name='description'/> Parle Serie Blog: marzo 2013

22 mar 2013

Attualità


BONUS

“…avevo perso tutto, tutto... Uscii dal Casinò, mi frugai e dal taschino del panciotto spuntò ancora un gulden: <meno male ci sarà di che pranzare!> pensai tra me e me, ma fatto un centinaio di passi, ci ripensai e tornai indietro. Puntai quel gulden sul manque. Ero da solo, in un paese straniero, lontano dagli amici, senza sapere che cosa avrei mangiato a cena, e puntai l’ultimo gulden, l’ultimo…l’ultimissimo!”

(Dostoevskij, Il Giocatore)

Partiamo dal presupposto che tutti siamo dipendenti da qualcosa. Chi più chi meno.
C’è chi è dipendente dal Crack e chi dalle macchinette di Cocco, chi è dipendente dal sesso e chi dalle macchinette di Parola, chi dallo Xanax e chi dalle macchinette di Palazzo, chi dal pettegolezzo e chi dalle macchinette di Centrale, chi dall’alcol e chi dalle macchinette di Bistecca, chi dal Rosario e chi dalle macchinette di Caffè del Corso…eccetera eccetera gallina gallina uovo uovo bonus.
Da qualche anno nei convegni di psichiatria si fa sempre più riferimento alle “new addictions”. Nelle nuove dipendenze, rientrano tutte quelle forme di assuefazione in cui l’oggetto della dipendenza è un’attività legalmente lecita e per questo più facilmente accettata dalla società. Queste “new addictions” secondo autorevoli pareri medici non sarebbero, però, meno gravi rispetto alle dipendenze illecite, dal punto di vista dei risvolti sulla salute e sulla dignità della persona. Controllate voi stessi, provate a fare una ricerca di articoli scientifici sulle new addictions sul sito http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed.
La dipendenza derivante da una particolare condotta può essere valutata in base a diversi parametri. La gratificazione e il craving sono a mio avviso le due misure più fedeli. La gratificazione è un criterio soggettivo, rappresenta il grado di piacere che ci pervade quando facciamo una determinata cosa. Il craving, invece, è la ricerca spasmodica (che può coglierci in ogni momento della giornata) del piacere derivante da una condotta.
E’ facile capire se si è dipendenti da qualcosa, ad esempio se si è dipendenti dal gioco alle slot machine. L’unico sforzo è quello di essere un tantino onesti con se stessi. Tenete conto che quando rispondete a voi stessi (pur mettendoci il massimo della buona fede) tenderete sempre a rendere la cosa un po’ meno grave di ciò che è in realtà.
Detto questo, provate a rispondere a queste due domande:
1.     Mi sento gratificato mentre gioco alle slot?
2.     Quando sono lontano dalle slot, mi capita di pensare alle slot?
Se avete risposto NO e non avete bluffato siete fuori pericolo. Se avete risposto SI, mi dispiace dirvelo ma siete dipendenti seppur onesti. Se invece avete risposto NO bluffando, avete un disturbo schizofrenico della personalità oltre che un disturbo da dipendenza dal gioco, in quanto non riuscite più a distinguere gli avversari del poker on-line da voi stessi.
Ora passiamo al livello successivo, provate a rispondere a queste altre domande e se ad almeno tre di queste risponderete SI, la vostra dipendenza è grave e farete bene a rivolgervi in fretta a uno psichiatra o a un centro per la disintossicazione dal gioco d’azzardo.
1.     Mi è mai capitato, la mattina presto, di aspettare fuori dal bar che arrivassero ad aprire, per continuare una partita interrotta la sera prima?
2.     Mi è mai capitato di fare la punta a un giocatore per più di un’ora e mezza sperando che perdesse tutto in modo da subentrare al suo posto e avere più possibilità di un jackpot? (Cosiddetto sciacallaggio) (Per lo sciacallaggio, serve una certa destrezza che si acquisisce con l’esperienza. In genere il giocatore...vecchio lupo di mare...cerca di confondere l’opinione dei presenti giocando qualche euro alla macchinetta vicino)
3.     Mi capita spesso di sognare uova d’oro o galline?
4.     Mi è mai capitato di ascoltare in che modo scende l’euro, una volta che lo inserisco? (Questo è il cosiddetto metodo dell’Indiano; il tipico giocatore che usa questo metodo, infatti, assume la stessa mimica facciale degli Indiani d’America che si accovacciavano accostando l’orecchio alle rotaie per sentire se c’era un treno in avvicinamento. Il giocatore in questione è convinto, nelle sue turbe psichiche, che se l’euro fa un determinato tipo di rumore mentre scende giù, allora la macchinetta è pronta a pagare.)
5.     Mi è mai capitato di chiamare un mio amico dopo mezzanotte dicendogli: “Prestami 50 è un investimento sicuro, già c’ho giocato 300 e quello prima di me 200, mò paga per forza”?
6.     Mi è mai capitato di dire al barista: “Non ci far giocare nessuno vado un attimo a fare una telefonata e torno”? (In realtà stavo andando a ritirare al bancomat)
7.      Mi è mai capitato di giocare alle slot l’equivalente di almeno metà del mio stipendio in una sola sera?
8.     Mi è mai capitato di dire ho perso 70 però ne ho recuperati 30, e in realtà ne avevi persi 90 e ne avevi recuperati 10? (Non so perché, ma il vero giocatore in genere si vergogna sempre un pò a dichiarare tutto quello che ha perso)
9.     Mi è mai capitato di accettare prestiti da usurai che si fingono amici e che mentre sto perdendo rovinosamente si avvicinano sussurandomi: “ Ti do una mano?”
10. Mi è mai capitato di pensare “io non sto messo come lui” mentre vedo un altro giocatore giocare le stesse somme che, a pensarci bene, gioco anch’io?
11. Mi è mai capitato di urlare contro il barista: “Se me la spegni adesso, sei un bastardo, siete dei ladri, le ultime due partite e poi la spegni daiiiiii!!”?
Qualche settimana fa mi sono trovato a parlare con uno psichiatra molto più grande di me, con un’esperienza ospedaliera trentennale e ho chiesto informazioni sulla dipendenza da gioco d’azzardo, in particolare da slot machine. Mi sono sentito rispondere testuali parole: “ Si arriva a dei casi in cui la dipendenza è peggio dell’Eroina, le gratificazioni date dal gioco sono fortissime.”
Io, che i giocatori li ho sempre visti, tutto sommato, come dei poveri diavoli con un non so che di romantico, dopo le parole dell’amico psichiatra, mi sono interessato ancora di più all’argomento. Ho deciso così, di concentrarmi sui giocatori di slot machine, di parlarci, di guardarli negli occhi, per cercare di capire un po’ di più il loro modo di pensare.
Purtroppo, l’unica cosa che traspare, dopo settimane di osservazione, è un inaridimento morale. Davanti alle macchinette sono praticamente ipnotizzati. Anche oggi, al bar, la scena che ormai mi sono abituato a vedere, si ripete. Tre persone giocano totalmente assorte. Avvicino un signore, avrà sulla quarantina, riesco a parlarci perché conoscente del mio coinquilino, gli faccio qualche domanda sulla sua dipendenza ma lui ride perché non pensa affatto di essere dipendente. Il ragazzo accanto invece è cosciente della sua dipendenza ma per oggi va bene così...oggi ha vinto. Ci offre una birra, si brinda e si rimanda a domani per un ipotetica e definitiva redenzione...chissà. Mi giro e trovo un altro signore all’apparenza molto sveglio e simpatico, mi fa: “Lasciali stare i giocatori. Le macchinette sono una tassa sulla stupidità. In quanto stupidi, è giusto che paghino dazio allo Stato”
Nella città di Pavia iniziano ad essere rilasciati da parte di associazioni contro il gioco d’azzardo, degli attestati agli esercizi pubblici che hanno deciso di non usare le slot machine al loro interno. Questi bar, oltre ad essere segnalati da un apposito sito internet www.senzaslot.it espongono nel loro caffè la targhetta: “Noi abbiamo deciso di non rovinare le persone”.
Faccio un attimo mente locale e non mi viene in mente nessun bar a Pratola senza slot.
Ogni volta che ho chiesto a un barista il perché avesse deciso di mettere le macchinette nel proprio locale le risposte sono state sempre le stesse. “le macchinette mi permettono di avere una quota fissa al mese...con i tempi che corrono...mi ci pago l’affitto del locale...mi ci pago le bollette...ci pago la ragazza che lavora da me.”
E vabbè, ognuno fa i conti con la propria coscienza e con la propria tasca.
Per quanto mi riguarda sceglierei sempre un bar senza macchinette per fare un aperitivo rispetto ad uno con le macchinette. Non è molto bello sorseggiare un campari in compagnia, mentre nella stessa stanza si consumano drammi umani.


Flavio Santilli

Attualità


La nostra “ TOUR” c’est très chic!

Checché ne dicano i francesi, anche noi abbiamo la nostra “Tour Eiffel” locale e tutto   l’inchiostro e le parole sprecate, forse sono quasi arrivate a pari importanza. Sciovinismo a parte, stiamo parlando della “gru della discordia” che da quasi 4 anni ormai troneggia imperante e solitaria nel centro di Pratola Peligna e dove da semplice strumento di lavoro è diventata una vera e propria attrazione aperta al pubblico:  ridicolizzata sui social network che ne invitano ad una rimozione con l’aiuto degli UFO, pressata dalla carta stampata che a distanza di mesi ne illustra le sue doti artistiche ed infine persino i membri del consiglio comunale disquisiscono sul suo ruolo. Ma cos’ha d’importante questa gru?
 Andando con ordine, è dall’ormai lontano 2009, tristemente segnato dal disastroso evento tellurico, che la famosa gru ha fatto il suo ingresso quasi in punta di piedi nel nostro piccolo paesino con l’intento di rimediare ai danni che il terremoto aveva causato al nostro Santuario e contribuire al relativo restauro. E fin qui niente da obiettare ma, ad oggi, chi vi scrive constata che la gru è ancora li e dal suo arrivo a Pratola ne sono passate tante. Fin da subito si è cercato di isolare la zona antistante la gru, onde evitare che non si incorresse in seri danni per chi vi sostava o semplicemente transitava nelle relative vicinanze. Con il passare del tempo però, la zona adiacente alla gru è diventata un ricettacolo di immondizia e spazzatura, meta preferita di animali randagi e topi che non pochi guai hanno causato agli esercizi commerciali posti nelle vicinanze dell’ormai famosissimo monumento della Valle Peligna. A tal riguardo è stata effettuata una bonifica ed una derattizzazione.
 “La gru della discordia”, ormai cosi ribattezzata, si è resa teatro di una storia che per fortuna di tutti è andata a buon fine: un giovane ragazzo pratolano, forse per scommessa o per una semplice bravata si è arrampicato sul mezzo causando paura e  sgomento dei passanti e nella discesa si è fratturato la caviglia. Ennesima pagina nera per la vita di un paese.
Perché la gru è ancora li? E’quanto si sono chiesti i consiglieri di opposizione della lista “Pratola innanzitutto, Pratola soprattutto”, sollecitando l’amministrazione De Crescentiis a trovare risposte immediate, suggerendo l’ipotesi della definitiva chiusura e rimozione della stessa. Come risposta il comune ha teso a sottolineare come accanto al sito in cui staziona la gru è presente un blocco di abitazioni per il quale sono necessari dei lavori di restauro sin dai tempi del terremoto, a causa dei relativi ritardi della burocrazia per lo stanziamento dei fondi ( chissà come mai?). In tutta questa vicenda di colpevoli o innocenti va detto che nonostante l’inattività, la ditta appaltatrice continua a pagare regolarmente il suolo pubblico al comune, ma soprattutto come lo stallo delle pratiche è dovuto al fatto che l'errore è stato affidare le pratiche all'Aquila e non lasciarle gestire dal comune di Pratola Peligna ma soprattutto che ora i fondi non si trovano più nella cassa depositi e prestiti ma ad affidamento diretto della regione e ad oggi l’immobilismo regna sovrano.
Al di là delle relative accuse o delle colpe che devono essere assunte da chi o da cosa, l’unica ad essere uscita innocua è la gru la quale continuerà a troneggiare affianco al monumento simbolo per eccellenza del nostro paesino. Arriverà il fatidico giorno del suo arrivederci a Pratola? Nessuno lo sa, quello che sperano i pratolani è che la famosa gru torni a lavorare per riportare il nostro paese alla sua semplice meraviglia e, una volta svolto il suo compito, orgogliosamente andarsene . 

Salvatore Presutti     

Politica


L'OPINIONE DI... JUAN MIRANDA

Il 5 Marzo 2013 è morto Hugo Chavez. 
Girando sulla rete si trovano pareri discordanti: c'è chi con la sua morte lo eleva ad icona, chi lo condanna seccamente e chi, pur riempiendosi la bocca con la parola RIVOLUZIONE quando si parla d'Italia, Chavez lo deplora inesorabilmente.
Siamo sicuri che tutti si rendano conto di cosa sia la rivoluzione?
<<La rivoluzione implica molto di più del togliti di là, così mi ci metto io>>.
Le rivoluzioni presentano sempre un conto in termini di violenza, anche in senso lato.
La rivoluzione è fare delle scelte nette: bisogna dimenticarsi totalmente dei propri interessi per sovvertire l'ordine costituito, per crearne un altro che non contempli quelle che erano le proprie convenienze.
E' mettere in preventivo che l'azione di chi ha avuto la forza di mettere da parte i propri vantaggi, possa lasciar spazio a politicanti della peggior specie.
E' il rischiare di ritrovarsi per anni qualcosa che non si è desiderata neanche lontanamente, talmente è grande lo scompiglio provocato.
Non è cambiare solo quello che ci fa comodo.
Sia chiaro che questo non è un trafiletto a favore di Chavez anzi non prende proprio posizione perché per giudicarlo, così come per la rivoluzione, ci vorrebbe equilibrio.
Però voglio fare una domanda a coloro i quali ripetono come un mantra ''rivoluzione''...
Dopo una rivoluzione sareste tutti disposti ad avere un Chavez come presidente?

Politica


LA LEGGE ELETTORALE? CAVOLO SE è IMPORTANTE

Nel numero del 23 Gennaio di questo giornale, Antonio Di Bacco scriveva <<ammazziamo il Porcellum>>. Alla prova dei fatti è stato dimostrato che la sua tesi era giusta. Il parlamento e con esso il Paese è totalmente bloccato. Non ci vergogniamo a dire che forse è la legge più ignobile che la Repubblica abbia mai avuto. L’unico modo che abbiamo per avere un governo è far svendere le proprie idee ai parlamentari, almeno quando una parte tendenzialmente maggioritaria in Italia non si affermi nettamente. Un teorema che si rispetti ha però bisogno di una valida dimostrazione. Allora giustifichiamo la nostra affermazione, guardando all’estero. Francia- Il voto per il presidente e per il Parlamento è separato, quindi è possibile una coabitazione tra un presidente di un partito e una maggioranza opposta, anche se dopo la riforma che ha portato da 7 a 5 gli anni di durata del mandato presidenziale (come 5 è la durata del Parlamento) l’eventualità è più rara. Il Parlamento è composto da Senato e Assemblea Nazionale. Il primo è eletto indirettamente a livello locale, e viene rinnovato ogni 3 anni per metà. L’Assemblea Nazionale ha invece un sistema di voto diretto maggioritario a doppio turno: vi sono 577 seggi in palio, corrispondenti ad altrettanti collegi uninominali. Viene eletto al primo turno il candidato che ottiene la maggioranza assoluta purché i voti conseguiti siano pari ad almeno un quarto degli elettori iscritti nelle liste del collegio. In mancanza di questo, vanno al ballottaggio i candidati che abbiano conseguito al primo turno almeno il 12,5% per cento del totale degli iscritti del collegio elettorale. Tipicamente vanno al ballottaggio i candidati dei due principali partiti, anche se negli ultimi anni la crescita del Front National ha reso piuttosto comuni i ballottaggi a tre. L’elezione del presidente della Repubblica avviene, come detto, separatamente ma a breve distanza da quella dell’Assemblea, e anche in questo caso si vota direttamente per il candidato con possibilità di ballottaggio. Il presidente nomina il primo ministro, che non ha bisogno della fiducia iniziale dell’Assemblea anche se può essere sfiduciato successivamente. Come tutti i sistemi maggioritari, anche quello francese ha consentito un netto bipolarismo, anche se non un bipartitismo come in Gran Bretagna. Ma questo è stato ovviato con il ballottaggio: prima di scelgono i due migliori pretendenti e poi fra questi il Presidente o i deputati all’Assemblea Nazionale. C’è da dire che la Francia è una repubblica semipresidenziale, dove la forza del presidente, garante dell’attività di governo, sta nel mandato popolare. Invece l’Italia è una repubblica parlamentare, ma come già detto anche il parlamento in Francia viene eletto con il maggioritario con il doppio turno. Spagna- La Spagna è una monarchia costituzionale, con un re (Juan Carlos) che ha ruolo di rappresentanza e di garanzia. Il potere esecutivo è nelle mani del Primo ministro, eletto dal Parlamento (Cortes Generales). Quest’ultimo è suddiviso in due rami, Camera e Senato, che si rinnovano ogni 4 anni e hanno sistemi di elezione diversi. Il Senato consta di 259 membri, 208 dei quali sono eletti direttamente dalle province: in ogni provincia i partiti indicano tre candidati e gli elettori votano sulla scheda direttamente i nomi. Le province peninsulari eleggono 4 senatori (3 per il partito di maggioranza, 1 per il secondo), mentre le province insulari 2 o 3. Gli altri 58 senatori vengono eletti dalle comunità autonome ma indirettamente. La Camera invece adotta un sistema differente, un proporzionale che in tempi recenti è stato indicato anche da diversi politici di casa nostra come il possibile modello per una riforma elettorale italiana. Vediamo come funziona. La Camera è composta da 350 deputati, e il paese viene diviso in 52 circoscrizioni, alcune molto piccole, in cui l’elettore vota il partito e i seggi vengono poi allocati in maniera proporzionale alla popolazione. Esiste una soglia di sbarramento al 3%, ma di fatto diventa molto più alta nelle circoscrizioni più piccole, dove il basso numero di seggi assegnati fa sì che abbiano chance di entrare in Parlamento solo i partiti che superano il 20 o 30%, con ovvio vantaggio per le due formazioni maggiori (PP e PSOE) o per i partiti con forte radicamento territoriale. Non a caso anche la Lega Nord in Italia aveva sponsorizzato questo sistema, che spesso garantisce una sovrarappresentazione per le formazioni regionali. Oltre alla soglia di sbarramento, un altro vantaggio per i partiti maggiori viene dato dal sistema di ripartizione dei seggi, che segue il cosiddetto Metodo D’Hondt, che peraltro veniva usato nelle provinciali italiane e nel Mattarellum per eleggere i senatori. Con questo sistema, in ogni collegio i voti validi ottenuti da ciascun partito vengono divisi per numeri progressivi crescenti fino a coprire i seggi disponibili: a questo punto viene stilata una tabella da cui si selezionano i numeri più alti, che corrispondono ai deputati eletti per ciascun partito. Questo sistema, rispetto ad altri di ripartizione proporzionale, avvantaggia i grandi partiti e riduce la frammentazione. In sintesi, quindi, si tratta di un proporzionale puro che però garantisce un sostanziale bipolarismo e permette la formazione di maggioranze stabili (grazie a un sostanziale premio di maggioranza “implicito”) riducendo sia la frammentazione, sia la necessità di ricorrere a grandi coalizioni. Come già detto il sistema, pur essendo tutto sommato buono, potrebbe dare eccessivo peso a formazioni politiche locali che potrebbero tenere in ‘’ostaggio’’ il partito che ha vinto le elezioni e di conseguenza il governo (e noi ne sappiamo qualcosa). Sconvenienti facilmente eliminabili comunque.Germania- La Germania è una repubblica federale parlamentare, con un presidente eletto dal Consiglio federale ogni cinque anni (e con poteri simili al Presidente della Repubblica italiana). A guidare il governo è il Cancelliere, che viene proposto dal Presidente ma eletto dal Budestag. Il Parlamento è diviso in due rami: il Bundesrat (la camera dei Lander, i cui componenti vengono decisi sulla base dei risultati nelle elezioni regionali) e il Budestag, la Camera eletta direttamente. Il sistema elettorale tedesco è un proporzionale puro, con collegi uninominali (e per questo a volte viene erroneamente descritto come un misto tra proporzionale e maggioritario). Ogni 4 anni (le prossime elezioni saranno a novembre 2013) gli elettori vengono chiamati a votare con due schede: con una si votano direttamente i candidati del collegio uninominale, con l’altra si vota un partito (che presenta una lista bloccata di nomi). È dai risultati della seconda scheda che si decide, in proporzione, la ripartizione dei seggi, con una soglia di sbarramento al 5%: in pratica con la seconda scheda si decide quanti parlamentari sono eletti per ciascun partito, con la prima quali. I seggi del Bundestag sono almeno 598, di cui 299 vengono allocati dai collegi uninominali (e cioè eletti direttamente) e gli altri 299 tramite i listini bloccati. Una volta stabilita la ripartizione tra i partiti (e all’interno dello stesso partito, su base regionale), i candidati vincitori nei collegi uninominali vengono eletti fino al raggiungimento dei seggi conquistati dal partito di appartenenza: se il partito ha eletto nei collegi un numero inferiore di candidati rispetto ai seggi vinti, gli altri vengono eletti dal listino bloccato. Se viceversa ha eletto più candidati uninominali rispetto al numero di seggi conquistati, si aumenta la composizione del Bundestag fino a contenere tutti i vincitori nei collegi uninominali (mandati in soprannumero). Possono essere eletti anche i candidati nei collegi uninominali appartenenti a partiti che non hanno superato lo sbarramento. La soglia di sbarramento al 5%, inoltre, non si applica per quei partiti che hanno eletto almeno 3 deputati nei collegi uninominali. In sostanza è un sistema molto gradito ai piccoli partiti, che non favorisce un bipolarismo netto (neanche in Germania dove comunque sono due i partiti maggiori) e spesso porta alla necessità di formare coalizioni eterogenee per avere una maggioranza solida: è il caso della Grande Coalizione guidata da Angela Merkel nel suo primo mandato, quando nello stesso governo comprendeva sia CDU che i socialisti del SPD. Sinceramente penso che un sistema così possa funzionare solo grazie al pragmatismo e all’alto senso di responsabilità tedeschi. Possiamo dire anche noi di avere le stesse qualità?Regno Unito- Il Regno Unito è una monarchia parlamentare “di fatto”, poiché non esiste una costituzione scritta e solo il Bill of Rights del 1689 stabilisce la sovranità parlamentare sul monarca. Tuttavia, in linea teorica il sovrano può nominare Primo ministro qualsiasi cittadino britannico, anche se la convenzione non scritta vuole che si tratti del leader del partito che vince le elezioni. Il Parlamento è composto da due rami, una Camera dei Lord formata da membri per diritto ereditario e membri nominati e svolge una funzione di emendamento e veto sulle leggi approvate dall’altro ramo, la Camera dei Comuni, che è il vero fulcro della democrazia inglese. Il sistema maggioritario puro favorisce i due partiti storici della Gran Bretagna, i conservatori e i laburisti, penalizza le formazioni minori ma avvantaggia le realtà locali con forte radicamento territoriale. Come tutti i sistemi maggioritari, presenta il rischio che la maggioranza in Parlamento non corrisponda alla maggioranza nel paese: nel 1951, per esempio, i laburisti ottennero su base nazionale il 48,9% contro il 48% dei conservatori, ma questi ultimi conquistarono una maggioranza schiacciante alla Camera, 321 seggi. Nonostante la formula garantisca solide maggioranze, ci sono casi eccezionali di governi di minoranza o di coalizione, come l’attuale esecutivo di David Cameron che si regge grazie all’alleanza tra i conservatori e i liberal-democratici di Nick Clegg. Non c’è un voto di fiducia al primo ministro, che viene nominato direttamente dal Re, c’è piuttosto un voto al programma del governo già insediato. Nonostante il sistema preveda il voto di sfiducia, generalmente basta che la Camera dei Comuni respinga una proposta importante del governo per portare il primo ministro alle dimissioni. Il sistema maggioritario di tipo inglese è quello per cui votarono gli italiani nel referendum del 1993 per abrogare il sistema proporzionale nell’elezione del Senato, e un assaggio di questo sistema lo abbiamo avuto nella legge elettorale Mattarella, che cercava di unire maggioritario e proporzionale creando collegi uninominali. La pluralità delle idee, apparentemente limitata dal numero di partiti, è garantita dai partiti stessi, dove la visione della loro parte politica è più ampia. L’esempio sono i governi di Tony Blair (del partito laburista, la sinistra britannica), il cui ideale si discostava dai dettami classici della socialdemocrazia, avvicinandosi ad alcuni temi classici del liberismo (di destra). Principale problema di questo sistema è che può accadere che il maggior partito per numero di consensi non ottenga la maggioranza in parlamento. Ma con una ripartizione oculata di rappresentanti per circoscrizione, forse potrebbe essere migliorato. Tuttavia ciò che balza agli occhi è che i due rami del parlamento hanno prerogative diverse. Mentre in Italia vige il bicameralismo perfetto, che indubbiamente rende più lenti i processi legislativi ma soprattutto prevede la fiducia per il governo nei due rami del parlamento. Forse è una cosa un po’ insensata, soprattutto se i due rami vengono eletti con metodi diversi, che non garantiscono la stessa maggioranza in Senato e Camera dei Deputati.Come abbiamo visto in tutti i maggiori paesi europei occidentali, la governabilità è ampiamente garantita, sia quando c’è un sistema sostanzialmente bipartitico (come Gran Bretagna e Spagna), sia quando il quadro politico è più frammentato come il nostro (Germania e Francia). Non va poi trascurato il fatto che in tutti i grandi paesi il sistema elettorale è consolidato negli anni e non viene riformato a ogni cambio di vento, a seconda della maggioranza che governa, per garantirsi la più lunga sopravvivenza possibile. Come si suol dire, all’estero si sa perdere, si accettano le sconfitte.I padri costituenti erano degli idealisti e quando pensarono alla nostra repubblica, vollero dargli una forma che garantisse lodevolmente la più ampia pluralità. Ma l’idealismo puro quasi sempre non paga. Per questo è fondamentale la scelta della legge elettorale. Essa deve garantire governi solidi, che facciano scelte nette e decise, ma soprattutto la giusta alternanza, che in tutto l’occidente è stata garanzia di successo. Quindi ripetiamo tutti insieme:

AMMAZZIAMO IL PORCELLUM!


(Fonte polisblog.it)

 Piergiuseppe Liberatore

Politica


Dopo le ultime elezioni, abbiamo deciso di intervistare gli eletti della nostra zona: Paola Pelino, classe ’54, sulmonese eletta al senato con il PDL, e Toni Castricone, classe ’74, popolese eletto alla camera con il PD.


Ci racconti qualcosa di sé: quando è iniziato il suo impegno politico e qual è la sua storia?

«Il mio impegno politico è iniziato esattamente nel 2004, quando fui candidata alle elezioni Europee per il collegio del Sud con il Partito Forza Italia. Sino ad allora non avevo mai preso parte alle attività politiche del movimento di Silvio Berlusconi poichè, come è noto, rappresento la settima generazione dell'azienda di famiglia che dal 1783 produce confetti a Sulmona e quindi fino a quella data, il 2004, mi ero dedicata esclusivamente all’attività imprenditoriale…Sono entrata in azienda all'età di 17anni. Un giorno, nel maggio del 2004 fui chiamata al telefono dal Presidente Berlusconi che mi chiese se volevo candidarmi alle Europee per rappresentare l'Abruzzo, aveva bisogno di una "quota rosa", di un nome noto nella mia regione. Rimasi sorpresa e gli chiesi di lasciarmi qualche ora per riflettere.        Mi rispose "solo qualche ora" perché l'indomani sarebbero scaduti i termini per la presentazione delle liste. Consultai prima me stessa e poi la mia famiglia, alla fine decisi di aderire alla richiesta del Presidente un po’ per gioco, un po’ per scommessa, un po’ per sfidare me stessa in una nuova impresa. Ottenni un buon risultato, tant'è che da quel momento fui presa in ottima considerazione da Berlusconi. Infatti dopo pochi mesi, nel 2005, fui nominata Coordinatore Regionale di Forza Italia mentre nell'Aprile 2006 fui candidata per le Politiche alla Camera dei Deputati e venni eletta. Dopo solo due anni di Governo Prodi, riandammo ad elezioni e venni di nuovo candidata e di nuovo eletta per le Politiche sempre alla Camera. Questa volta sono stata candidata al Senato, ottenendo un grande consenso elettorale. Una bella sfida! »

Queste elezioni hanno consegnato un senato ingovernabile, come pensa che si evolverà la situazione? 

«Beh, mi lasci dire che il Popolo della Libertà ha ottenuto un largo consenso di voti, abbiamo vinto al Senato in alcune importanti Regioni e il Presidente Berlusconi è stato, come sempre, il grande protagonista della Politica italiana. Indubbiamente lo scenario confuso di questi giorni, dovuto essenzialmente al braccio di ferro tra Grillo e il PD, non è edificante né tantomeno costruttivo per il nostro Paese. Noi ci auguriamo che prevalga in tutti i soggetti politici un grande senso di responsabilità, tenendo conto che l'Italia ha bisogno urgentemente di riforme che facciano ripartire l'economia, che riattivino i consumi, che aiutino le imprese a risolvere quelle problematiche che hanno arrestato il sistema produttivo e di conseguenza l'occupazione. Il nostro programma elettorale contiene proprio questi importanti punti insieme all’eliminazione dell'IMU e alla restituzione delle rate pagate entro maggio, sgravi fiscali per 5 anni per le imprese che assumono giovani a tempo indeterminato, il quoziente familiare, oltre alla eliminazione del finanziamento pubblico ai partiti, il dimezzamento del numero dei parlamentari, la riforma elettorale, ecc.»                           

Cosa ne pensa del risultato elettorale del suo partito? E dell’exploit del m5s?

«Il nostro Partito, ancora una volta grazie all'impegno del Presidente Berlusconi e di tutta la sua squadra, ha ottenuto un grande risultato rispetto anche ai sondaggi che davano il PD vincente, soltanto per lo 0,3 % non ci siamo aggiudicati alla Camera la vittoria!
Per quanto riguarda il Movimento 5 stelle dobbiamo riconoscere che ha ottenuto un risultato più ampio del previsto. Grillo ha intercettato quel sentimento di rabbia e di anti politica che credo sia comune a tutti gli italiani, ma lo ha fatto con furbizia, da bravo comico e da urlatore! Troppo facile ottenere consensi in questo modo! Non ha mai sfidato i suoi avversari politici in trasmissioni televisive, non si è mai sottoposto ad interviste, non ha mai dato  la possibilità di avere un contraddittorio! Ora lo vedremo in un contesto diverso dalle piazze, dovrà sottoporsi al rigore delle Camere, dovrà insomma assumere un atteggiamento completamente diverso, anche se lui non sarà presente dovrà imporre ai suoi eletti la sua linea politica per il Paese. Sarà capace? Staremo a vedere, ho i miei dubbi!»

Quali sono le sue proposte in merito alla situazione critica della struttura ospedaliera di Sulmona?

«Seguo da molto tempo le vicende legate alla struttura ospedaliera di Sulmona per un duplice motivo. Il primo è che dopo il terremoto del 6 Aprile 2009 l'ala vecchia è risultata inagibile quindi, dopo varie difficoltà sia burocratiche che logistiche, sembra ormai accantonato il problema. Il secondo è che nel piano di riordino sanitario non fossero sacrificati alcuni reparti che secondo me hanno dato prestigio al nostro nosocomio.
Si sta cercando ancora di definire bene la cosa ma spero che le soluzioni che si andranno a trovare non penalizzeranno il nostro territorio! Attendiamo di vedere la nuova struttura provvisoria per garantire salute e sicurezza ai cittadini!»

Una proposta concreta per scongiurare la chiusura dei tribunali minori(in particolare quello di Sulmona)?

«Il problema dei tribunali minori sarà per me uno degli argomenti che il nuovo Governo dovrà affrontare al più presto e conseguentemente quello di Sulmona. Ricordo che un emendamento presentato nella legge delega ha consentito di prorogare la chiusura di 36 mesi del nostro tribunale. Si tratterà di far presente attraverso una relazione precisa e dettagliata delle criticità del nostro territorio che, a mio avviso, dovrebbero scongiurare la chiusura del nostro Tribunale. Siamo già al lavoro, anzi non abbiamo mai interrotto la nostra battaglia perché riteniamo che non si possano adottare criteri unici per la soppressione dei tribunali! Sulmona ha tutte le prerogative per conservarlo.»

Cosa ne pensa il suo partito dell’ambiente, in particolare di fonte Sant’Angelo e inquinamento ex Montedison?

«Il nostro partito ha sempre sostenuto l'incolumità dell'ambiente dalle industrializzazioni selvagge! Ricordo che già nella mia prima legislatura feci parte della commissione parlamentare ispettiva chiamata a verificare l'inquinamento della Val Pescara, da Bussi sino alle porte del capoluogo abruzzese, inquinamento non solo ambientale ma, cosa ancora più grave, nocivo per la salute degli abitanti dell'intera zona. L'opera di bonifica messa a punto dopo un iter burocratico lunghissimo non sarà sufficiente, ahimè, a ridare la salute a chi l'ha persa! Sono veri e propri delitti!»

Un’idea per rilanciare l’occupazione: turismo, industria, agricoltura?

«Sicuramente questi tre elementi sono quelli che potrebbero far ripartire l'economia del nostro territorio, dare occupazione, creare indotto, assicurare benessere. Innanzitutto per favorire il turismo dovremmo migliorare le nostre infrastrutture, potenziamento della linea ferroviaria Pescara-Roma, far conoscere meglio i nostri magnifici parchi naturali promuovendo iniziative che ne diano il massimo della visibilità, sostenere l'agricoltura come vera e propria ricchezza, una vera e propria alternativa ai siti industriali. Attrarre investitori che fanno impresa cercando di offrire loro i massimi sussidi per incoraggiarli a scegliere la nostra regione al posto di un'altra. Migliorare la formazione per avere giovani capaci e competenti. Dotare le aree interne di collegamenti e servizi più efficienti per non avere l'Abruzzo a due velocità! Tutto questo si può fare!»




Ci racconti qualcosa di sé: quando è iniziato il suo impegno politico e qual è la sua storia?

«Mi sono laureato a Bologna in scienze politiche nel 1999. Invece, per quanto riguarda la politica mi sono tesserato nel 1994 al pds. Nel 1996 sono diventato segretario della sezione di popoli e ho svolto questo incarico per circa 10 anni. A 25 anni sono stato eletto come consigliere nella provincia di Pescara. Sono stato poi rieletto come consigliere nel 2004 e sono entrato in giunta come assessore al lavoro e alla formazione per 5 anni. Nel 2007 sono stato eletto segretario provinciale dei ds e poi del pd, ruolo che ricopro ancora oggi.»
Queste elezioni hanno consegnato un senato ingovernabile, come pensa che si evolverà la situazione? 
«Il problema fondamentale è quello della legge elettorale che va cambiata perché non garantisce la governabilità. Se al senato fosse stata utilizzata la stessa legge elettorale della camera avremmo avuto anche lì una maggioranza stabile. Non so se in questa legislatura sarà possibile farlo, ma la legge elettorale va sicuramente cambiata. Ora sarà difficile trovare delle solide intese per formare un governo stabile. Penso che la proposta di Bersani di formare un governo con il m5s non sia stata una proposta molto indovinata. Sono d’accordo con la proposta degli 8 punti ma vanno esternati in maniera chiara e diretta. Dobbiamo cambiare il linguaggio! Noi diciamo di volere le riforme costituzionali ma non siamo chiari, non diciamo quali. Cercherò di essere chiaro, noi vogliamo: il dimezzamento dei parlamentari, l’abolizione delle provincie e l’abolizione dei privilegi. Sono questi i nomi che gli dobbiamo dare per essere più diretti possibili con la cittadinanza.»
Cosa ne pensa del risultato elettorale del suo partito? E dell’exploit del m5s?
«Sicuramente il risultato è deludente per il PD e per tutto il centrosinistra. Probabilmente il nostro candidato non è riuscito a fare una campagna elettorale all’altezza delle aspettative. Non è riuscito a suscitare interesse e a dare speranza a tanta gente che ha votato o per Grillo o che sono tornati a votare, inaspettatamente, per Berlusconi che comunque ha avuto un tracollo di consensi. Il voto per il M5S è un dato che va preso assolutamente in considerazione. Bisogna capire perché un italiano su quattro abbia votato per grillo, voto probabilmente dovuto a una forte protesta, una forte disaffezione e distanza verso la classe politica. Pertanto non possiamo assolutamente sottovalutare questo nuovo fenomeno.»

Quali sono le sue proposte in merito alla situazione critica della struttura ospedaliera di Sulmona?
«Penso di essere come voi un ragazzo della valle peligna, a prescindere dal fatto che chi fa il deputato non debba confinarsi in una provincia o in un territorio. Dobbiamo fare un ragionamento di questo tipo in relazione agli ospedali minori: in Abruzzo abbiamo il problema che tante persone, per come questa giunta regionale ha impostato la sanità, vanno a curarsi fuori dalla nostra regione e questo ci costa 130 milioni di euro di perdite! Dobbiamo dare a queste persone la possibilità di curarsi e farlo nella maniera migliore possibile in questa regione con facilità e meno costi. Le strutture piccole non penso debbano essere dismesse come qualcuno ha pensato ma vanno mantenuti alcuni pilastri in termini di offerta sanitaria. Penso al pronto soccorso aperto 24 ore e non 12 e al potenziamento di reparti come chirurgia e medicina. Gli ospedali minori sul territorio vanno specializzati, cioè devono diventare il punto di riferimento quantomeno all’interno della propria ASL e se possibile anche a livello regionale.»
Una proposta concreta per scongiurare la chiusura dei tribunali minori(in particolare quello di Sulmona)?
«Quella del tribunale è una tematica che conosco meno.  Qualcuno pensa che il problema del tribunale sia stato superato con la proroga della chiusura ma questa è solo una scappatoia momentanea. Dobbiamo capire quale sia l’utilità di avere un tribunale aperto a Sulmona, quali utenze si rifanno ad essa e quali sono i costi da sostenere. Non credo agli interessi di una categoria bensì a quelli di un territorio. Va fatto un piano di tagli generale e non condizionato da campanilismi. Tutto ciò ci porta a un problema serio che è quello dei tempi della giustizia italiana. Dobbiamo capire quindi se il taglio dei tribunali è funzionale alla riduzione di questi tempi.»

Cosa ne pensa il suo partito dell’ambiente, in particolare di fonte Sant’Angelo e dell’inquinamento ex Montedison?
«Sulla Montedison c’è un grosso equivoco voluto da alcuni. Il governo ha individuato 50 milioni da destinare all’area di Bussi e se qualcuno pensa di continuare a scherzare, questi soldi andranno persi. Infatti questa cifra è vincolata all’area industriale e serve per la bonifica  e non per la discarica fuori dal polo industriale. Utilizzando questi soldi ci sarà un beneficio ambientale perché riusciremmo a dare posti di lavoro alle persone impiegate per la bonifica e a reindustrializzare una zona strategica.»

Un’idea per rilanciare l’occupazione: turismo, industria, agricoltura?

«Abbiamo sottovalutato il ruolo dell’industria sia in Italia che nel nostro territorio. Nella valle peligna c’è stata una spoliazione di molti nuclei industriali. Ce ne siamo preoccupati solo il giorno in cui abbiamo saputo che queste imprese chiudevano. Non abbiamo mai pensato come evitare che questo avvenisse o come qualcuno potesse ritenere questo territorio attrattivo. Parlo della Coca-Cola, della Cosmo e della Crodo. Bisogna quindi elaborare un piano industriale nazionale per far ripartire i territori. Abbassiamo  il costo del lavoro e potenziamo le infrastrutture .
L’Abruzzo ha una grande possibilità di sviluppo turistico ma siamo indietro rispetto alle altre regioni a livello di offerta e di marketing turistico. Abbiamo un turismo particolare che può dirsi pieno. Da un lato c’è quello costiero, dall’altro c’è quello interno comprendente delle località sciistiche più conosciute a livello nazionale. Infine c’è quello paesaggistico - culturale caratterizzato dai borghi. La materia prima c’è ma va intensificata la promozione. L’agricoltura invece va collegata ai prodotti tipici locali e alla loro promozione, in particolare il vino.»                                                                   


Antonio Di Bacco e Mattia Tedeschi

Esteri


Sulmona e la prossima campagna elettorale

La politica ovidiana è in ebollizione. A un mese dalla fine naturale della legislatura, l’opposizione, che in consiglio comunale è maggioranza da ottobre, ha rassegnato in blocco le proprie dimissioni.
La nuova maggioranza che non era riuscita a sfiduciare il sindaco a novembre, si è ricompattata quando il Pdl, qualche giorno dopo la vittoria elettorale in città, ha pubblicato un manifesto virtuale intitolato “Guardateli Bene” in cui c’erano le facce dei consiglieri di opposizione accusati di non aver permesso all’amministrazione di approvare alcune delibere “tecniche” come: il nuovo ingresso dell’ospedale e la rotonda all’incrocio dell’incoronata.
L’opposizione, che si aspettava un riconoscimento dall’amministrazione per aver collaborato all’approvazione del nuovo piano casa, ha abbandonato il sindaco al proprio destino e consegnato la città al commissario per la terza legislatura consecutiva.
Del resto se la maggioranza piange, l’opposizione non ride per via delle divisioni interne.
I consiglieri Rapone e Manasseri insieme all’ex Presidente della provincia Susi, hanno lanciato il loro progetto politico in vista delle amministrative di fine maggio.
Per ora è una lista di cittadini, equidistante «da questa maggioranza ma anche da questa opposizione» come dichiarato dal consigliere Manasseri.
Il progetto centrista che vedeva insieme Sulmona Democratica (corrente Lacivitiana del Pd), il Partito Socialista, Scelta civica per Sulmona (lista del consigliere provinciale Gerosolimo), Rialzati Abruzzo (formazione dei consiglieri comunali Cristian La Civita e Antonio De Deo) e l’Udc, si è di fatto estinto per una vicenda legata alle primarie della coalizione annunciate per il 17 marzo.
Il Presidente del polo universitario e già preside della facoltà di economia, Politi, ha prima dato e poi ritirato la disponibilità a candidarsi innescando una serie di polemiche a catena fra il Partito Socialista, che avendo candidato Marinucci voleva la sua candidatura a sindaco de facto, e Sulmona Democratica che voleva sostituire Politi con il preside del liceo scientifico Massimo Di Paolo.
Anche nel centrosinistra non mancano le beghe, l’ex sindaco, ex Presidente della provincia ed ex consigliere regionale Di Masci, ha chiesto chiarimenti all’interno della coalizione. 
Il candidato sindaco Ranalli, vincitore delle primarie, a detta dell’ex sindaco deve dire «a nome di chi si propone», dato che l’Idv, del quale Ranalli era consigliere non esiste più.
Appare tutto molto strano perché, in sede di primarie, era già chiaro che Ranalli rappresentava un partito che non era presente a livello nazionale nella coalizione di centrosinistra.
Secca replica del vincitore delle primarie che, forte della legittimazione degli oltre milletrecento cittadini che lo hanno scelto, ha dichiarato di non piegarsi ai giochi delle segreterie di partito e di essere lui il candidato del centrosinistra.
Il centrodestra, dal canto suo, dopo la disponibilità data dal sindaco uscente di ricandidarsi, deve confrontarsi con gli equilibri interni. Da tale scelta dipenderanno le prossime mosse della coalizione dove il segretario provinciale Magliocco ha dichiarato di non escludere la via delle primarie.
Infine il Movimento 5 Stelle, alle politiche primo partito in città, ha scelto il proprio candidato: sarà, infatti, Gianluca De Paolis il candidato grillino per Palazzo San Francesco.
Intanto Sulmona non è l’unico comune commissariato della Valle, dal 4 marzo anche Pacentro è senza sindaco dopo le dimissioni per motivi di salute di Fiadini.

Savino Monterisi

Esteri


La marea rossa venezuelana

Caracas. Una marea rossa si è riversata sulle strade della città costellate dall’effige dell’amato Presidente, per piangerne la scomparsa. “Chàvez vive, la lucha sigue” (Chàvez vive, la lotta segue), queste sono le parole con cui l’ondata di bandiere e magliette rosse ha accompagnato l’immenso corteo funebre dell’uomo più carismatico del Paese. Idolatrato e amato come un padre per buona parte dei venezuelani, acerrimo nemico e dittatore per altri. Caudillo o libertador? La fine dell’epoca Chàvez, con preponderante evidenza, ha messo in luce la polarizzazione politica della società venezuelana, che da anni ormai vive su fronti contrapposti.  
Senza dubbio il metodo populista portato avanti in tutti questi anni dal “figlioccio di Castro” lascia un’impronta indelebile nello spirito del popolo venezuelano, cullato dai proventi derivanti dalla nazionalizzazione del petrolio ed impigrito dalla concessione di piccoli grandi benefici da parte del loro leader. Infatti milioni di venezuelani, prima della rapida ascesa al potere del giovane Chàvez, non avevano praticamente nulla. Oggi invece la parte più indigente del Paese osanna le missioni bolivariane (le nostre politiche di welfare), note anche come missioni di Cristo, attuate nel terzo millennio, poiché le condizioni di vita di molti sono migliorate sensibilmente. I più poveri godono della garanzia di un minimo contributo economico erogato dallo Stato, usufruiscono gratuitamente degli ambulatori medici localizzati nelle aree più bisognose, possono acquistare all’interno dei supermercati governativi socialisti prodotti alimentari a prezzi irrisori, così come possono decidere di mandare i propri figli a scuola senza alcun esborso. Inoltre il Partito Socialista Unito del Venezuela, in questo decennio e più di governo, ha prestato attenzione ai problemi delle minoranze etniche ed è riuscito, grazie alla semplificazione del processo ordinario di documentazione ed identificazione delle popolazioni indigene, ad ampliare il proprio bacino elettorale. Tuttavia il cammino che deve percorrere il Paese è ancora molto lungo, la distribuzione dei prodotti alimentari ed essenziali di ogni genere procede ad intermittenza, la varietà degli articoli di spesa è insufficiente, addirittura nei supermercati si trova o scarseggia lo stesso articolo per diversi mesi. L’insicurezza civile continua a prevalere per le strade delle città, gli omicidi sono all’ordine del giorno perché qui la vita vale quanto un i-phone. All’imbrunire la gente preferisce tornare a casa e, se possibile, senza fermarsi ai semafori rossi, perché il rischio di essere aggrediti da criminali in moto è altissimo. I servizi pubblici sono pessimi e la corruzione è dilagante. I diritti e le libertà individuali non godono di un minimo di tutela. Insomma l’eredità lasciata dal governo chàvista pesa come un fardello sullo stato di salute del Venezuela, dal cui oltranzismo politico anti-occidentalista ha ottenuto ben pochi benefici. La stretta alleanza con la vicina Cuba e con altre nazioni sudamericane, così come i recenti legami stretti con Russia e Cina, hanno mostrato il volto antico del Paese, immobile nel propugnare un modello politico - economico i cui fallimenti storici sono noti al resto del mondo. Tuttavia la politica portata avanti in questi anni si fondava sul culto della persona di Hugo Chàvez, sempre in grado di attrarre a sé le folle, distolte dal perseguimento dei veri valori della democrazia perché accecate e fomentate nella lotta antimperialista. 
Imminenti, come Costituzione esige, le presidenziali convocate dal Consiglio Nazionale Elettorale per il prossimo 14 aprile. Nicolas Maduro, ex sindacalista ed autista di autobus, è l’erede politico designato dallo stesso Comandante nei mesi di malattia per il proseguo della rivoluzione bolivariana. Spetterà invece a Henrique Capriles, giovane avvocato già Governatore dello Stato Miranda, l’arduo compito di mostrarsi al Paese e al mondo intero come valida alternativa all’interno del controverso processo politico venezuelano.
Chiunque sarà l’eletto, mi auguro che saranno la pace e la bellezza a vincere e ad animare lo spirito dell’allegro popolo venezuelano.

 Danesa Palombizio

Giovani fuori sede


Arrivederci L’Aquila…


Cara  “L’Aquila mè”,
è passato tanto tempo da quando ci siamo conosciuti.
Era un settembre di qualche anno fa quando ti abbiamo scelta perché eri la più bella.
Le tue montagne ci hanno stretto in un abbraccio, la tua vita scorreva in tutti i vicoli del centro storico e ci riempiva il cuore…ed i calici!

La tua sapienza risplendeva nelle facciate dei palazzi, nei rosoni delle chiese e risuonava  nelle note che uscivano dalle sale dei teatri.
Eri bellissima!

Cara L’Aquila,
siamo stati bene insieme, ma ora dobbiamo parlarti.
Da quella brutta notte qualcosa è cambiato, è successo tutto così in fretta… tu sei cambiata e forse anche noi.
Quando qualcuno voleva portarci via da te trapiantandoci nelle “new town”, ci siamo battuti affinché questo modello di ricostruzione non si avverasse, abbiamo sperato che fosse una soluzione temporanea e che tu ritornassi ad essere quella di sempre, anzi, più bella di prima.
Siamo rimasti al tuo fianco per sostenerti in un momento difficile della tua storia, contro la paura, contro la tristezza, contro il malumore con la sola speranza di rivederti e di esserci.
Invece ci hai illuso!
Per molte volte abbiamo sentito promesse mai mantenute sulla tua ricostruzione, ci siamo sentiti presi in giro da chi forse non ti ama quanto noi.
Sono passati ormai quattro anni e passeggiando in centro, tutto ciò che rimane sono strade buie, sorvegliate da militari che ti tengono quasi sotto assedio, i portoni dei palazzi puntellati  dove ormai non entra più nessuno “crescono disordinati” tra le erbacce che dominano il centro, le tue luci che ci facevano compagnia durante le nostre passeggiate adesso sono quasi tutte spente e….ci fai paura!
Sei diventata trascurata, disordinata, sciatta e fragile.
Sei stata imbrogliata da questi personaggi che promettono fantomatici progetti di centri commerciali sotto la tua piazza fantasma; quella stessa piazza che ha accompagnato tante generazioni di studenti, che ha visto giocare madri, padri e bambini la domenica mattina, che ha fatto innamorare tanta gente.
Non ti senti sola?

Adesso dobbiamo salutarti, saremmo comunque dovuti andare via; i nostri studi sono quasi giunti al termine.
Se non fosse successo tutto questo, ci saremmo salutati con tanta malinconia, sapendo di lasciarti un pezzo di noi, della nostra indipendenza, del nostro essere diventati grandi.
Invece ora quasi spaventati ti diciamo che forse non ci  mancherai più come prima, ma come si dice, a volte, odio e rabbia sono più forti dell’amore.
Sarebbe bello però, un giorno vedere i nostri figli viverti come abbiamo fatto noi e magari loro potranno, a differenza nostra, vivere e lavorare nella città che amano dopo gli studi.
Tu realizza i nostri sogni e aiutati  a ritornare come prima.
La tua intelligenza e la tua sapienza ti aiuteranno a distinguere chi ti vuole bene da chi ti vuole male.
Noi ti vogliamo bene…e non ti scorderemo mai.


Fabio Presutti
Carla Villani
Alessia Di Loreto



Interviste


“NI(cole)CLA(udia)…di nome e di fatto!”
Inizio la mia intervista, o meglio una piacevole chiacchierata, entrando nella palestra NICLA nel pieno di una loro lezione. Mi parlano delle loro emozioni, esperienze, tornando indietro ai loro inizi. Mi innamoro del modo in cui parlano di ginnastica ritmica, della loro vita, come se quello che fanno ogni giorno fosse cosa per tutti ma così non è.

Da quanto tempo avete a che fare con il mondo della ginnastica ritmica?                            
<<Dal 1990, quando mia madre fece il suo primo corso di ginnastica ritmica a Pratola insieme ad una società di Karate e nel 1994 nacque la “Nicla”, iniziando con sei bambine per poi ingrandirsi sempre di più.>>
Com’è nata l’idea di aprire questa scuola? E quando è nata?
 <<In maniera del tutto spontanea, considerando che mia sorella era disoccupata ed io all’università. E’ nata a metà Agosto scorso e abbiamo creato in tempi record questa nostra associazione, in due tre settimane al massimo!>>
Vostra madre come ha preso questa vostra decisione?
<<La mia famiglia è sempre stata un triangolo perfetto e mia madre è il vero cuore della palestra. Adesso siamo diventate allenatrici riconosciute a tutti gli effetti attraverso un corso e per lei è una grande soddisfazione, un ritorno al passato.>>
Siete soddisfatte delle vostre ragazze?
<<Super soddisfatte perché la loro risposta all’amore che proviamo per questa disciplina è stata altrettanto grande. Stanno entrando nel vero della disciplina e, a fine anno, avranno la loro prima esibizione di ritmica. Differente è con quelle bambine che hanno deciso di partecipare ad una gara il 21 Aprile prossimo ad Ortona, è la loro prima esibizione di ritmica. Non sanno come potranno reagire ad una pedana, ad un pubblico, ad una giuria. Sono le prime ginnaste in assoluto della valle peligna e circondario che potranno partecipare ad una gara di ginnastica ritmica e se otterranno un buon risultato, potranno accedere alla gara nazionale a Catania, a fine Maggio prossimo. Le bambine che si stanno preparando a questo duro allenamento sono nella categoria giovanissime: Carolina De Benedictis, Fabiana Di Pillo e Nicole De Stephanis; nella categoria allieve: Leatitia Margiotta, Martina Celsa, Alessandra Di Cioccio, Valentina Pace, Diletta Spinosa, Francesca Lepore, Cristina Stasi, Federica Liberatore, Italia Zimei; nella categoria junior: Emma Carducci e Ludovica Petrella.>>
Qual è la differenza tra ginnastica ritmica e artistica?
<<Le differenze sono a livello di attrezzi. Nella ritmica vengono utilizzati piccoli attrezzi come la fune, la palla, il cerchio, le clavette e il nastro mentre nell’artistica no. Le differenze ci sono anche nelle metodiche di allenamento. Infatti, la ritmica punta più sul fisico longilineo, sulla flessibilità, sull’eleganza, mentre l’artistica punta più sulla potenza.>>
Vi supportano qui a Pratola?
<<Innanzitutto ci supportiamo noi tre che siamo un’unica forza. C’è stato appoggio da parte del comune che è onorato di avere questa squadra di ginnastica ritmica nel nostro paese, da parte dei genitori che, conoscendo i trent’anni di esperienza di mia madre, si sono fidati anche di me e di mia sorella, e le bambine che hanno sempre più voglia di imparare. Tanti però ci hanno remato contro, forse per gelosia o non so. Il ringraziamento più importante è dedicato ai nostri due sponsor “Coselp” e “Diva boutique” che hanno creduto fin dall’inizio a questo progetto.>>
Come definireste in una parola questo “lavoro”?
<<Ossigeno puro. Siamo entrambe nate respirando questo sport. E’ la nostra vita e anche al di fuori della palestra viviamo e parliamo solo della ritmica.>>
Che progetti avete per il futuro?
<<Sono tanti considerate anche le tante bambine che abbiamo. Il giorno dell’inaugurazione siamo partite con un gruppo di duecento, oggi abbiamo un gruppo stabile di cinquanta e ci sono buone speranze. Abbiamo intenzione di aprire un corso di danza classica inerente sempre alla ritmica. A Maggio ci saranno le convocazioni per le ginnaste più pronte per l’agonismo e quest’estate ci sarà un altro appuntamento di gara regionale.>>
Vorreste dire qualcosa ai nostri lettori?
<<Di fare tante figlie femmine ahahah. Che li aspettiamo a Giugno al saggio di fine anno>>.

Lorenza Petrella