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22 mar 2013

Attualità


BONUS

“…avevo perso tutto, tutto... Uscii dal Casinò, mi frugai e dal taschino del panciotto spuntò ancora un gulden: <meno male ci sarà di che pranzare!> pensai tra me e me, ma fatto un centinaio di passi, ci ripensai e tornai indietro. Puntai quel gulden sul manque. Ero da solo, in un paese straniero, lontano dagli amici, senza sapere che cosa avrei mangiato a cena, e puntai l’ultimo gulden, l’ultimo…l’ultimissimo!”

(Dostoevskij, Il Giocatore)

Partiamo dal presupposto che tutti siamo dipendenti da qualcosa. Chi più chi meno.
C’è chi è dipendente dal Crack e chi dalle macchinette di Cocco, chi è dipendente dal sesso e chi dalle macchinette di Parola, chi dallo Xanax e chi dalle macchinette di Palazzo, chi dal pettegolezzo e chi dalle macchinette di Centrale, chi dall’alcol e chi dalle macchinette di Bistecca, chi dal Rosario e chi dalle macchinette di Caffè del Corso…eccetera eccetera gallina gallina uovo uovo bonus.
Da qualche anno nei convegni di psichiatria si fa sempre più riferimento alle “new addictions”. Nelle nuove dipendenze, rientrano tutte quelle forme di assuefazione in cui l’oggetto della dipendenza è un’attività legalmente lecita e per questo più facilmente accettata dalla società. Queste “new addictions” secondo autorevoli pareri medici non sarebbero, però, meno gravi rispetto alle dipendenze illecite, dal punto di vista dei risvolti sulla salute e sulla dignità della persona. Controllate voi stessi, provate a fare una ricerca di articoli scientifici sulle new addictions sul sito http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed.
La dipendenza derivante da una particolare condotta può essere valutata in base a diversi parametri. La gratificazione e il craving sono a mio avviso le due misure più fedeli. La gratificazione è un criterio soggettivo, rappresenta il grado di piacere che ci pervade quando facciamo una determinata cosa. Il craving, invece, è la ricerca spasmodica (che può coglierci in ogni momento della giornata) del piacere derivante da una condotta.
E’ facile capire se si è dipendenti da qualcosa, ad esempio se si è dipendenti dal gioco alle slot machine. L’unico sforzo è quello di essere un tantino onesti con se stessi. Tenete conto che quando rispondete a voi stessi (pur mettendoci il massimo della buona fede) tenderete sempre a rendere la cosa un po’ meno grave di ciò che è in realtà.
Detto questo, provate a rispondere a queste due domande:
1.     Mi sento gratificato mentre gioco alle slot?
2.     Quando sono lontano dalle slot, mi capita di pensare alle slot?
Se avete risposto NO e non avete bluffato siete fuori pericolo. Se avete risposto SI, mi dispiace dirvelo ma siete dipendenti seppur onesti. Se invece avete risposto NO bluffando, avete un disturbo schizofrenico della personalità oltre che un disturbo da dipendenza dal gioco, in quanto non riuscite più a distinguere gli avversari del poker on-line da voi stessi.
Ora passiamo al livello successivo, provate a rispondere a queste altre domande e se ad almeno tre di queste risponderete SI, la vostra dipendenza è grave e farete bene a rivolgervi in fretta a uno psichiatra o a un centro per la disintossicazione dal gioco d’azzardo.
1.     Mi è mai capitato, la mattina presto, di aspettare fuori dal bar che arrivassero ad aprire, per continuare una partita interrotta la sera prima?
2.     Mi è mai capitato di fare la punta a un giocatore per più di un’ora e mezza sperando che perdesse tutto in modo da subentrare al suo posto e avere più possibilità di un jackpot? (Cosiddetto sciacallaggio) (Per lo sciacallaggio, serve una certa destrezza che si acquisisce con l’esperienza. In genere il giocatore...vecchio lupo di mare...cerca di confondere l’opinione dei presenti giocando qualche euro alla macchinetta vicino)
3.     Mi capita spesso di sognare uova d’oro o galline?
4.     Mi è mai capitato di ascoltare in che modo scende l’euro, una volta che lo inserisco? (Questo è il cosiddetto metodo dell’Indiano; il tipico giocatore che usa questo metodo, infatti, assume la stessa mimica facciale degli Indiani d’America che si accovacciavano accostando l’orecchio alle rotaie per sentire se c’era un treno in avvicinamento. Il giocatore in questione è convinto, nelle sue turbe psichiche, che se l’euro fa un determinato tipo di rumore mentre scende giù, allora la macchinetta è pronta a pagare.)
5.     Mi è mai capitato di chiamare un mio amico dopo mezzanotte dicendogli: “Prestami 50 è un investimento sicuro, già c’ho giocato 300 e quello prima di me 200, mò paga per forza”?
6.     Mi è mai capitato di dire al barista: “Non ci far giocare nessuno vado un attimo a fare una telefonata e torno”? (In realtà stavo andando a ritirare al bancomat)
7.      Mi è mai capitato di giocare alle slot l’equivalente di almeno metà del mio stipendio in una sola sera?
8.     Mi è mai capitato di dire ho perso 70 però ne ho recuperati 30, e in realtà ne avevi persi 90 e ne avevi recuperati 10? (Non so perché, ma il vero giocatore in genere si vergogna sempre un pò a dichiarare tutto quello che ha perso)
9.     Mi è mai capitato di accettare prestiti da usurai che si fingono amici e che mentre sto perdendo rovinosamente si avvicinano sussurandomi: “ Ti do una mano?”
10. Mi è mai capitato di pensare “io non sto messo come lui” mentre vedo un altro giocatore giocare le stesse somme che, a pensarci bene, gioco anch’io?
11. Mi è mai capitato di urlare contro il barista: “Se me la spegni adesso, sei un bastardo, siete dei ladri, le ultime due partite e poi la spegni daiiiiii!!”?
Qualche settimana fa mi sono trovato a parlare con uno psichiatra molto più grande di me, con un’esperienza ospedaliera trentennale e ho chiesto informazioni sulla dipendenza da gioco d’azzardo, in particolare da slot machine. Mi sono sentito rispondere testuali parole: “ Si arriva a dei casi in cui la dipendenza è peggio dell’Eroina, le gratificazioni date dal gioco sono fortissime.”
Io, che i giocatori li ho sempre visti, tutto sommato, come dei poveri diavoli con un non so che di romantico, dopo le parole dell’amico psichiatra, mi sono interessato ancora di più all’argomento. Ho deciso così, di concentrarmi sui giocatori di slot machine, di parlarci, di guardarli negli occhi, per cercare di capire un po’ di più il loro modo di pensare.
Purtroppo, l’unica cosa che traspare, dopo settimane di osservazione, è un inaridimento morale. Davanti alle macchinette sono praticamente ipnotizzati. Anche oggi, al bar, la scena che ormai mi sono abituato a vedere, si ripete. Tre persone giocano totalmente assorte. Avvicino un signore, avrà sulla quarantina, riesco a parlarci perché conoscente del mio coinquilino, gli faccio qualche domanda sulla sua dipendenza ma lui ride perché non pensa affatto di essere dipendente. Il ragazzo accanto invece è cosciente della sua dipendenza ma per oggi va bene così...oggi ha vinto. Ci offre una birra, si brinda e si rimanda a domani per un ipotetica e definitiva redenzione...chissà. Mi giro e trovo un altro signore all’apparenza molto sveglio e simpatico, mi fa: “Lasciali stare i giocatori. Le macchinette sono una tassa sulla stupidità. In quanto stupidi, è giusto che paghino dazio allo Stato”
Nella città di Pavia iniziano ad essere rilasciati da parte di associazioni contro il gioco d’azzardo, degli attestati agli esercizi pubblici che hanno deciso di non usare le slot machine al loro interno. Questi bar, oltre ad essere segnalati da un apposito sito internet www.senzaslot.it espongono nel loro caffè la targhetta: “Noi abbiamo deciso di non rovinare le persone”.
Faccio un attimo mente locale e non mi viene in mente nessun bar a Pratola senza slot.
Ogni volta che ho chiesto a un barista il perché avesse deciso di mettere le macchinette nel proprio locale le risposte sono state sempre le stesse. “le macchinette mi permettono di avere una quota fissa al mese...con i tempi che corrono...mi ci pago l’affitto del locale...mi ci pago le bollette...ci pago la ragazza che lavora da me.”
E vabbè, ognuno fa i conti con la propria coscienza e con la propria tasca.
Per quanto mi riguarda sceglierei sempre un bar senza macchinette per fare un aperitivo rispetto ad uno con le macchinette. Non è molto bello sorseggiare un campari in compagnia, mentre nella stessa stanza si consumano drammi umani.


Flavio Santilli

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