da Francia, Qatar, Regno Unito ed altri, non hanno mai considerato un segreto il rifornire di armi e materiali logistici i ribelli siriani.
Denominati “Esercito per la liberazione della Siria” ma in realtà si potrebbero definire come “Fronte di Al Nusra”, “Al Qaeda” e gruppi minori che compongono l’immensa galassia delle macro e micro realtà terroristiche in Medio Oriente. La situazione territoriale è di difficile definizione, i terroristi sono stanziati a nord, mentre l’esercito arabo siriano ha il completo controllo del sud del Paese.
Feroci combattimenti si registrano nei sobborghi di Damasco, Aleppo, Homs e Tartus (città che ospita peraltro anche la base navale della Federazione Russa nel mediterraneo) citando solo i teatri di guerra più importanti. Gli alleati ed i nemici della Siria, per il momento si tengono in disparte, attuando un importante lavoro diplomatico nei tavoli del consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite con sede a New York. I maggiori alleati del leone siriano, sono la Federazione Russa, la Repubblica Popolare Cinese, la Repubblica Islamica dell’Iran e la Repubblica Bolivariana di Venezuela, i quali cercano in tutti i modi di fare ostruzionismo contro eventuali sanzioni verso la Siria.
Negli ultimi giorni le tensioni diplomatiche si sono intensificate da quando, il governo di Bashar Al-Asad è stato condannato di aver usato armi chimiche sulla popolazione siriana, tesi smentita e rimandata, secondo anche quanto conferma anche l’ONU, ai terroristi dell’FSA (free syrian army) i quali si sarebbero resi colpevoli dell’uso indiscriminato di vari agenti chimici mortali durante i combattimenti. Chi si è avvalso di più delle nazioni unite per i propri scopi non è intervenuto in questo caso, ovvero gli Stati Uniti d’America.
Intanto Israele che delle faccenda non voleva avere niente a che fare, ricordandosi peraltro della palude in cui si era già cacciato nel 1982 in Libano, si è fatto sentire un paio di settimane fa, quando con la propria aviazione ha effettuato un bombardamento strategico su Damasco, colpendo tra l’altro un centro di ricerca militare siriano. Fonti ufficiali israeliane confermano l’attacco e hanno dichiarato che il bombardamento era mirato a tagliare il rifornimento di armi dall’Iran verso gli Hezebollah: c’è da chiedersi come possano arrivare dall’Iran fino alla Siria questi camion, visto e considerato che bisogna passare per l’Iraq e soprattutto per il nord della Siria, che ricordiamo, è controllato dai terroristi anti Al Asad. A 2 anni dalle menzogne che hanno fatto quasi 100.000 morti e milioni di sfollati solo in Siria, si può anche dire che questa primavera araba non sia stata nient’altro che una messa in scena mediatica per far sì che i soliti noti ne guadagnino economicamente.

Riccardo Tarantelli

Giovani fuori sede


Fuori Sede ai tempi della crisi

“Io figlio di una casalinga e di un impiegato… eterno studente perché la materia di studio sarebbe infinita… son della razza mia, per quanto grande sia, il primo che ha studiato!”

Con queste parole, Guccini, parlava della sua vita da studente. Erano gli anni in cui, anche dal nostro paese, alcuni figli di contadini e artigiani, con enormi sacrifici, scelsero di continuare gli studi universitari con la speranza di avere un futuro migliore. Ovviamente di Guccini o di persone che potevano permettersi di fare gli eterni studenti ce n’erano ben pochi, infatti, ci viene raccontato che alcuni dovevano pagarsi i libri in cambio di sacchi di fagioli. Tanti sacrifici quindi, ma alla fine si aveva la certezza di un futuro roseo e di una vita ricca di soddisfazioni. Essere studente universitario negli anni ’60 era prestigioso, le borse di studio chiamate all’epoca “presalario” erano assegni concessi ai meritevoli e non agiati, non si trattava di grandi cifre e bisognava sgobbare per rientrare nei parametri di merito, ma era una boccata d’ossigeno e aveva una forte valenza simbolica. Con tutte queste difficoltà economiche, essere studente comportava grandi responsabilità ma significava anche partecipare attivamente alla vita politica ed economica di tutto il mondo. Nel ’68 il collettivo studentesco aveva dato vita ad una delle più grandi rivoluzioni civili e culturali di sempre, con la loro carica di contestazione, vacillarono governi e sistemi politici in nome di una trasformazione radicale della società. Studenti e lavoratori non erano mondi così lontani e combattevano insieme per le stesse cose. 
Questi studenti, ormai cresciuti e diventati genitori, non hanno voluto che la loro storia si ripetesse con i figli; noi figli di quegli studenti o dei lavoratori che hanno lottato anche per noi, siamo figli del benessere e abbiamo forse sottovalutato l’importanza dell’opportunità che ci è stata data.
La crisi economica di questi ultimi anni aiuta a farci capire i sacrifici fatti dai nostri nonni e ci lascia enormi interrogativi su come andrà a finire. L’università è diventata una grande risorsa per le città ma spesso queste non si accorgono del potenziale economico ed umano che gli studenti riescono a dare alla città stessa. Per fare un quadro migliore della situazione attuale, abbiamo posto qualche domanda  ai tanti studenti Pratolani fuori sede per sondare le opinioni prevenienti da più parti d’Italia. Uno dei problemi principali che emerge dal sondaggio è l’affitto: abbiamo notato che questo è più contenuto nei piccoli centri fatta eccezione per L’Aquila che dopo il terremoto ha visto raddoppiare i costi di una camera. 
Nelle grandi città universitarie, per un posto letto si raggiungono cifre esorbitanti: eclatante il caso di Milano dove, da come ci viene raccontato, il costo di una singola varia dai 500 ai 900 €. L’unica nota positiva arriva da Torino, dalle parole di una ragazza emerge che le spese mensili sono diminuite rispetto al passato con un notevole miglioramento dei servizi. «E’ una città universitaria perfetta…punta sui giovani, sulla loro cultura, cerca di ridurre gli sprechi e burocrazia. Per me che vengo da un’altra realtà, alcune cose mi sono sembrate fantastiche». Con il peggiorare della situazione economica, lo studente si trova con un budget più limitato e spese maggiori, ciò comporta alcune rinunce, come privarsi dei propri hobby, di alcuni sfizi o di rivendere il materiale didattico degli esami sostenuti. Alcuni ragazzi hanno utilizzato le loro passioni, cultura, capacità per guadagnare qualcosa: ripetizioni, istruttore sportivo, barista, cameriere, DJ, promoter di prodotti, hostess sono i lavori più gettonati. 
Un ragazzo ci racconta: «I primi anni facevo il barista, poi ho capito che avrei guadagnato più soldi finendo gli studi dato che la mia spesa mensile era di 750 €, che non avrei mai guadagnato in un bar». Ad altri invece, viene negata la possibilità di trovarsi un lavoro dai genitori per paura che perdano di vista i propri obiettivi. Il Trentino Alto Adige e la Puglia agevolano gli studenti della propria regione, con contributi ed incentivi per alloggi a basso costo e pc a prezzo scontato. 
Altre invece raddoppiano la tassa regionale al diritto allo studio come l’Abruzzo. Emergono grandi lamentele per quanto riguarda la carenza di borse di studio che, anno dopo anno, diminuiscono visti i tagli all’istruzione e per l’eccessivo costo di fotocopie e tavole , per sostenere degli esami di laboratorio o revisione infatti si deve affrontare una spesa che va dai 150 ai 300 €. 
Vi lasciamo con la riflessione di una ragazza che penso racchiuda i sentimenti di noi tutti: «Guardando negli occhi i miei genitori che, mentre fronteggiano una crisi che ci sta piegando, mi sostengono sia economicamente che psicologicamente, ho nei loro confronti un sentimento di gratitudine che aumenta con i miei anni di fuori corso all’università! Riescono nonostante tutto a trasmettermi speranze, ottimismo e forza di volontà. La loro forza mi aiuta a dimenticare quel senso di frustrazione che provo nel pensare di stare studiando più per la gloria che per la prospettiva di un lavoro futuro».
Ringraziamo i nostri amici per aver fornito dati fondamentali per l’articolo: Antonello Pace, Federica D’AmatoChiara RosatoMarco Gualtieri da Pescara; Luca PetrellaSimonetta PalombizioSimona Presutti da Roma; Antonella Forgione e Luciana Pizzoferrato da L’Aquila; Martina Di Pillo da Torino; Claudia Liberatore e Stella Di Cesare da Perugia; Lorenza Petrella da Chieti; Luca Santilli Luigi Polce da Bologna; Alessio Margiotta da Ancona; Ilaria Presutti da Milano; Matteo Domeneghetti da Camerino; Viola D’Andrea da Siena.

Fabio Presutti - Alessia Di Loreto - Carla Villani                   

Interviste




MUSICA E PSICOLOGIA

E’ questo il binomio con il quale si rappresenta Monia Paolilli, ventiquattrenne pratolana  appassionata fin da bambina al flauto traverso e successivamente alla psicologia.



Com’è iniziata questa tua passione per il Flauto traverso?
<<Iniziai per caso, nella mia famiglia non suona nessuno. A sei anni guardando il concerto di Capodanno a Vienna, vidi questo flauto e lo chiesi ai miei genitori che me lo regalarono per il mio compleanno. Approfitto per ringraziarli perché pur non capendone nulla, hanno fatto davvero tanti sacrifici per me>>.

A che età hai iniziato i primi studi?
<<All’età di 13 anni sono stata ammessa al Conservatorio D’Annunzio di Pescara, dove nel Settembre 2010 mi sono diplomata in Flauto traverso sotto la guida della Maestra Lorenza Summonte. In questi anni ho frequentato corsi di perfezionamento e masterclass con i Maestri: Sandro Carbone, Angelo Persichilli, Andrea Oliva, Karl Heinz Schutz, Geoff Warren, Michele Marasco. Per la musica da Camera ho seguito corsi con i Maestri: Patrik de Ritis e Eduardo Hubert. Per l’Ottavino ho seguito corsi con il Maestro Nicola Mazzanti>>.

Quali sono state le tue esperienze in questo ambito?
<<Sicuramente da solista, in duo, con quartetto di flauti del conservatorio di Pescara, con orchestre sinfoniche abruzzesi, con l’orchestra dell’Ateneo G.D’Annunzio di Chieti, e sono il 1° Ottavino dell’orchestra sinfonica di Pescara. Ho anche collaborato in vari progetti di orientamento musicale in tutte le scuole del comprensorio Peligno con il Maestro Giuseppino Napoleoni, ho tenuto corsi di musica organizzati dalla Camerata Musicale Sulmonese presso le scuole medie Serafini-Ovidio di Sulmona, per la durata di due anni ottenendo grandi soddisfazioni e riconoscimenti, e collaboro con l’Associazione “Banda Città di Pratola Peligna”>>.

Oltre all’attività musicale, hai intrapreso anche altri studi?
<<Si, mi sono laureata in Psicologia a Novembre 2012, presso l’Università G.D’Annunzio di Chieti, con una tesi in “Psicologia Cognitiva della Musica”. Mi interesso, infatti, del binomio musica-psicologia, spaziando negli orizzonti della Musicoterapia e della Psicologia della Musica, a tal proposito ho seguito corsi di Musicoterapia con il Maestro Olav Skille>>.

Sappiamo che collabori con l’Associazione “Banda Città di Pratola Peligna”, ci parli un po’ di questa tua esperienza qui in Paese?
<<Volentieri! Da dieci anni faccio parte della Banda di Pratola, prima era solo per divertimento, adesso è diventato un lavoro. Sono diventata vice Maestro e sono molto contenta per questo. La cosa che mi rende più felice però, è che da due anni a questa parte, è nata l’associazione “Casa della Musica” qui in Paese. Ci sono nuovi e numerosi corsi di Strumento e di Musica: Flauto Traverso, Propedeutica Musicale, Canto Lirico e Moderno, Batteria e Percussioni, Clarinetto e Sassofono, Tromba e Ottoni, Solfeggio e Teoria Musicale. I corsi sono aperti a tutte le età, c’è molta affluenza e abbiamo anche allievi di paesi limitrofi. Inoltre, io mi occupo di laboratori con i diversamente abili e lavoro con loro. Siamo orgogliosi di aver di aver creato questa “Casa della Musica” e di essere di aiuto alle nuove generazioni. Un grazie particolare và al nostro Sindaco per la sua massima disponibilità e per i locali messi a nostra disposizione. Venite a trovarci!>>.

Lorenza Petrella

Miscellanea


TV: MADRE DELLA NARCOSI SOCIALE

Adorno, famoso sociologo e uno dei massimi esponenti della Scuola di Francoforte, descrive il fenomeno “ dell’industria culturale”, cioè della sistematica opera di omologazione e appiattimento delle diversità degli uomini, al fine di creare bisogni sempre più uguali con l’aiuto indispensabile dei mass media. Il massimo strumento massmediologico naturalmente è la TV, la quale è una macchina narcotizzante, soprattutto se usata in modo sbagliato come avviene in Italia. Infatti, gli italiani, rispetto alla media europea, leggono meno giornali, vedono molta più TV(soprattutto quella “spazzatura”) e ciò li ha trasformati in un popolo acritico e apatico, come conseguenza si può affermare che gli stessi sono investiti da una forte narcosi sociale. La forte concorrenza tra le varie frequenze televisive ha portato, paradossalmente, ad un rafforzamento dell’industria culturali perché sotto le differenze, rimane l’identità di fondo: quella del dominio che l’industria culturale persegue sugli individui: “ciò che di continuamente nuovo essa offre non è che il rappresentarsi in forme sempre diverse di qualcosa di eguale” (Adorno). La macchina dell’industria culturale ruota sul posto: determina essa stessa il consumo ed esclude tutto ciò che è nuovo, che si configura come rischio inutile, avendo eletto a primato di efficacia i suoi prodotti. Una “fabbrica” di soldi in questo senso è la nostra TV spazzatura che influenza in un modo incredibile le nuove generazioni rendendoli una massa informe accettante tutto ciò che gli viene proposto, ogni modello sociale, ogni prodotto, ogni pensiero dell’”età dei figuranti”. Analizziamo la situazione più dettagliatamente.
Ad esempio se ad una ragazza/o dovessimo chiedere: perché vedi “Beautiful”? Alla fine della trasmissioni hai imparato qualcosa di nuovo e di positivo? La risposta categorica sarebbe: si, perché quello/a è bello/a. Continuiamo con la nostra analisi. Se dovessimo chiedere sempre ad un lui o ad una lei: perché vedi il “Grande Fratello”? La risposta sarebbe: per vedere cosa fanno dentro una la casa, è divertente. Il cittadino italiano si è ridotto in questa situazione pietosa per una serie di motivi che animano appunto questa macchina industriale, e cioè: 1) il pettegolezzo; 2)i telespettatori incentrano la loro comunicazione interpersonale con i loro interlocutori sui programmi visti, ovvero diventa il nucleo fondamentale della comunicazione; 3)La società vuole creare un sistema di stupidità, poiché senza tale sistema la stessa non sopravvivrebbe neanche un giorno. Infatti nell’era dell’industria culturale l’individuo non decide più autonomamente: il conflitto tra impulsi e coscienza è risolto con l’adesione acritica dei valori imposti. L’uomo è in balia di una società che lo manipola a piacere:” il consumatore non è sovrano, come l’industria culturale vorrebbe far credere ,non è il suo soggetto bensì il suo oggetto” (Adorno). 
Questo sistema ha come fine principale quello di trasmettere i valori dell’élite sociale, generando una falsa coscienza rassicurante che tende ad eliminare i conflitti ideologici ed economici; i media sono “custodi del consenso”. Quindi possiamo capire che il problema di fondo non è il mezzo TV ma è sistema che c’è dietro. Per riesumare le persone narcotizzate si dovrebbe creare un sistema televisivo alternativo a quello vigente, perché la tv usata in modo corretto è la chiave per risolvere il 90% dei problemi che oggi ci affliggono rendendo tutto così statico e grigio. Se solo immaginassimo una tv con dei telegiornali imparziali i cittadini oggi non si lascerebbero prendere per in giro! La prima soluzione momentanea è spegnere la TV o cambiare immediatamente programma ogni volta che ci troviamo di fronte ad un programma spazzatura. La seconda soluzione è informarsi su quello che vediamo, evidenziare gli aspetti negativi e diffonderli ad amici, conoscenti e chi ha il coraggio anche nelle piazze. 
In sintesi rafforzare la comunicazione interpersonale, la quale permette una comunicazione in cui vi è feedback( botta e risposta), caratteristica sconosciuta alla televisione. Terza ed ultima soluzione è emanare una legge contro il conflitto di interessi. Chi ha televisioni, case editrici, radio ecc. deve essere dichiarato ineleggibile, non per discriminare il soggetto interessato, ma per evitare che ci siano delle “dittature” subdole che possono derivare da coloro che posseggono tali mezzi di telecomunicazione. Non se ne deve fare un discorso politico e guardando la situazione da un punto di vista oggettivo non è un discorso politico, perché sia la destra che la sinistra quando hanno avuto in mano le redini del potere non hanno emanato una legge che vada a regolare il conflitto di interessi, questo succede da 20 anni e sono pochi quelli che percepiscono la strumentalizzazione che ne fanno i partiti. Da troppo tempo una siringa narcotica paralizza l’art. 21 della Costituzione e  l’antidoto giusto per il risveglio è quello di spegnere la TV davanti i talk-show in modo da ricordare ai diretti interessati che la politica deve essere costruita all’interno del parlamento.

Marco Alberico

Miscellanea


Ovidio senza discepoli

Niente, non ce l’hanno fatta. Sono ancora li. Sit-in, proteste, manifestazioni, striscioni, cartelloni e minacce di occupazione non sono servite a nulla. Gli studenti del liceo classico Ovidio si trovano ancora “scaricati” nell’edificio dell’ex croce rossa dopo aver perso la loro sede storica di piazza XX nel 2009 per inagibilità. Sede che diventa simbolo di un’Italia che spesso non funziona, che dimentica. In 4 anni non è cambiato quasi nulla, anzi, una cosa forse si: il numero di iscritti. Solo due le sezioni formate nel 2012, una miseria.
Che cosa rivendicano gli studenti? Non molto. Rivendicano solo i loro diritti. Citando lo Statuto dello Studente del 1998, la situazione è abbastanza chiara:
«Art 2 comma 8 La scuola si impegna a porre progressivamente in essere le condizioni per assicurare: a) un ambiente favorevole alla crescita integrale della persona e un servizio educativo-didattico di qualità».
La disequazione è molto semplice: Liceo Classico < resto delle scuole. Si parla di didattica, ma non solo. Il classico, liceo immensamente grande per gli studi umanistici, si ritrova ad affrontare programmi ridotti all’osso anche in filosofia(Ritrovarsi a maggio con Hegel non è di certo un granchè). Cambiamenti di sede (ex croce rossa, istituto d’arte..) e cambiamenti di orario (utilizzo dell’orario da 50 minuti per “adattarsi” all’orario dell’artistico) non hanno di certo dato una gran mano. E in tutto questo: dov’è l’impegno?
«d) la salubrità e la sicurezza degli ambienti, che debbono essere adeguati a tutti gli studenti, anche con handicap».
Salubrità e sicurezza son parole che forse, nell’attuale sede del classico, potremmo trovare solo in qualche Zanichelli del ‘98. Parlare di aule disastrate è un eufemismo: mancanza d’illuminazione efficiente, aule divise a metà dal cartongesso, riscaldamento inadeguato. Un mix perfetto per una situazione degradante sia per i professori che per gli alunni. Per anni, gli studenti del Classico sono stati costretti in situazioni non degne del nome che portano sulle spalle. La perdita dell’edificio in piazza XX ha fatto si che l’ora di educazione fisica venisse svolta nei parcheggi e nelle strade (essendoci una concomitanza con le classi dell’artistico) in una situazione di estremo pericolo. Lo stesso edificio che ancora oggi, completamente abbandonato, continua a contenere materiale utile al fine dell’insegnamento: gessi, libri di testo, quaderni ecc.ecc. che potrebbero essere quantomeno ripresi e portati nella nuova sede: magra consolazione.
«Art 2 comma 9. La scuola garantisce e disciplina nel proprio regolamento l'esercizio del diritto di riunione e di assemblea degli studenti, a livello di classe, di corso e di istituto. »
Tin tin tin: altro diritto, altra violazione. Gli ovidiani, dopo il 2009, sono stati costretti a rimboccarsi le maniche anche sotto questo punto di vista. Le assemblee sono state svolte, a spese degli studenti, nell’Auditorium dell’annunziata o nel cinema Pacifico per ovviare alla mancanza della sede principale. Ora non vogliamo colpevolizzare nessuno, non sarebbe giusto, non conoscendo a fondo le vicende. Preoccupiamoci piuttosto di spronare i candidati sindaci dato che, ancora una volta, hanno elegantemente escluso la vicenda “Classico” dai loro programmi. «Fino a quando abuserete della nostra pazienza?»
23 Maggio 2013, la sveglia è suonata. 

Hank

NEW!!! Neo.Edizioni



Neo. Edizioni si presenta.
Neo. Edizioni nasce nel 2008 a Castel di Sangro dall’incontro di Francesco Coscioni e Angelo Biasella. Pubblichiamo principalmente esordienti italiani ma anche autori stranieri. Amiamo gli autori capaci di osare incondizionatamente, di trascendere la pacatezza del panorama editoriale italiano, di scardinare ogni regola imposta dominando, però, sempre e comunque lo strumento narrativo. Auspichiamo una letteratura priva di dettami e condizionamenti, di ipocrisie e riverenze, di tradizionalismi e prudenza. In sintesi, ci piace tutto ciò che si discosti di una spanna almeno dalla cautela del panorama editoriale italiano.
www.neoedizioni.it

Le 13 cose
13 sono le cose da fare. Le ha segnate Emilie su un foglio di carta otto anni fa. Da allora, Alessio lo tiene sempre in tasca. Ogni tanto lo apre e lo legge come fosse un rituale, un esercizio da fare per sopportare un’assenza.Si dice che il problema sia di chi resta, non di chi se ne va. Emilie se n’è andata, portata via da un cancro. Alessio le è sopravvissuto. Sono passati otto anni ed è ora che tutto ha inizio. Le 13 cose ci afferra dalle prime righe e ci trascina in un piccolo paese di provincia che pare evacuato, sempre pronto a riversarsi in un al di là parallelo simile a un campo sfollati. Alessio Valentino, protagonista suo malgrado, lega la propria vita ad assurdi vicini di casa e a personaggi improbabili. Figure sghembe e grottesche che innescano intrecci e situazioni inneggianti alla vita più stramba. Il suo mondo sembra uno sgangherato e divertente luna park, di quelli che stanno alle periferie dell’esistenza, dove la pena e la catarsi si tengono abbracciati, come amanti su un ottovolante per cui non hanno pagato il biglietto. Alessandro Turati scrive un romanzo fatto di trovate e invenzioni ad ogni giro di pagina, dando prova di una straordinaria originalità stilistica e offrendoci un’inaspettata ironia che corteggia la comicità, ad un ritmo incalzante.

francescaborrelli@live.it

NEW!!! Carta e Panna


Siete stanchi della smania da Facebook e dai soliti Social Network? Probabilmente no… ma per chi lo fosse è in arrivo una “novità”, un ritorno alle origini; perché la necessità di comunicare c’è sempre e non è detto che questa necessità debba essere controllata e dettata da mr. Zuckerberg! E’ nostra intenzione riproporre l’utilizzo di oggetti obsoleti quali CARTA e PENNA, sarà possibile in maniera del tutto anonima per voi lettori,riportare pensieri e frasi brevi di grande impatto su questa rubrica e per di più, per chi fosse interessato e colpito dal suddetto pensiero, sarà possibile tramite il paziente lavoro di smistamento della redazione e, ripeto, in maniera del tutto anonima, intraprendere una pen-friendship, un rapporto EPISTOLARE con l’ideatore/ice del pensiero. Vogliamo carta e penna! Immaginate, ricevere una notifica, quanta emozione! Ma scartare una lettera tutta per voi non è forse ancora più emozionante?

Scienze



Free Energy

Passeranno molte generazioni, le nostre macchine saranno guidate da energia ottenibile in ogni punto nell’universo. E’ mera questione di tempo quando gli uomini riusciranno a connettere le loro macchine agli ingranaggi della natura."

 -Nikola Tesla, Inventore del Motore a Corrente Alternata
  
In un'era di collasso economico, di inquinamento di carburanti fossili e di guerre per il petrolio sarebbe un utopia parlare di "Free Energy", o meglio "Energia Libera". La Free Energy è energia libera gratuita e disponibile per tutti. E' una fonte di energia illimitata non inquinante che non produce alcun tipo di scorie, non ha nessun costo, se non quello del generatore, e può essere utilizzata per qualunque cosa.
Come utilizzare questo tipo di energia fu scoperto alla fine del diciannovesimo secolo dal genio di Nikola Tesla che per primo dimostrò come fosse possibile trasportare energia elettrica senza l'ausilio dei fili. In un primo tempo fu finanziato il progetto per la produzione di energia libera su vasta scala e fu così realizzata la Torre di Wardenclyffe, una delle prime torri aeree senza fili, intesa a dimostrare la capacità di ricevere e inviare informazioni e potenza senza fili comunicanti. La nuova realtà della trasmissione dell'energia elettrica senza fili era il primo passo fondamentale per fornire energia illimitata a chiunque, in qualunque parte del pianeta, fosse dotato di un ricevitore costituito da un'antenna e un cavo di messa a terra. I contadini poveri avrebbero presto potuto pompare acqua dai pozzi ed irrigare i campi. Le persone con mezzi economici modesti avrebbero potuto alimentare tutti i generi di macchine al semplice costo delle stesse macchine. 
Con l'accesso universale all'energia elettrica gratuita, la povertà stessa sarebbe potuta scomparire dalla storia umana. Come noi tutti sappiamo, al giorno d'oggi, le cose sono ben diverse. Infatti, i finanziatori di Tesla si resero conto che con l'utilizzo di un'energia gratuita per tutti ci sarebbero state enormi ripercussioni a livello sociale ed economico. Immaginate se da un giorno all'altro il petrolio e l'energia atomica diventassero obsolete, definire questo una rivoluzione epocale sarebbe riduttivo, pensate a quali interessi economici ci sono dietro l'energia inquinante. Ecco perché la ricerca a favore della Free Energy non trova finanziatori nemmeno oggi a distanza di un secolo. La storia ci insegna che esistono persone senza scrupoli che vogliono costringerci a vivere in un mondo dove tutto è scarso. La scarsità rende potente chi possiede quel poco e schiavo chi invece ne necessita; tutto ciò fa in modo che sia possibile dare un prezzo a una cosa che in realtà non ha valore, trasformando un diritto di tutti in un bene da acquistare. (Le persone che in questo momento stanno morendo nel terzo mondo sono persone morte per degli interessi umani).Riflettete su questo.


Giuseppe Natale

Scienze


Quanta chimica in un cilindro!

La sigaretta è generalmente composta di foglie di tabacco essiccato e finemente tritato e di tabacco ricostituito, spesso mischiato con altri additivi, arrotolate o pressate in un cilindro di carta arrotolata. Uno dei lati della sigaretta viene acceso e brucia lentamente senza fiamma in modo da inalare il suo fumo dall’altro lato dove viene posto un filtro, che il fumatore porta alla bocca. Ma quello che si fuma non è solo tabacco perché ci sono varie sostanze che sono pericolose per la salute. Proviamo ad analizzarle:
• Nicotina (la cui molecola è riportata in figura): principale componente attivo a livello neurologico. Quando viene aspirata, raggiunge in circa 10 secondi il cervello dove stimola la liberazione di dopamina e adrenalina che danno un effetto di lieve stimolazione ed euforia fisica e mentale. Ed è proprio questa specie di euforia che spinge il fumatore ad accendere sempre un’altra sigaretta in modo da mantenere costante il livello di nicotina nell’organismo. La nicotina, come l’alcol e le droghe, agisce sui circuiti nervosi che sovraintendono ai meccanismi della ricompensa e del piacere ed induce dipendenza. 

• Monossido di carbonio (CO): è un gas asfissiante che deriva dalla combustione incompleta del tabacco. Quando viene aspirato il sangue è sempre meno ossigenato; ciò significa che i tessuti sono meno nutriti e provoca ingiallimento della pelle, indebolimento dei capelli, invecchiamento precoce e ridotto rendimento muscolare.
• Catrame: da un punto di vista chimico e fisico, esso è un sistema colloidale costituito da un’elevata quantità di sostanza organica (idrocarburi alifatici e policiclici aromatici) e da acqua (presente solo per il 5% circa).
• Composti organici volativi (detti anche VOC): tra di questi vi è il benzene. Non bisogna scherzare con il benzene perché un’inalazione di un tasso molto elevato può portare al decesso. Difatti un’esposizione da 5 a 10 minuti ad un tasso di benzene nell’aria al 2% è sufficiente per uccidere un uomo mentre la dose letale per ingestione è di circa 50-500 mg/kg (ossia milligrammo di sostanza ingerita rispetto al peso dell’individuo espresso in chilogrammi).
• Particolato, aldeidi, acidi organici carbossilici, ammine, ammoniaca, etc.

Ora si sta diffondendo sempre più l’uso della sigaretta elettronica per sostituire la sigaretta tradizionale. Essa non è altro che uno strumento dotato di una batteria ricaricabile che consente di inalare vapore di una soluzione di acqua, nicotina (in piccole quantità o anche assente) e vari aromi. Al momento non esistono grandi studi sulla tossicità o meno derivante dal suo uso. Comunque la sigaretta elettronica, che non si basa su fenomeni di combustione, non comporta l’inalazione di tutte quelle sostanze cancerogene generate dalla combustione del tabacco e della carta. Quindi io suggerirei, soprattutto a chi vuole smettere di fumare, di acquistare una sigaretta elettronica!

Leonardo Brandolini

Moda


VINTAGE: alla (ri)scoperta del passato


In tempo di crisi sbirciare nel baule di nonni, zii e genitori può rivelarsi un ottimo modo per riscoprire veri piccoli tesori che fanno parte dei tempi andati. In questo caso, l’esclamazione “Tutto torna di moda!”, sentita dire così spesso, non può che essere vera e ci insegna che nella vita, ma soprattutto nella moda, è meglio non buttare via mai niente.
L’espressione vintage, coniata originariamente come attributo per i vini d’annata, nel campo della moda, indica il valore e la qualità che possiamo conferire ad un certo capo, prodotto in un periodo compreso fra gli anni ’40 e gli anni ’80.
Ph: Clo Di Berardino
L’abito, o l'accessorio vintage, si differenzia dal generico “usato”, sia perché in esso possiamo riconoscere un certo valore acquisito nel tempo, sia perché rappresenta una vera e propria testimonianza dello stile di un'epoca passata. L’attitudine ad ammirare e/o indossare tutto ciò che è stato amato in tempi anteriori si è andata via via diffondendo negli anni e probabilmente è il risultato di una naturale curiosità per il passato. Come scrisse Oscar Wilde «Il solo fascino del passato è il fatto che è passato».
Da qualche anno a questa parte, la tendenza alla riscoperta dei generi old-fashioned si è andata pian piano enfatizzando e, con essa, anche la commercializzazione dei capi vintage. Tutto ciò ha risvegliato la curiosità di coloro che, non volendosi omologare agli altri, decidono di osare e di buttarsi in un total look retrò. La mia grande scoperta qui a Bologna è stata un negozietto, così piccolo che si fa fatica a notarlo anche passandoci davanti, in cui si possono trovare piccoli capolavori della sartoria dagli anni ’40 in poi, a prezzi davvero modici. Non è raro che negozi vintage specializzati espongano capi haute-couture, provenienti da rinomate case di moda, così come è possibile che custodiscano pezzi non di marca, ma preziosi dal punto di vista stilistico. Dove non si hanno a disposizione cimeli originali, si assiste ad un'evoluzione dei prodotti realizzati dalle case di moda, che entrano, così, a far parte di un ciclo di vita che li riprende e li ripropone sul mercato. Le aziende, infatti, non si sono fatte sfuggire l’occasione e hanno deciso di rilanciare prodotti o brand che riescono a stabilire una connessione tra quella che è la voglia di riscoprire il passato e l’evoluzione in chiave moderna, attuale e innovativa.
Ph:Clo Di Berardino
L’abbigliamento vintage del 2013 vede il trionfo dei tessuti stampati, avvistati sulle passerelle di Dolce & Gabbana, Chloè e Marc Jacobs (questo tipo di tessuto era molto popolare negli anni ’70, così come gli abiti in materiali sottili e puri). Durante l’estate gli abiti lunghi anni ‘70 potranno donare un tocco hippie-chic al nostro stile, grazie alle loro stampe colorate e ai loro tagli morbidi. Anche il pizzo sarà uno dei protagonisti di questa stagione nel pret-à-porter e nelle collezioni di molti stilisti (Valentino, Oscar de la Renta e Elie Saab, solo per citarne alcuni). Righe e quadretti, entrambi ripresi dagli anni ’60, hanno caratterizzato fortemente il design delle collezioni di stilisti come Tommy Hilfiger, Michael Kors e Louis Vuitton. Dagli anni ’60 possiamo sicuramente riprendere anche gli abiti a trapezio che scoprono le gambe e da soli completano il look; ma anche lo stile rock total black degli anni ’80 si fa sentire, con giacche di pelle, borchie, cinte e, per osare un po’, calze strappate. In questo 2013 i vestiti avranno delle linee molto voluminose, in pieno stile over size, con gonne ampie, pantaloni a vita alta e corpetti aderenti. Non bisogna sottovalutare gli accessori: borsette moda anni 50, orecchini a clips, cinture a vita alta e accessori estrosi per capelli potranno rivelarsi il tocco finale. L’idea vincente è però quella di riuscire ad abbinare il vintage a capi attuali e magari anche sofisticati, per un connubio tra tradizione e innovazione. 



Giulia M.

Arte


"Artisti senza Gloria"


Quando il nostro caro Mattia Tedeschi mi ha chiesto di scrivere un pezzo per "Parle Serie", le prime cose che mi sono saltate alla mente sono state le parole delle mie cugine di otto e quattro anni, Maria e Bruna.
Il tema, ovviamente, è "Artisti senza Gloria", la mostra che ho organizzato insieme al mio compare, Antonio Pizzoferrato, e alla quale hanno preso parte, con le loro opere, Giulia Le Donne, Edoardo Testi, Raissa Ciccotelli e Ilaria Catani.
Cosa c'entrano le mie cugine? Ve lo spiego subito! Quando le ho informate della mia imminente esposizione a "Palazzo Colella", mi hanno subito chiesto "Dò-dò, ma che vuol dire mostra?". "Mostra, ovvero "mostrare", è stata la mia spiegazione. Mostrare i miei lavori, insieme a quelli dei miei colleghi. La più piccola, a quel punto, ha aggiunto: "Dimostrare!". Wow, la piccolina aveva indovinato!
Mostriamo, si... ma lo facciamo anche per "dimostrare". Mostriamo i nostri sentimenti, idee... i nostri punti di vista, i nostri "ma-va-a-quel-paese" alternativi, tramite illustrazioni, fotografie, vignette satiriche, parole, ecc...
Mostriamo anche per riuscire a dimostrare qualcosa, a noi stessi e agli altri. Nelle mie illustrazioni è proprio quello che cerco di fare: mostrare emozioni, anche ciò che mi capita direttamente. Mostrare i "tabù", ciò che si ha timore di far vedere o dire. Questo è quello che amo disegnare. Scoprire gli altarini, togliere la polvere da sotto il tappeto. Questo è quello che voglio disegnare. Perché? Perché è un desiderio irrefrenabile, lo ammetto. Adoro le reazioni che un disegno riesce a scatenare in chi osserva, in quelli che ci si perdono. Quelli che poi riesco a mettere a disagio, sono i miei preferiti. Creare reazioni, un imperativo. Ripeto, senza presunzione, ma con la massima umiltà… per poi "dimostrare!".
Dimostrare che nelle tante cose che possono accaderci, non c'è nulla di spaventoso e che non siamo gli unici ad affrontarle. Dimostrare che con l'autoironia si possono sconfiggere paure e demoni interiori; poiché, come diceva Totò: "Se riesci a ridere delle disgrazie che ti capitano, la sofferenza passa un pochino prima". Dimostrare che parlando con gli altri, condividendo, si può ottenere il meglio. Questo è quello che cerco di dimostrare. Ed è quello che credo facciano anche i miei colleghi; per non togliere, come motivazione primaria, quella di usare la propria arte come mezzo di comunicazione per sfogarsi.

"Fotografare, a mio parere, vuol dire riuscire a guardare nell'animo di ogni soggetto; rivelare ciò che l'occhio nudo non riesce a percepire, fermare quel preciso momento con uno scatto, in modo che resti un ricordo nel tempo. Amo i ritratti perché lo sguardo, l'espressione e le pose di ogni soggetto riescono a trasmettere ciò che ha nel profondo di se stesso, più di ogni altra parola."
(Giulia Le Donne, fotografa di Sulmona. )

"Scrivere vuol dire poter vivere vite che non mi appartengono, visitare luoghi sconosciuti rimanendo incollati dietro una scrivania… ma la verità è che ho stipate così tante idee nel cuore e nella mente che scrivere è quasi un bisogno. Mettere nero su bianco una storia è più stancante di quel che si possa immaginare perché su quella pagina candida rimarrà impressa per sempre una parte di te. Scrivere è come donare il sangue, se lo fai per davvero. Il mio scopo? Donare a tutti una parte di me."

(Ilaria Catani, scrittrice di Corfinio, esordisce quest'anno con il romanzo fantasy "Ghevril e i popoli magici"; finalista al Premio Campiello Giovani 2013 con il racconto "Un ricordo")

"Credo di sapermi esprimere meglio attraverso delle immagini, foto di momenti della mia vita che immortalo, piuttosto che con le parole."
                                 (Raissa Ciccotelli, fotografa)

"Mi piace disegnare perché è bello!"
(Edoardo Testi, vignettista-fumettista di poche parole, di Pescara)

Tutto ciò mi porta alla mente le parole del grande Keith Haring, uno dei miei riferimenti: "L'Arte celebra l'uomo… non lo manipola!".
Lo celebriamo, lo mostriamo con tutti i pregi e difetti. Questo è il senso della nostra esposizione e delle altre che verranno, perché di certo non ci fermeremo qui.
Siamo degli "Artisti" senza gloria che cercano di dare il proprio contributo, mostrando senza giudizi-pregiudizi ciò che viviamo in pieno mezzogiorno.
Mostriamo, ci mostriamo e vi mostriamo.

Dora Polce