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18 dic 2012

Miscellanea


IL TIMORE DELLA CONOSCENZA
DUBBI E PAURE DELLO SCIENZIATO

Oggigiorno viviamo in un mondo in cui il progresso scientifico, caratterizzato da una costante evoluzione, ha raggiunto limiti inverosimili ed inimmaginabili, stimolato all’inizio del XX secolo, dallo scoppio dei due conflitti mondiali. Fin dai tempi passati però, lo sviluppo del nostro sapere scientifico è stato minato da una serie di fattori secondari, 
appartenenti o in qualche modo correlati a realtà concettuali, etiche e morali. Emblematico fu il caso di Galileo Galilei il quale si trovò a percorrere un vero e proprio fiume controcorrente e a fronteggiare tutti gli insensati dogmi imposti dalla chiesa. In quegli anni la chiesa, tramite la censura, era impegnata in un’intensa battaglia ideologica, volta a difendersi da tutti quegli attacchi provenienti dal mondo del progresso e protesi a snaturalizzare la concezione religiosa e divina dell’universo. Un ruolo fondamentale è stato svolto dall’inquisizione, la prima paura dello scienziato dell’epoca, in perenne equilibrio sul sottile discrimine che differenzia l’eretico e il non. Con il passare dei secoli e
il conseguente deterioramento del muro repressivo ecclesiastico, si registrò la diffusione della cultura su larga scala. Ciò fu possibile grazie alla comparsa di grandi innovazioni che hanno delineato il clima di fiducia nelle possibilità dello scienziato e dell’individuo. La presenza di strumenti utili per spiegare e conoscere il reale ci consentì anche di dominarlo, asservendo pienamente l’ideale positivista di fine '800 ma celando la realtà dei fatti, ovvero come il progresso avvenga su uno sfondo di paure e sospetti. Bisogna ricordare infatti che una certa scoperta oltre a generare un ‘effetto positivo, può generare delle conseguenza catastrofiche ed imprevedibili. Ed è in virtù di tali possibili conseguenze che 
fin dagli albori la scienza è stata circondata da un alone di generale diffidenza. L’uomo di scienza è ben conscio del fatto che la ragione umana non era e non è ancora in grado di piegare le forze della natura. L’incapacità dell’uomo di riconoscere la proprio finitezza e l’impossibilità di gestire tutte le realtà naturali generò uno spirito di competizione 
che sfociò nel processo di politicizzazione del sapere. Nacque quindi un ‘ulteriore dubbio sulla legittimità di tale azione.
 La scienza deve o non deve essere il risultato della brama conoscitiva dell’uomo, piuttosto che una meschina volontà di superiorità? D’altronde la bomba atomica non è nient’altro che questo, il prodotto di una scienza corrotta indirizzata esclusivamente al raggiungimento di fini politici e bellici. Le conseguenze terribili sono due città rase al suolo, 
Hiroshima e Nagasaki, e centinaia di migliaia di morti. Oltre a questo sconcertante dato oggettivo, l’esplosione atomica ebbe un altro risultato indiretto, ovvero l’acquisizione della consapevolezza che il percorso verso un futuro controllo delle forze naturali era ormai stato avviato. Ancor’oggi però la meta appare alquanto distante. Questo è un ulteriore 
dubbio o paura propria dello scienziato, cioè il timore di vedere perennemente irrealizzato il suo obiettivo di una scienza dominatrice di ogni cosa. E’ opportuno citare l’episodio del fisico Enrico Fermi che, nonostante l’opposizione dell’amico Heisenberg riguardo la sperimentazione della bomba a idrogeno affermò : “Eppure è un così bello esperimento”, mostrando come lo scienziato senta la necessità di equipararsi alla natura, cercando di comprenderne la struttura. 
 A partire dagli anni ’50 in poi, la paura di essere complici di qualcosa più grande di loro, di qualcosa di cui non ci si sarebbe mai voluto assumere la responsabilità, come un genocidio di massa, portò molti scienziati a rinnegare le loro scoperte in ambito nucleare ed a espiare le loro colpe addirittura con la morte. Così facendo diedero rilievo al 
già citato problema dell’impossibilità di controllare non solo la natura, ma anche di gestire e condizionare il progresso scientifico.
 Attualmente la scienza rivendica la sua libertà originaria, una libertà in realtà mai ottenuta a causa della sua coesistenza con entità superiori che tendevano ad assoggettarla. E’ per l’enigmatica assenza di tale libertà che molti si interrogano se la scienza abbia avuto effetti utili sull’uomo e se il suo incombere sulla vita dell’essere umano non sia stato altro che l’inizio della fine. E’ questa la sua più grande paura.

Mario Pizzola

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