name='description'/> Parle Serie Blog: dicembre 2012

18 dic 2012

Edizione del 23/12/2012 "Copertina"




Attualità


PARLE SERIE

Qualche tempo fa, pensando a questo straordinario progetto che stiamo sviluppando, ho cercato di racchiudere in poche righe tutto quello che ci siamo ripromessi di ottenere. Così un pomeriggio, ho scritto su uno dei più noti social network:
“parle serie dovrà essere un giornale di opinione. La cronaca sarà ridotta al minimo, sarà solo motivo di spunto. La nostra opinione non dovrà essere quella della gente, né perché scriveremo quello che la gente vuole sentirsi dire né perché cercheremo di indurla a credere a ciò che vogliamo. Noi semplicemente dovremmo indurre la gente a pensare”
Queste le premesse, questi gli intenti ma perché PARLE SERIE?
Cosa c’è di meglio della scrittura per dare voce a pensieri, idee e conoscenze ignorate per troppo tempo. La scrittura dà una sorta di anonimato che annulla la vergogna e la paura ma, al tempo stesso, investe lo scrittore di una grande responsabilità e un grande potere, quello di condividere un messaggio con la pluralità e quindi quello di aprirsi con tutti riconoscendo uguaglianza suprema.
Inoltre un’iniziativa del genere, per quanto ne sappiamo, non è mai stata intrapresa a Pratola. Un “ nuovo esperimento”, almeno per quelli come noi di corta memoria, che può dare entusiasmo e orgoglio. Magari, nel tempo, verrà scoperto anche qualche talento letterario o giornalistico! Poi qualcuno ( non so chi, ammetto la mia ignoranza) disse: “verba volant scripta manent”.
Infine, il fascino della carta stampata è innegabile. Quindi tanti i vantaggi, tante le bellezze, tanti i motivi per la creazione di un giornale. Ah già, GIORNALE! Apriamo una piccola parentesi: questo non è un giornalino. Siamo grandi ormai, non è più tempo di scrivere temi a scuola e le cose vanno fatte per bene. Adesso però riprendiamo il discorso ponendo l’accento sull’ambito semantico e sul perché la scelta sia caduta su questo titolo. Da qualche anno, fra i più i giovani a Pratola, si è diffuso questo slogan. In molti hanno dato i meriti per la creazione ad un mio carissimo amico, il cui nome farò solo a voce a chiunque voglia saperlo.
Non è raro sentire “parle serie” come risposta a qualsiasi tipo di domanda o di affermazione. L’espressione dialettale che dà il titolo al nostro giornale ha una doppia valenza: può esprimere un serio stupore ma, al contempo, può accompagnare frasi che di serio hanno ben poco.
Proprio questo cercavamo: un titolo pungente ed accattivante ma, allo stesso tempo spensierato; questo perché spesso, prendendosi troppo sul serio, si rischia di cadere nel ridicolo, se non nel patetico.
A qualcuno potrà sembrare che io mi sia contraddetto ma, nella mia visione, nulla vieta che si possano fare le cose per bene, riuscendo anche a non prendersi troppo sul serio

Piergiuseppe Liberatore

Attualità


PERCHE’ SPAZIO GIOVANE
ORIGINI, SVILUPPO E INTENTI DELLA NUOVA REALTA’ GIOVANILE


“Qui non c’è niente da fare, non c’è mai nessuno e quei pochi che ci sono non fanno nulla per migliorare la situazione, anzi si adattano rassegnati agli eventi.”
Chi di voi potrebbe giurare di non aver mai sentito, almeno una volta nella vita, tali parole? D’altronde è una classica frase pronunciata da chi, di solito, ha meno di 35 anni. Dalla netta opposizione alla passività rassegnata e dalla voglia di mettersi in gioco solo ed esclusivamente per il bene del proprio paese è iniziato a delinearsi, in un gruppo di ragazzi, il desiderio di dar vita ad un qualcosa di nuovo e duraturo nel panorama locale: spazio giovane.
Non è stato un progetto facile ma, con l’impegno di alcuni, iniziava a prendere forma. Dalla primavera scorsa ci sono state delle riunioni sempre più affollate, culminate nell’incontro del 27 aprile presso b’stek, a cui hanno preso parte circa un centinaio di giovani. Dopo tutte queste riunioni ed incontri si è delineato perfettamente.
Ottenute le stanze del piano superiore dell'ex caserma dei carabinieri e dopo avervi festeggiato l'inaugurazione della sede, che ha simboleggiato la sua nascita ufficiale, spazio giovane si è distinta per il suo forte impegno nel sociale. Come prima uscita pubblica, alcuni degli iscritti, coadiuvati dal dottor Gianvincenzo D’Andrea, delegato territoriale della fondazione ISAL, si sono occupati della realizzazione e della riuscita della seconda giornata contro il dolore. La manifestazione, svoltasi in 60 città italiane tra cui Pratola, sarebbe dovuta durare fino al tardo pomeriggio del 13 ottobre ma è terminata poco prima delle 13 per l’esaurimento del materiale; infatti, prima di pranzo, i ragazzi dell’associazione e i medici dell’ U.O. Anestesia e Rianimazione del presidio ospedaliero di Sulmona avevano già consegnato oltre duemila depliant informativi sulla tematica del dolore, 600 confezione di mele il cui ricavato è andato interamente alla fondazione ISAL per lo sviluppo della ricerca, ed erano stati compilati oltre 300 questionari sul tema della manifestazione.
Più nell’ambito ricreativo e folkloristico è stato l’evento “ aspettando san martino con spazio giovane”, che ha visto la numerosa partecipazione della cittadinanza Pratolana, giovanile e non, ed anche del circondario. Consumati oltre 60 kg di castagne, rigorosamente acquistati nei negozi ortofrutticoli della zona. Degustati i vini offerti dalle cantine: Blancodini, Margiotta, Valpeligna, Di Bacco, D’Alessandro. Inoltre la serata è stata animata dalla musica di Salvatore Carducci e Franco Sambuco.

Impegno sociale è stato dimostrato anche nell’adesione e nella realizzazione della vendita delle stelle di natale del 7, l’8 e il 9 dicembre, per conto dell’A.I.L. , importante manifestazione a sostegno dei malati e della ricerca italiana contro le leucemie, i linfomi e il mieloma.
Ognuna di queste manifestazioni ha riscosso successo, segno quindi dell’ alta considerazione della nostra comunità per tematiche delicate quali la terapia del dolore e la ricerca scientifica e, quando è possibile, anche per “momenti di svago” da condividere tutti insieme.
Prima di concludere, è bene fare una precisazione.
In molti avvertono Spazio Giovane come se fosse un'associazione.
Un'associazione è fatta di persone con uno scopo in comune. Spazio Giovane invece è fatto di un’idea, prima che di persone. L'idea di dare voce a tutti coloro che abbiano qualcosa da dire. Ma soprattutto è fatto di uno spirito diverso: vuole aprirsi a tutti, per essere luogo di incontro, in cui stabilire relazioni e avviare una progettualità dal basso. Lo scopo deve essere stabilito volta per volta; prima di tutto vengono la discussione, l'incontro e la partecipazione.

 Mattia Tedeschi

Attualità


UNA PAGINA BIANCA LASCIATA AI GIOVANI

"una pagina bianca lasciata ai giovani", è con questa frase che si da avvio alla nascita di Spazio Giovane. Una grande opportunità, un modo nuovo di vedere il futuro e di interpretarlo secondo una visione nuova e dinamica. Chi vi scrive ne rappresenta solo "ufficialmente" l'organizzazione, ma ciò che conta non è, a mio parere, l'apposizione posta a fianco del nome, ciò che conta è l'essere Giovane, il sentirsi tale e l'operare in nostro favore. Questa associazione  si presenta come un trampolino di lancio per dare modo ai giovani di pratola ( pauci sed electi!) la possibilità di sentirsi gruppo, di sentirsi omogenei ma non omologati, ma soprattutto di operare per il bene del nostro paese. Con questo giornale si vuole mostrare come noi ragazzi pratolani sappiamo "rimboccarci le maniche" e farci carico ,nei limiti delle nostre possibilità,  di responsabilità importanti. Vogliamo valutare ogni singola attività, idea,esternazione, manifestazione tipica dell'assetto e del mondo giovanile, proprio per dare una risposta a coloro che continuano a sollevare l'idea che pratola sia solo un paese per vecchi. Un modo nuovo e moderno per far capire come non solo pratola è un paese per giovani, ma che ha al suo interno, tanti idee, sogni, speranze, progetti che aspetatno solo di essere realizzati e concretizzati. Approfitto quindi di questo giornale per rivolgermi a tutti i volenterosi: " fatevi avanti!".
Ora più che mai abbiamo la possibilità di contare qualcosa ma sta a noi sfruttarla al meglio. D'inchiostro ne abbiamo abbastanza. Il mio più grande augurio è che da una pagina bianca si possa arrivare a scrivere un intero libro che resterà nella memoria come: il libro dei giovani di pratola peligna.

Salvatore Presutti

Politica


TEMPO DI PRIMARIE

L
e elezioni sono alle porte, manca solo qualche mese e così iniziano a delinearsi candidati e schieramenti.
Diamo un’occhiata alla situazione generale. Il centrodestra ha annullato le proprie primarie per ricandidare “il detentore del titolo”, l’intramontabile Silvio, che ha tolto l’appoggio al governo Monti, causando di fatto le dimissioni del premier e una crisi di governo. Il movimento 5 stelle ha scelto i propri candidati tramite le “parlamentarie”. Un buon esperimento di democrazia ma incerti i partecipanti, si parla di 32 mila.
Invece, per quanto riguarda le primarie della coalizione di centrosinistra “Italia Bene Comune”, buoni i numeri a livello nazionale. Alta affluenza, sia nel primo turno con circa 3 milioni e 100 mila votanti(maggiore rispetto al 2009 ma minore rispetto alle primarie dell’Unione del 2005, con circa 4 milioni di elettori), sia nel ballottaggio con poco meno di 3 milioni. Dati positivi considerati la rigida e lunga procedura di registrazione che consentiva di votare e il forte clima di sfiducia nei confronti della politica.
In Abruzzo, come spesso accade, risultati quasi in perfetta linea con quello nazionale, con una percentuale di voti leggermente più alta di Vendola, come in altre regioni del centro sud.
E nella nostra zona? A Pratola, nel primo turno, buon risultato per Bersani che incassa il 58% di 606 votanti,il 25% per Renzi e il 14% per Vendola. Nel secondo turno, uno schiacciante 75% per il segretario del pd e un 25% per il sindaco di Firenze. A Castel di Sangro primo Bersani con 106 voti e secondo Vendola, grazie al buon lavoro effettuato dall’unico comitato cittadino. Nel ballottaggio dati in linea con quelli nazionali. A Corfinio circa 50 partecipanti( pochi a dire il vero) che seguono in pieno i dati nazionali in entrambi gli appuntamenti. A scanno e Cansano pochi votanti che premiano Renzi di una manciata di voti nel primo turno ma consegnano la vittoria a Bersani nell’appuntamento del 2 Dicembre. Nel primo paese della vallata, Sulmona, solo 100 voti di distacco tra l’emiliano e il toscano nostante ci fossero due comitati pro bersani, con tutta la nomenclatura del circolo locale, e un comitato pro renzi costituito, per la maggior parte, da persone alla prima esperienza politica. Tuttavia nel secondo turno, il distacco è aumentato di altri 150 voti circa.
Come affluenza alle urne, Pratola cresce di poco meno di 100 votanti rispetto al 2009 mentre Sulmona passa dai circa 2000 votanti di tre anni fa ai 1500 di quest’anno. Dato, quest’ultimo, che ci consegna una fotografia di un pd locale che ha bisogno di aprirsi maggiormente.

Mattia Tedeschi

Politica



I Giovani e la politica…locale

C’è davvero disinteresse da parte dei ragazzi alla gestione della cosa pubblica? O è semplice disaffezione dovuta a pratiche limacciose e bizantinismi? I giovani sono menefreghisti o desiderano non avere a che fare con una classe dirigente da basso impero?
Mattia Tedeschi, 21 anni, candidato alla carica di segretario della sezione locale del P.D. , pensa che ‘’ i giovani  hanno una gran voglia di dire la propria ma questo viene impedito a molti. Sicuramente alcuni non vogliono partecipare fattivamente  ma la maggioranza, coloro che vogliono farlo, si trova davanti una chiusura totale della classe politica dettata dalla sete di potere, dalla voglia di decidere escludendo, dalla distanza con i problemi reali e dall’attaccamento interessato alla poltrona. Sicuramente non è l’anagrafe a fare buona politica o buona amministrazione ma va tenuta in considerazione insieme  all’interesse per la cosa pubblica, alle capacità di una persona e alla sua fedina penale. Sono molto contento di Pratola che, oltre ad essere un modello di partecipazione, è anche  un esempio di apertura ad una visione della politica e dell’amministrazione nuova, giovane e dinamica ”.
Antonio Di Nino, 28 anni, consigliere di opposizione al Comune di Pratola Peligna, nota che ‘’nelle ultime elezioni comunali a Pratola si è verificata una grande partecipazione dei giovani alla politica’’ e crede che questo sia potuto accadere perché, a livello comunale, chi fa politica è più vicino ai cittadini.
Infine imputa la colpa della lontananza dei giovani dalla politica a livello comunale ad alcuni politici che attualmente rappresentano le istituzioni.
E’ indubbio che l’attuale situazione italiana porti all’allontanamento dalla politica. Questo avviene tanto più fra chi, per età, è più avvezzo agli ideali e più incline all’impulsività. Inoltre, in molti hanno individuato come uno dei problemi del Bel Paese  lo scarso, per non dire nullo, ricambio generazionale delle classe dirigente.
Vista così, la situazione italiana sarebbe senza alcun futuro. Ma come diceva qualcuno, l’ottimismo è il sale della vita, allora proviamo ad essere ottimisti e cerchiamo fattori che ci diano speranza.
Non andiamo lontano, cerchiamoli da noi. Già nella tanto biasimata Valle, che in alcune sue realtà può vantare dei buoni esempi, per ciò che riguarda il ringiovanimento delle amministrazioni.
Pratola, fresca di rinnovo del Consiglio Comunale, non conta fra i membri dello stesso, qualcuno che abbia compiuto più di 52 anni. Sembreranno molti ma, a fronte di ciò che succede un po’ dappertutto in Italia, fanno di chi li ha compiuti, un ‘’ragazzino’’. Tutti gli altri hanno età che si aggirano intorno ai trenta e ai quaranta; addirittura due non sono neanche trentenni.
Ma è l’abbassamento dell’età media di tutti i candidati alla carica di consigliere che ha dato maggiori possibilità di relazionarsi con essi e speranza di poter esprimere le proprie idee per il futuro  a tanti ragazzi di Pratola che si sono cimentati, forse, nella loro prima esperienza politica.
Questo non può che rappresentare un segnale positivo. Il coinvolgimento dei giovani è stato visto dai paesi limitrofi soprattutto come esempio da seguire; anche, come era auspicabile, a Sulmona, ormai prossima alle elezioni.
Purtroppo però non è tutto rose e fiori. L’esperienza di chi scrive e di altri, ha portato alla luce che il problema principale, riscontrato da chi voleva coinvolgere i giovani, è stato quello di trovarne di disposti alla candidatura. La visione della politica come di una cosa sporca, legata più al malaffare che al bene pubblico, ha fatto sì che numerosi genitori impedissero la candidatura dei propri figli. Per fortuna, forse una nuova coscienza civica sta nascendo e tanti ragazzi hanno partecipato alla passata campagna elettorale con l’idea che non è la politica ad essere sporca, ma chi la fa…spesso.
Questo rappresenta un passo avanti, ma non basta ovviamente; soprattutto perché l’impegno civico e sociale non può limitarsi al periodo pre-elezioni. Comunque si è partiti e, se è vero che chi ben comincia è a metà dell’opera, non c’è che da essere contenti per il futuro…almeno per la nostra ‘’isola felice’’ (c’è tanta ironia…).
Infine,  è bene lasciarvi con un’ultima riflessione: se è vero che per il progresso della società c’è bisogno di idee e forze giovani, a volte non si possono accantonare fanaticamente gli anziani o i più grandi, ma si deve far tesoro della loro saggezza e della loro esperienza. Magari non di quelle di tutti, ma di quelle di qualcuno sì.

Piergiuseppe Liberatore

Politica-"L'opinione di...Lo straniero"


L'OPINIONE DI...LO STRANIERO

Avrei voluto stare qui, a raccogliere informazioni, per potervi raccontare le novità nel panorama del centrodesta italiano e soprattutto locale in vista delle politiche 2013, invece pare che tutto sia ancora legato agli umori e ai calcoli di opportunità di Berlusconi. Chi più, chi meno fino ad ora ha aperto le finistre di casa per far cambiare aria; quell'aria di vecchio e di chiuso, che non si può più ignorare ormai. C'è il centrosinistra che ha svolto le primarie per la scelta del candidato alla carica di presidente del consiglio. C'è poi il M5S che fa del totale rinnovamento delle facce in parlamento e non solo, il suo cavallo di battaglia e che è sempre più seguito.
Infine c'è lui, Silvio, il cavaliere con le sue macchie e le sue paure.
 Per la sesta volta ha annunciato la sua candidatura, salvo poi annunciare che potrebbe ritirarla se si candidasse Monti.In poche parole si è comportato ancore come padrone del centrodestra.
Francamente tutto ciò è molto avvilente.
Questa comunque è solo un'opinione. E' sempre il popolo ad essere sovrano.

"Esteri"


CHE SUCCEDE DIETRO L’ANGOLO?

Undici chilometri, forse qualcosa in più, forse qualcosa in meno.
Tanto separa Piazza Garibaldi di Sulmona da Piazza Garibaldi di Pratola Peligna, eppure, quando l’estate passeggi per Pratola, sembra sempre che l’atmosfera sia diversa.
Certo la crisi, il lavoro che non c’è, i problemi ci sono pure lì, però Pratola Peligna ha sempre quell’atmosfera allegra, una cittadina che è rimasta un paese, in cui regnano sovrane precise leggi sociali, solidarietà, devozione totale al patrono, dialetto sempre e comunque, tutti sono parenti con tutti e tutti sanno le vicissitudini di tutti.
Eppure non mi spiego come, a distanza di undici chilometri, c’è un’altra Piazza Garibaldi che vive tutto un altro clima.
In realtà un’idea me la sono fatta anche se, rivelandovela, temo di sembrare una persona di parte.
Vivo a Sulmona da diciotto anni. Per quello che mi ricordo, è sempre stata una cittadina vispa, piena di voglia di vivere, l’estate era una festa continua. Poi hanno incominciato a chiudere le fabbriche ed il clima di festa è finito.
Abbiamo iniziato a deprimerci, questo processo è stato talmente latente e lento che non ce ne siamo nemmeno accorti, ed è ancora in corso.
Sulmona negli ultimi dieci anni ha avuto due commissari prefettizi; significa che ad un certo punto della legislatura il sindaco è stato costretto a dimettersi perché non aveva più la maggioranza in consiglio comunale.
L’ultima amministrazione è da poco riuscita a formare una nuova giunta, dopo che per un mese il consiglio comunale è stato con gli assessori dimissionari, per di più non è ancora chiaro se il sindaco abbia attualmente una maggioranza politica in consiglio comunale.
I problemi passati e presenti della politica fatta dai partiti, sono stati tutti scaricati sulla città che puntualmente ne ha pagato il conto.
Faccio un esempio: quest’estate, la nostra cittadina, che ha una chiara vocazione turistica data dal grande patrimonio storico-artistico e dalle rievocazioni storico-religiose, non ha avuto un cartellone estivo.
Questo significa che il nostro assessore alla cultura non è stato in grado di fare una delle cose più importanti per le quali è stato nominato, organizzare gli eventi cittadini per attrarre turisti.
Vi faccio un altro esempio?
Nella nostra valle, l’Eni, ha intenzione di far passare un metanodotto che attraversa la dorsale appenninica, l’opera è ritenuta molto pericolosa se si pensa all’alta sismicità della Valle Peligna e, a tal proposito, il nostro consiglio comunale ha votato più di una delibera per impedirne la costruzione.
Bene, durante un importantissimo tavolo tecnico a Roma, un assessore che avrebbe dovuto rappresentare Sulmona, invece di riportare il parere del consiglio comunale, ha espresso quello suo personale dicendo che,  secondo lui, l’opera era “cosa buona e giusta” e, dopo il fatto, né il sindaco né la maggioranza hanno chiesto le sue dimissioni.
Infine una delle cose più sconcertanti di tutte, una volta nella mia città c’era un cinema, da maggio del 2011 è chiuso per volontà del comune.
Ho detto questo solo per dire alcune delle cose che hanno portato un gruppo di cittadini, portati all’esasperazione, a creare un movimento politico con l’intento di costituire una lista civica.
È nata così Sulmona Bene in Comune (SBiC), fondata su precisi principi che ne costituiscono il manifesto di valori: democrazia partecipata, sviluppo sostenibile, alternativa ai partiti, valorizzazione dei giovani.
Naturalmente queste erano le parole, alle quali SBiC ha fatto seguire i fatti.
Gli aderenti si sono divisi in gruppi di lavoro che si occupano di determinate materie e svolgono due funzioni: una di breve periodo, la stesura di proposte politiche che passeranno al vaglio dell’assemblea e poi verranno inserite nel programma elettorale, e una di lungo periodo ovvero monitorare i campi che sono stati loro assegnati, ad esempio l’ambiente, la cultura, il turismo ecc.
I gruppi naturalmente sono aperti a chiunque è interessato a partecipare e presentano una relazione periodica all’assemblea che è l’unico organo di SBiC che ha poteri decisionali, gli altri organi del movimento hanno semplici funzioni di coordinamento ed organizzazione e sono i portavoce, i tesorieri ed i garanti.
Per comunicare con la città, sentire i suoi problemi e capire i suoi bisogni invece, è stata organizzata una SBiCiclettata, un giro in bicicletta (tanto per ribadire la vocazione sostenibile del progetto) davanti i luoghi abbandonati della città, per lasciare un fiore nella speranza di farli tornare a vivere e fatto questo la carovana di biciclette si è fermata lungo Corso Ovidio e sono stati raccolti decine di post-it che descrivevano “la città che vorrei”.
È stata anche organizzata un’assemblea pubblica interamente rivolta ai giovani nella quale sono stati affrontati i problemi legati alle questioni giovanili.
Queste sono alcune delle iniziative che SBiC ha realizzato in città e per ora stanno riscuotendo parecchio consenso, ma come andrà a finire lo sapremo solo fra qualche mese.

Savino Monterisi

Giovani fuori sede


PREVENZIONE PER VIVERE SENZA TIMORE.
6 Aprile 2009, 21 interminabili secondi, i più lunghi della mia vita.
L'Aquila, capoluogo d’Abruzzo, città ricca di storia, con più di 20.000 universitari. Stava diventando mano a mano la città ideale per ogni studente. Io vivevo là da ben 5 anni e mi era ormai entrata nel cuore.
Ricordo ancora lo sciame sismico che da mesi stava lanciando dei segnali ma noi non ci sentivamo minimamente intimoriti, anzi ogni scossa era una scusa per far baldoria.
A distanza di 3 anni non riesco a capire come non mi sia mai passato per la testa che forse sarebbe potuto succedere qualcosa.
Non se ne parlava e le poche voci che circolavano erano rassicuranti.
Tutto questo provoca in me una grande rabbia perchè ho vissuto questo periodo con estrema superficialità. Forse perchè non ho avvertito nessun allarmismo tra la gente né tra la popolazione locale, che pure avrebbe dovuto conoscere nel dettaglio la sismicità storica della propria città, né tra gli studenti, sia aquilani che fuori sede.
I terribili ricordi di quella notte saranno per sempre nelle mia mente, sono sempre presenti nei miei sogni e sarà impossibile cancellare quelle immagini dentro di me.
Senza scendere nel particolare, posso solo affermare che rimanere bloccato sotto le macerie di casa e vedere le mura venir giù a pochi metri da me, è qualcosa di impossibile da descrivere  e non si può augurare nemmeno al peggior nemico.
Quando realizzi di essere vivo e pressochè illeso, pensi ad un miracolo,alla buona sorte, a tanti altri fattori, ma con il tempo ti rendi conto che è qualcosa che ti cambia nel profondo.
Le ore subito dopo la scossa sono state tremende ed ugualmente indescrivibili.
Sentivo richieste d'aiuto da sotto le macerie e intravedevo gambe e braccia, uno scenario da brivido.
Si scavava con la speranza di trovare qualcosa,poteva trattarsi di anziani,bambini,animali,vivi,cadaveri e moribondi. Tutto questo di notte, con il buio che dominava i vicoli del centro storico ormai ridotto a brandelli,  dove ciò che era parso resistere poteva venir giù ad ogni successivo movimento della terra.
Oggi sento di avere la capacità e la razionalità di poter riflettere su ciò che si poteva prevenire.
Il 6 aprile ha lasciato delle crepe non solo sulle mura dell'Aquila, ma nella vita di tutti noi.
In quei lunghissimi secondi, la vita normale di tutti i giorni è andata in frantumi, distrutto dalla noncuranza, dalla superficialità, dall'UOMO. Mi sento in dovere di prestare attenzione alla vita che mi circonda, guardare la mia città, viverla al meglio e curarla perchè sia perfetta e a misura di cittadino, per avere la certezza che non saranno pochi secondi a portarmela via.
Noi come Spazio Giovane, come Associazione Culturale o come semplici cittadini di Pratola, possiamo e dobbiamo fare molto per affrontare situazioni simili nel migliore dei modi.
La storia insegna che questi eventi si ripetono nel tempo con intervalli più o meno uguali.
Con questo non voglio dire che possiamo prevederli, come sostiene qualcuno, ma posso affermare con certezza che, vivendo in una zona ad alto rischio sismico, dovremo prima o poi fare i conti con un violento scuotimento.
La nostra zona, il Sulmonese e la Maiella, sono infatti aree ad altissimo rischio sismico. La faglia di Campo di Giove si è rivelata responsabile del terremoto del 1706, l’ultimo sisma di vaste proporzioni che ha interessato la Valle Peligna, oltre ad essere stato uno dei più disastrosi nell’Italia centro-meridionale. La magnitudo stimata per quel sisma è tra 6.6 e 6.7, i morti nella sola Sulmona furono intorno a 1000 e furono rase al suolo Pratola, Campo di Giove, Prezza, Cansano, Raiano, Rivisondoli, Roccaraso, con un elevatissimo numero di morti e feriti. Ebbero a patire gravissimi danni, morti e feriti anche Popoli, Corfinio, Roccacasale, Pettorano e Tocco a Casauria, così come al di là del versante i centri chietini, colpiti da una seconda scossa qualche ora dopo la principale: Fara San Marino, Palena, Lettopalena, Taranta Peligna e Lama dei Peligni.
Sono pertanto passati 306 anni dall’ultimo terremoto devastante, e la nostra zona assieme ad altre in Italia è indiziata probabilisticamente per una scossa forte nel futuro prossimo. Domani? Nel 2020? Tra 50 anni? Non possiamo saperlo. Ciò che mi preme sottolineare è che non voglio affrontare la situazione con superficialità per la seconda volta.
Anzitutto andrebbe controllata la stabilità di tutti gli edifici pubblici e privati da persone esperte in materia. Successivamente vanno invitate le istituzioni di tutta la Valle Peligna ad organizzare giornate d'informazione nei confronti della popolazione, sia nelle scuole che nelle piazze: è fondamentale che le persone conoscano il rischio del proprio territorio, gli eventi che periodicamente si presentano e il comportamento da tenere prima, durante e dopo una scossa di terremoto.
Sono convinto che la prevenzione sia fondamentale per evitare tragedie, le vittime non vengono provocate dal terremoto ma dall'uomo! In Giappone, in California e in altre zone soggette a terremoti molto forti e frequenti, fin da piccoli, si è coscienti e consapevoli di cosa può accadere e delle misure da adottare nell’occasione. Non possiamo più, al giorno d’oggi, affidarci alla Provvidenza Divina, esorcizzando la paura con frasi come “preghiamo Dio che non faccia il terremoto”: i movimenti nelle faglie presenti nel sottosuolo a chilometri e chilometri di profondità sono qualcosa di ineluttabile: può avvenire oggi, domani, tra 10 anni o tra 100, può interessare la nostra generazione o le future.
Dobbiamo essere pronti nell’evenienza, dobbiamo lavorare da subito tutti insieme per essere in grado di fronteggiare l’evento quando si presenterà, in modo da salvaguardare la nostra città e le nostre case e non piangere una lunga lista nera di parenti, amici e compagni strappati alla vita non dal terremoto, ma dalla negligenza.
                  
FABIO PRESUTTI

Giovani lavoratori


“I giovani e l’agricoltura: quando la passione incontra l’idea”

Approfitto dell’invito della redazione di Spazio Giovane di contribuire alla prima edizione di questo nuovo periodico per coniugare le competenze oggetto della mia attuale avventura politica in un unico tema: il rapporto tra i giovani e l’agricoltura.
Ci troviamo in un momento di crisi senza pari, in cui l’offerta di lavoro è ridotta ai minimi termini, il titolo di laurea ha perso il suo antico splendore e ci si chiede se valga di più la graziosa carta di cui è composto rispetto alle potenzialità che, purtroppo, solo un tempo era in grado di offrire.
La realtà è che abbiamo invaso il settore terziario, lasciando da parte, anzi snobbando, gli altri settori che per decenni hanno trascinato il nostro paese. Nessun genitore di mestiere contadino avrebbe augurato al proprio figlio di seguire le sue orme, si trattava di un lavoro poco dignitoso, poco redditizio, che non compensava in maniera equa gli sforzi e il sudore versato con il compenso ricevuto. Allora tutti all’università, l’importante era avere il posto fisso, la retribuzione garantita. Niente di male, chi non lo vorrebbe? Tuttavia, come molti stanno già facendo, dobbiamo arrenderci davanti l’evidenza: parliamo di tempi andati. Convincersi di ciò non può, non deve, implicare un’automatica rassegnazione nell’attesa di qualche raccomandazione scesa dal cielo per entrare nell’ambito mondo del “posto fisso”.
Possiamo ripartire dalla nostra terra che, è il caso di sottolinearlo, è molto più ricca di altre zone del nostro bel paese: abbiamo acqua in abbondanza, prati verdi e rigogliosi e infinite qualità di colture che si prestano al nostro clima. Sono risorse che non vanno sottovalutate, che potrebbero dare un nuovo impulso all’economia locale. Anche le nostre istituzioni, consapevoli del lento sviluppo di un settore così passato di moda, cercano spesso di stimolarne la ripresa e, volgendosi soprattutto ai giovani, mettono a disposizione svariati incentivi, defiscalizzazioni, per favorire questo mestiere dalle origini ancestrali.
D’altronde il lavoro di cui attualmente necessita la terra non è di certo impegnativo come una volta. Sempre di lavoro si parla, e ben pochi sono quelli non faticosi, tuttavia oggi possiamo approfittare delle evoluzioni della tecnologia, delle innovazioni scientifiche per creare qualcosa di nuovo e importante, sempre nel pieno rispetto di madre natura e della sicurezza alimentare.
Abbiamo già vari e lodevoli esempi di giovani imprenditori locali che hanno avuto il coraggio di avviare piccole imprese agricole, unendo gli antichi saperi e le nuove conoscenze in un connubio perfetto, ma sono convinta che sono ancora molte le opportunità che potremmo sfruttare nel nostro territorio.
Per dare maggior concretezza al pensiero che vi ho espresso basti pensare alla passione che va crescendo per i prodotti biologici, anche in un paese come il nostro dove nemmeno venti anni fa un’attività del genere sarebbe apparsa ridicola ai più e che oggi, invece, gode di un fatturato in continua crescita nonché di una distribuzione riservata ad un numero ristretto di aziende.
O ancora, mi viene da pensare all’Oscar Green, premio di notevole pregio assegnato periodicamente dalla Coldiretti ai giovani più meritevoli nell’ambito dell’innovazione agricola, e non solo. L’anno scorso, ad esempio, per la categoria “Stile e cultura d’impresa” il vincitore nazionale è stato Manuele Ferri (Azienda agricola Ca Lumaco) che ha inventato il primo sistema di tracciabilità di salumi. Nella sua stalla ha installato sofisticate telecamere controllabili da un pc o un telefonino che permettono agli acquirenti di poter visionare l'igiene degli ambienti, il tipo di alimentazione dei maiali, tutti i controlli veterinari e persino la cura della stagionatura delle carni. Inoltre, per garantire la tracciabilità dei suoi salumi, è possibile risalire all'intero albero genealogico dei piccoli maiali tramite il sistema di marchiatura a mezzo di microchip.
Quest’anno invece l’importante riconoscimento è stato assegnato all’azienda agricola Santa Marina e all’Azienda Bisson per aver rispettivamente inventato l’amaro Ulivar  (il digestivo ottenuto dalla spremitura delle olive) e lo spumante invecchiato sott’acqua.
Mi auguro che quanto detto possa aiutarci a comprendere che sono infinite le possibilità di successo, di essere apprezzati e conosciuti dal mercato, nonché di sperare in un futuro migliore, garantito quando la passione incontra l’idea.

Danesa Palombizio

Interviste

DAL TRAUMA ALLE OLIMPIADI

E’ il ventisette
nne Antonio Cippo di Pratola Peligna il secondo tennista in carrozzina d’Italia. Tutto ha avuto inizio nel 2007, anno del suo incidente in moto che ha stravolto completamente la sua vita. Tuttavia l’anno successivo, assistendo ad una esibizione di tennis su carrozzina tra due atleti capitolini a sulmona, ha deciso di intraprendere questa nuova sfida e trasformarla in sogno e, al tempo stesso, in lavoro. Ha iniziato ad allenarsi a Maggio 2009 e, già nel Marzo del 2010, ha partecipato al suo primo torneo. In quell’occasione, osservando da vicino i migliori tennisti italiani, si è appassionato ulteriormente, tanto da avere come obiettivo quello di raggiungere i primi posti in Italia. A distanza di un anno era già al settimo posto con l’obiettivo di confrontarsi con giocatori di calibro internazionale. Quest’anno ha iniziato alla grande la sua carriera internazionale, tanto da giocare in Australia a Gennaio. Cippo, ha vinto quattro tornei, di cui uno internazionale a Salisburgo. Oltre ad essere il secondo assoluto tennista in carrozzina d’Italia, è il cento decimo del mondo e novantesimo del mondo in classifica di doppio. E’ stato convocato fin dall’anno scorso ai raduni tecnici della Nazionale a Bologna e, a Maggio 2012, vestirà per la prima volta la maglia azzurra giocando il suo primo Mondiale. In ogni torneo, confrontandosi con altri giocatori, ha provato nuovi stimoli, nuove emozioni, tanto da puntare sempre più in alto fino a mettercela tutta per diventare stabilmente uno dei primi cinquanta giocatori del mondo, i quali accedono di diritto alle Olimpiadi. Il suo sogno è quello di poter partecipare a Rio de Janeiro nel 2016.
Al di là degli obiettivi raggiunti e quelli prefissati ha trovato nel tennis un opportunità importante per la sua vita, stravolta nel 2007. Il tennis su carrozzina è divenuta ormai la sua occupazione primaria consentendogli  anche di girare il mondo, conoscere nuovi posti, nuove persone, e questo è per lui lo stimolo più grande. La differenza con l’estero dice “E’ che qui le persone vedono la mia disabilità e non la mia carriera da tennista, invece nelle altre nazioni sono un atleta a tutti gli effetti tanto che la mia disabilità è invisibile”. prosegue “Una delle cose più belle che mi è capitata è stata a Brescia, quando dei bambini non mi chiedevano perché ero seduto, ma autografi perché mi riconoscevano tra i giocatori più forti d’Italia”. In ultimo, il fortissimo tennista Antonio afferma che “Qui c’è una mentalità troppo arretrata, tanto da non concepire che anche un ragazzo rimasto sfortunatamente disabile può diventare un grande campione”.

Lorenza Petrella

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Facciamoci una foto.

Se avete cliccato e condiviso almeno una foto oggi, quest’articolo è per voi (anche perché lo scatto, scommetto, ritraeva voi). La mole di fotografie presenti sul social network è davvero colossale, c’è una smania per la fotografia, un’ispirazione nascente nell’autodefinirsi fotografi eccezionali. Una così innaturale vastità di pose da far invidia all’agenzia Magnum, uno sterminio di pudori infranti.
Come molti avranno notato, facebook è diventato il più celebre e considerato luogo comune. Sempre più spesso si sente citato nei momenti quotidiani, prendendo il posto di moltissime altre faccende. Occupando tal volta spazi fondamentali della vita di ognuno di noi. D'altronde si potrebbe dire che mai si era vista una così immensa banca dati, uno strumento dal potere così illimitato e, si sa, l’uomo è ghiotto di certe cose. 
Faccia blu ha avuto il suo boom in Italia nel 2008, sono passati già (o solo!?) quattro anni. La prima generazione a contatto con il social infatti, fu travolta letteralmente dallo splendore della macchina. Dalla sua maneggevolezza e dalla facilità con la quale si potesse sapere tutto degli altri, proprio da loro, senza il bisogno di formali conoscenze. Si potevano mandare mail ma anche chattare, si poteva condividere e anche commentare elementi, immagini, musica e quant’altro. Cose comunque che già erano presenti sul web ma che solo quel genio, stranamente non incompreso, di Zuckerberg poteva pensare di racchiudere su un solo spazio. Nel nuovo mondo, si passava il tempo perdendosi tra le pagine divertenti ed interessanti e si aggiungeva chiunque fra gli amici, anche i nemici. Parlo al passato come se oggi fosse diverso, ma mi sbaglio. C’era parecchia inconsapevolezza in principio e ancora persiste, ancora oggi è tutto come allora, non è passato molto tempo, bisogna dirlo, ma credevo abbastanza da farci capire a quale punto ci trovavamo e tutt’ora troviamo. Perché questo è uno strumento delicato, una trappola oserei dire, dal momento che tutto quello che ci mettiamo sù, diventa di dominio pubblico, effettivamente e legalmente. Ma tutto questo sembra piacerci e non solo a noi sbarbati. Oramai L’onda blu di facebook sta travolgendo anche i più adulti, i nostri genitori, i nostri zii e scommetto persino in qualche caso i nostri nonni. Chiunque sta entrando e pochi o nessuno ne stanno uscendo. Si arriverà presto al miliardo di iscritti. 
Il nostro uso è metodico, abituale ed incosciente  piuttosto che informato e funzionale. Le potenzialità ci sono, c’è chi ci ha fatto scoppiare una rivoluzione carica di significati, prendete la primavera araba, mentre c’è chi ci mostra ogni giorno la sua gioiosa vita e il nuovo look, le sue scarpe nuove, il locale giusto. Noi ovviamente siamo quelli che mostrano le scarpe e su questa nostra tendenza non vorrei dibattere… 
Ci immortaliamo al mondo nudi e crudi (perche almeno lì non abbiamo bisogno di maschere), riempiendo uno spazio inesistente, ma visibile, di nostre immagini, facendo foto con il solo scopo di renderle pubbliche e cercando l’apparenza, ancora lei. La dominatrice del nostro tempo, la musa della nostra generazione, una generazione che non c’è o, meglio, non ci sarà se avanti così. Perché il futuro, si sa, ce lo stanno rubando ( o siamo noi che condividiamo anch’esso?), e la svolta non arriva, la crisi non sembra finire, ne quella economica ne quella dell’anima.
Suonerà molto alla fight club lo so ma noi non siamo un taglio di capelli o un bel culo, eppure ci comportiamo come tali. Internet è una vetrina ed è meglio essere gli acquirenti che non i manichini. Proporre pensieri, non copiarli e incollarli. Aprire gli occhi non si può? Questo fardello telematico ce lo porteremo dietro per sempre e bisogna prendere provvedimenti. Non riesco proprio ad immaginare la mia vita fra vent’anni su face book e voi? Ho difficoltà a farlo e non vorrei mai doverlo fare. E’ un pensiero orribile e non so come facciate voi a conviverci. Dovrei cancellarmi, come tutti, ma la sua utilità è innegabile oltre al sentimento di esclusione che provoca il non esserci. L’unica possibile e salutare soluzione è l’uso consapevole e spassionato. E’ prima di tutto diventare persone migliori nella vita vera, cominciare a considerare veramente i valori e non usarli per scrivere stati incoerenti o cattivoni. Partecipare attivamente alla società e anche formarsi una personalità che valga per lo meno la pena di essere esposta. Questa è la vita, non la pubblicità. Il capitalismo e la cultura di massa vanno combattuti, non siete stufi anche voi di vedere nelle strade manichini D&G e bambole Luis Vitton ubriachi e sorridenti, incoscienti di quello che è e che sarà il mondo? Non siete stanchi di rincorrere le aspettative di qualcun altro che vi dice come è giusto che si vesta e quali siano le abitudini più cool? Il web è libero o almeno dovrebbe esserlo, ma è un coltello che non siamo noi a tenere dalla parte del manico, piuttosto siamo suoi ostaggi, malinconici spiriti senza un realtà, senza una dignità. Il mio è un messaggio di impotenza perche so che queste parole saranno per lo più ignorate, perche ognuno si sente d’esser l’unico che capisce ma io non voglio insegnare nulla a nessuno.. Da soli però non si può far altro che rassegnarsi alle cose e lasciarsi naufragare in un mare che non è poi così tanto dolce.


Guardate le vostre foto ora, siete sicuri di esser voi? Potreste dire di non essere come qualcuno vuole che siate?

J. C.

Miscellanea


IL TIMORE DELLA CONOSCENZA
DUBBI E PAURE DELLO SCIENZIATO

Oggigiorno viviamo in un mondo in cui il progresso scientifico, caratterizzato da una costante evoluzione, ha raggiunto limiti inverosimili ed inimmaginabili, stimolato all’inizio del XX secolo, dallo scoppio dei due conflitti mondiali. Fin dai tempi passati però, lo sviluppo del nostro sapere scientifico è stato minato da una serie di fattori secondari, 
appartenenti o in qualche modo correlati a realtà concettuali, etiche e morali. Emblematico fu il caso di Galileo Galilei il quale si trovò a percorrere un vero e proprio fiume controcorrente e a fronteggiare tutti gli insensati dogmi imposti dalla chiesa. In quegli anni la chiesa, tramite la censura, era impegnata in un’intensa battaglia ideologica, volta a difendersi da tutti quegli attacchi provenienti dal mondo del progresso e protesi a snaturalizzare la concezione religiosa e divina dell’universo. Un ruolo fondamentale è stato svolto dall’inquisizione, la prima paura dello scienziato dell’epoca, in perenne equilibrio sul sottile discrimine che differenzia l’eretico e il non. Con il passare dei secoli e
il conseguente deterioramento del muro repressivo ecclesiastico, si registrò la diffusione della cultura su larga scala. Ciò fu possibile grazie alla comparsa di grandi innovazioni che hanno delineato il clima di fiducia nelle possibilità dello scienziato e dell’individuo. La presenza di strumenti utili per spiegare e conoscere il reale ci consentì anche di dominarlo, asservendo pienamente l’ideale positivista di fine '800 ma celando la realtà dei fatti, ovvero come il progresso avvenga su uno sfondo di paure e sospetti. Bisogna ricordare infatti che una certa scoperta oltre a generare un ‘effetto positivo, può generare delle conseguenza catastrofiche ed imprevedibili. Ed è in virtù di tali possibili conseguenze che 
fin dagli albori la scienza è stata circondata da un alone di generale diffidenza. L’uomo di scienza è ben conscio del fatto che la ragione umana non era e non è ancora in grado di piegare le forze della natura. L’incapacità dell’uomo di riconoscere la proprio finitezza e l’impossibilità di gestire tutte le realtà naturali generò uno spirito di competizione 
che sfociò nel processo di politicizzazione del sapere. Nacque quindi un ‘ulteriore dubbio sulla legittimità di tale azione.
 La scienza deve o non deve essere il risultato della brama conoscitiva dell’uomo, piuttosto che una meschina volontà di superiorità? D’altronde la bomba atomica non è nient’altro che questo, il prodotto di una scienza corrotta indirizzata esclusivamente al raggiungimento di fini politici e bellici. Le conseguenze terribili sono due città rase al suolo, 
Hiroshima e Nagasaki, e centinaia di migliaia di morti. Oltre a questo sconcertante dato oggettivo, l’esplosione atomica ebbe un altro risultato indiretto, ovvero l’acquisizione della consapevolezza che il percorso verso un futuro controllo delle forze naturali era ormai stato avviato. Ancor’oggi però la meta appare alquanto distante. Questo è un ulteriore 
dubbio o paura propria dello scienziato, cioè il timore di vedere perennemente irrealizzato il suo obiettivo di una scienza dominatrice di ogni cosa. E’ opportuno citare l’episodio del fisico Enrico Fermi che, nonostante l’opposizione dell’amico Heisenberg riguardo la sperimentazione della bomba a idrogeno affermò : “Eppure è un così bello esperimento”, mostrando come lo scienziato senta la necessità di equipararsi alla natura, cercando di comprenderne la struttura. 
 A partire dagli anni ’50 in poi, la paura di essere complici di qualcosa più grande di loro, di qualcosa di cui non ci si sarebbe mai voluto assumere la responsabilità, come un genocidio di massa, portò molti scienziati a rinnegare le loro scoperte in ambito nucleare ed a espiare le loro colpe addirittura con la morte. Così facendo diedero rilievo al 
già citato problema dell’impossibilità di controllare non solo la natura, ma anche di gestire e condizionare il progresso scientifico.
 Attualmente la scienza rivendica la sua libertà originaria, una libertà in realtà mai ottenuta a causa della sua coesistenza con entità superiori che tendevano ad assoggettarla. E’ per l’enigmatica assenza di tale libertà che molti si interrogano se la scienza abbia avuto effetti utili sull’uomo e se il suo incombere sulla vita dell’essere umano non sia stato altro che l’inizio della fine. E’ questa la sua più grande paura.

Mario Pizzola

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La cultura del baretto

Qualche giorno dopo la festa della madonna della libera, a due anni dalla maturità classica, non avendo più messo piede nel mio liceo per vari motivi di cui me ne pento amaramente, incontrai per caso il mio vecchio professore di filosofia in visita a Pratola. Dopo i vari convenevoli di rito, il professore iniziò a complimentarsi con me per la bellezza del nostro santuario e per il calore e l’entusiasmo che la nostra festa riusciva a trasmettere ma, ad un certo punto, mi confessò di essere rimasto molto sorpreso da un particolare, l’alta concentrazione dei bar nel centro peligno, e me ne chiese la motivazione. Soddisfatto e sorpreso da questa richiesta, dissi che, a Pratola, il bar è una sorta di istituzione. Gli spiegai che, nonostante qualcuno vedesse il bar, o meglio chi li frequenta assiduamente, come un aspetto negativo di una cittadina, casa adottiva di nullafacenti o di perdigiorno, tale non era.
Gli dissi che il bar a Pratola è un simbolo di attaccamento al proprio paese, il luogo conviviale per antonomasia, un punto d’incontro dove scambiare quattro chiacchiere con i presenti durante un caffè. Dove passare una serata bevendo qualcosa in compagnia senza sentire il bisogno di doversi spostare per divertirsi di più, dove dimenticare i propri problemi di lavoro, di studio o di vita; e che, a volte, diventa simposio, cioè il dopocena alcolico, il luogo della conversazione, della discussione e del pensiero per eccellenza ma, inevitabilmente, si erge anche a simbolo della provincia italiana.
Tutto perplesso continuava a non capire, così rincarai la dose affermando che, da noi, il bar diventa simbolo di condivisione; si esce recandosi al bar, sapendo già chi incontrerai e di cosa parlerai; vi si reca per vedere qualcuno in particolare.
Mi chiese se erano tutti uguali. Gli feci capire che ognuno ha la propria caratteristica e la sua fedele clientela. C’è quello più in, quello per vecchi, quello per tutti ma ognuno è teatro di accese discussioni di sport, di politica, di vita e di qualsivoglia argomento ma è anche uno dei luoghi dove apprendere qualcosa che non si conosce a fondo, dove gettare per un po’ il proprio cappotto di superbia ed aprirsi a chiunque, mettersi a confronto  alla pari, o almeno io la vedo così. Un aspetto importante su cui mi concentrai fu l’assenza di rivalità o di forme di antagonismo tra i vari proprietari: tutti si conoscono e, durante il proprio giorno di riposo settimanale, vanno dai colleghi per un caffè. Si mettono d’accordo sulle serate da fare e su quando farle per non ostacolarsi a vicenda. Addirittura a volte, collaborano facendo una serata unica in un locale ma con più baristi coinvolti.
Provai a spiegargli il perché ma proprio non riuscì a capire e così ci congedammo insoddisfatti entrambi. Lui per non aver afferrato in pieno quello che dicevo ed io per non esser riuscito a trasmettergli la nostra esperienza e visione.

M. Ted

Moda

RUBRICA DI MODA

Foto 3
Nel mio esordio "giornalistico" vorrei farvi un quadro generale di ciò che succede nel mondo del fashion design. Nulla è nuovo,tutto prende spunto dagli anni 50,60,70 e 80.
Dal '90, infatti, non esiste più un vero e proprio costume che rappresenti un decennio:si recupera,si rielabora,la moda diventa "vintage" e la qualità e il valore di un prodotto sono quelli di vent'anni fa.

A fare la differenza sono i materiali e gli accessori.rielaborazioni oversize di motivi classici,floreali o disegni cartoon.quest'ultimi, fonti di ispirazione per la nuova collezione di sneaker "converse",firmate marvel (foto 1).
Nelle ultime sfilate di new york,londra,milano,parigi, a fare da protagonista sono stati i fantastici anni '60,op e pop art. Stampe che ricordano la carta da parati e i motivi floreali già visti a woodstock che, in patch-work, risaltano le fantasie e le cromie tipiche del '68. (foto 2)
Per l'inverno, Missoni,Marc Jacobs,Fendi e Alberta Ferretti hanno scelto le piume,le pelli e le pellicce stile giungla. (foto 3)
Per natale, i colori scelti dagli stilisti sono quelli autunnali,in prevalenza un verde spento.
Buone feste!

Alessia Del Gizzi


Foto 2
foto 1













Arte


Caspar David Friedrich
(Greifswald,5 settembre 1774-Dresda,7 maggio1840)


Uomo e donna in contemplazione della luna - 1824 ca. - olio su tela, 34x44 cm.
Questa opera di Caspar David Friedrich (pittore vissuto tra il 1774 ed il 1840 e soprannominato il pittore del silenzio) è un lusso per l’anima e per la mente perché questa atmosfera di quiete, di calore e di intimità tra amanti e natura creata nella tela sarebbe difficile da riscontrare attualmente.
Soli a guardare il cielo serale mentre un silenzio avvolgente soffoca qualsiasi altro inutile pensiero.


Campagna al mattino (L'albero solitario), 1822, olio su tela, 55x71 cm

Croce in montagna (Altare di Tetschen), 1807-1808, olio su tela, 115x110,5 cm

Croce in montagna, 1812, olio su tela, 44,5x37,4 cm
Le bianche scogliere di Rugen,olio su tela,,90,5 x 71 cm

Mattina nel Riesengebirge, 1810-11, olio su tela, 108x170 cm

Paesaggio serale con due figure, 1830-1835 ca. Olio su tela, 25x31 cm


Sera sul mar Baltico, 1831 ca. Olio su tela, 54x71,5 cm
Sul velerio, 1819 ca. Olio su tela, 71x56 cm

Viandante sul mare di nebbia, 1818 ca. Olio su tela, 94,4x74,8 cm

Luca Barabba Colaiacovo


Sport


STUDIO+SPORT? YES,WE CAN. ECCO COME...

Se é vero che Spazio Giovane è un punto di incontro delle nostre esperienze di ragazzi – in sede e fuori -, deve esserlo in tutti i settori della vita, soprattutto nello sport che rappresenta il modo più diretto per tenere sano e in forma il corpo e per trascorrere un po' di tempo all'aria aperta. Per questo, nel primo articolo da inserire nella sezione sportiva del giornale, ho deciso di raccontarvi la mia esperienza nello sport bolognese, in particolare nel calcio, anche per smentire le voci di coloro i quali affermano che il binomio studio+sport sia poco attuabile.
Ad essere sincero, quando ho fatto la scelta di andare fuori regione per proseguire il mio percorso di studi, alla preoccupazione di lasciare Pratola, la mia famiglia e i miei amici si aggiungeva quella di non poter più coltivare la mia passione per il calcio, che ha rappresentato una costante nella mia infanzia e adolescenza. Da subito mi sono attivato per cercare squadre a Bologna e dintorni, mandando anche alcune mail senza però ricevere alcuna risposta. Le mie speranze si andavano affievolendo di giorno in giorno, erano ormai passate già due settimane da quando mi ero trasferito nel capoluogo emiliano e non avevo trovato soluzione al problema.
Poi a fine settembre, recatomi allo stadio per seguire Bologna-Inter, tramite un amico comune ho incontrato un ragazzo abruzzese che, venuto a conoscenza della mia voglia di giocare a pallone, mi ha proposto di provare ad effettuare un allenamento con la sua formazione. Già il nome era tutto un programma: si chiamava – e si chiama tutt'ora - Lasagne F.C., militante nella categoria Seniores del campionato UISP. Molti di voi, a questo punto, si staranno chiedendo cosa sia questa “UISP”. Alcuni l'avranno già sentita nominare in occasione delle gare podistiche organizzate nella nostra zona, altri invece non sapranno nemmeno di cosa si parli. Io avevo una vaga idea, ma come voi non mi ero mai imbattuto in questa associazione. Cosa fa in concreto? Essa si occupa di estendere, mediante comitati provinciali, la pratica di numerose attività alla più ampia fascia di cittadini possibile, primo tra tutti il calcio che da sempre rappresenta il passatempo preferito degli italiani. In Emilia la UISP ha un'organizzazione ben radicata e pubblicizzata, a differenza di quanto avviene nella nostra zona, tramite convenzioni con centri sportivi e negozi specializzati, e forse anche grazie a un più grande bacino d'utenza a disposizione, composto da studenti e lavoratori fuorisede in cerca di uno svago e di un'attività utile sia al fisico sia alla mente, in particolare nei casi di tutte quelle persone come me catapultate da un paesino alla realtà di città in breve tempo.
Tornando alla mia esperienza, il mercoledì successivo alla partita mi sono recato all'allenamento delle Lasagne, trovandomi subito a mio agio in un gruppo ben amalgamato di giovani e meno giovani in cui spicca una massiccia rappresentanza della nostra regione. Il primo anno è stato un successo: le Lasagne hanno trionfato in campionato, perdendo però in una semifinale tutta abruzzese (disputata contro una compagine formata da ragazzi di Vasto) la possibilità di poter disputare la finalissima allo stadio Dall'Ara, che avrebbe sancito il team vincitore dell'intera categoria Seniores provinciale. Comunque promosse in Eccellenza Uisp, le Lasagne sono ripartite forte nella nuova stagione cogliendo 3 vittorie e 1 sconfitta, che fa sognare ancora il tanto agognato stadio situato sotto il colle San Luca. Da più di un anno dunque, due volte alla settimana mi ritrovo in compagnia di questa bella truppa, un motivo in più per integrarmi al meglio nella città felsinea e per non rimpiangere la scelta fatta ormai più di un anno fa. Sempre a Bologna, poi, ho avuto modo di entrare in stretto contatto con un'altra faccia del pallone, quella giornalistica. Ma di questo magari vi parlerò nel prossimo numero.


Luigi Polce