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22 mar 2013

Politica


LA LEGGE ELETTORALE? CAVOLO SE è IMPORTANTE

Nel numero del 23 Gennaio di questo giornale, Antonio Di Bacco scriveva <<ammazziamo il Porcellum>>. Alla prova dei fatti è stato dimostrato che la sua tesi era giusta. Il parlamento e con esso il Paese è totalmente bloccato. Non ci vergogniamo a dire che forse è la legge più ignobile che la Repubblica abbia mai avuto. L’unico modo che abbiamo per avere un governo è far svendere le proprie idee ai parlamentari, almeno quando una parte tendenzialmente maggioritaria in Italia non si affermi nettamente. Un teorema che si rispetti ha però bisogno di una valida dimostrazione. Allora giustifichiamo la nostra affermazione, guardando all’estero. Francia- Il voto per il presidente e per il Parlamento è separato, quindi è possibile una coabitazione tra un presidente di un partito e una maggioranza opposta, anche se dopo la riforma che ha portato da 7 a 5 gli anni di durata del mandato presidenziale (come 5 è la durata del Parlamento) l’eventualità è più rara. Il Parlamento è composto da Senato e Assemblea Nazionale. Il primo è eletto indirettamente a livello locale, e viene rinnovato ogni 3 anni per metà. L’Assemblea Nazionale ha invece un sistema di voto diretto maggioritario a doppio turno: vi sono 577 seggi in palio, corrispondenti ad altrettanti collegi uninominali. Viene eletto al primo turno il candidato che ottiene la maggioranza assoluta purché i voti conseguiti siano pari ad almeno un quarto degli elettori iscritti nelle liste del collegio. In mancanza di questo, vanno al ballottaggio i candidati che abbiano conseguito al primo turno almeno il 12,5% per cento del totale degli iscritti del collegio elettorale. Tipicamente vanno al ballottaggio i candidati dei due principali partiti, anche se negli ultimi anni la crescita del Front National ha reso piuttosto comuni i ballottaggi a tre. L’elezione del presidente della Repubblica avviene, come detto, separatamente ma a breve distanza da quella dell’Assemblea, e anche in questo caso si vota direttamente per il candidato con possibilità di ballottaggio. Il presidente nomina il primo ministro, che non ha bisogno della fiducia iniziale dell’Assemblea anche se può essere sfiduciato successivamente. Come tutti i sistemi maggioritari, anche quello francese ha consentito un netto bipolarismo, anche se non un bipartitismo come in Gran Bretagna. Ma questo è stato ovviato con il ballottaggio: prima di scelgono i due migliori pretendenti e poi fra questi il Presidente o i deputati all’Assemblea Nazionale. C’è da dire che la Francia è una repubblica semipresidenziale, dove la forza del presidente, garante dell’attività di governo, sta nel mandato popolare. Invece l’Italia è una repubblica parlamentare, ma come già detto anche il parlamento in Francia viene eletto con il maggioritario con il doppio turno. Spagna- La Spagna è una monarchia costituzionale, con un re (Juan Carlos) che ha ruolo di rappresentanza e di garanzia. Il potere esecutivo è nelle mani del Primo ministro, eletto dal Parlamento (Cortes Generales). Quest’ultimo è suddiviso in due rami, Camera e Senato, che si rinnovano ogni 4 anni e hanno sistemi di elezione diversi. Il Senato consta di 259 membri, 208 dei quali sono eletti direttamente dalle province: in ogni provincia i partiti indicano tre candidati e gli elettori votano sulla scheda direttamente i nomi. Le province peninsulari eleggono 4 senatori (3 per il partito di maggioranza, 1 per il secondo), mentre le province insulari 2 o 3. Gli altri 58 senatori vengono eletti dalle comunità autonome ma indirettamente. La Camera invece adotta un sistema differente, un proporzionale che in tempi recenti è stato indicato anche da diversi politici di casa nostra come il possibile modello per una riforma elettorale italiana. Vediamo come funziona. La Camera è composta da 350 deputati, e il paese viene diviso in 52 circoscrizioni, alcune molto piccole, in cui l’elettore vota il partito e i seggi vengono poi allocati in maniera proporzionale alla popolazione. Esiste una soglia di sbarramento al 3%, ma di fatto diventa molto più alta nelle circoscrizioni più piccole, dove il basso numero di seggi assegnati fa sì che abbiano chance di entrare in Parlamento solo i partiti che superano il 20 o 30%, con ovvio vantaggio per le due formazioni maggiori (PP e PSOE) o per i partiti con forte radicamento territoriale. Non a caso anche la Lega Nord in Italia aveva sponsorizzato questo sistema, che spesso garantisce una sovrarappresentazione per le formazioni regionali. Oltre alla soglia di sbarramento, un altro vantaggio per i partiti maggiori viene dato dal sistema di ripartizione dei seggi, che segue il cosiddetto Metodo D’Hondt, che peraltro veniva usato nelle provinciali italiane e nel Mattarellum per eleggere i senatori. Con questo sistema, in ogni collegio i voti validi ottenuti da ciascun partito vengono divisi per numeri progressivi crescenti fino a coprire i seggi disponibili: a questo punto viene stilata una tabella da cui si selezionano i numeri più alti, che corrispondono ai deputati eletti per ciascun partito. Questo sistema, rispetto ad altri di ripartizione proporzionale, avvantaggia i grandi partiti e riduce la frammentazione. In sintesi, quindi, si tratta di un proporzionale puro che però garantisce un sostanziale bipolarismo e permette la formazione di maggioranze stabili (grazie a un sostanziale premio di maggioranza “implicito”) riducendo sia la frammentazione, sia la necessità di ricorrere a grandi coalizioni. Come già detto il sistema, pur essendo tutto sommato buono, potrebbe dare eccessivo peso a formazioni politiche locali che potrebbero tenere in ‘’ostaggio’’ il partito che ha vinto le elezioni e di conseguenza il governo (e noi ne sappiamo qualcosa). Sconvenienti facilmente eliminabili comunque.Germania- La Germania è una repubblica federale parlamentare, con un presidente eletto dal Consiglio federale ogni cinque anni (e con poteri simili al Presidente della Repubblica italiana). A guidare il governo è il Cancelliere, che viene proposto dal Presidente ma eletto dal Budestag. Il Parlamento è diviso in due rami: il Bundesrat (la camera dei Lander, i cui componenti vengono decisi sulla base dei risultati nelle elezioni regionali) e il Budestag, la Camera eletta direttamente. Il sistema elettorale tedesco è un proporzionale puro, con collegi uninominali (e per questo a volte viene erroneamente descritto come un misto tra proporzionale e maggioritario). Ogni 4 anni (le prossime elezioni saranno a novembre 2013) gli elettori vengono chiamati a votare con due schede: con una si votano direttamente i candidati del collegio uninominale, con l’altra si vota un partito (che presenta una lista bloccata di nomi). È dai risultati della seconda scheda che si decide, in proporzione, la ripartizione dei seggi, con una soglia di sbarramento al 5%: in pratica con la seconda scheda si decide quanti parlamentari sono eletti per ciascun partito, con la prima quali. I seggi del Bundestag sono almeno 598, di cui 299 vengono allocati dai collegi uninominali (e cioè eletti direttamente) e gli altri 299 tramite i listini bloccati. Una volta stabilita la ripartizione tra i partiti (e all’interno dello stesso partito, su base regionale), i candidati vincitori nei collegi uninominali vengono eletti fino al raggiungimento dei seggi conquistati dal partito di appartenenza: se il partito ha eletto nei collegi un numero inferiore di candidati rispetto ai seggi vinti, gli altri vengono eletti dal listino bloccato. Se viceversa ha eletto più candidati uninominali rispetto al numero di seggi conquistati, si aumenta la composizione del Bundestag fino a contenere tutti i vincitori nei collegi uninominali (mandati in soprannumero). Possono essere eletti anche i candidati nei collegi uninominali appartenenti a partiti che non hanno superato lo sbarramento. La soglia di sbarramento al 5%, inoltre, non si applica per quei partiti che hanno eletto almeno 3 deputati nei collegi uninominali. In sostanza è un sistema molto gradito ai piccoli partiti, che non favorisce un bipolarismo netto (neanche in Germania dove comunque sono due i partiti maggiori) e spesso porta alla necessità di formare coalizioni eterogenee per avere una maggioranza solida: è il caso della Grande Coalizione guidata da Angela Merkel nel suo primo mandato, quando nello stesso governo comprendeva sia CDU che i socialisti del SPD. Sinceramente penso che un sistema così possa funzionare solo grazie al pragmatismo e all’alto senso di responsabilità tedeschi. Possiamo dire anche noi di avere le stesse qualità?Regno Unito- Il Regno Unito è una monarchia parlamentare “di fatto”, poiché non esiste una costituzione scritta e solo il Bill of Rights del 1689 stabilisce la sovranità parlamentare sul monarca. Tuttavia, in linea teorica il sovrano può nominare Primo ministro qualsiasi cittadino britannico, anche se la convenzione non scritta vuole che si tratti del leader del partito che vince le elezioni. Il Parlamento è composto da due rami, una Camera dei Lord formata da membri per diritto ereditario e membri nominati e svolge una funzione di emendamento e veto sulle leggi approvate dall’altro ramo, la Camera dei Comuni, che è il vero fulcro della democrazia inglese. Il sistema maggioritario puro favorisce i due partiti storici della Gran Bretagna, i conservatori e i laburisti, penalizza le formazioni minori ma avvantaggia le realtà locali con forte radicamento territoriale. Come tutti i sistemi maggioritari, presenta il rischio che la maggioranza in Parlamento non corrisponda alla maggioranza nel paese: nel 1951, per esempio, i laburisti ottennero su base nazionale il 48,9% contro il 48% dei conservatori, ma questi ultimi conquistarono una maggioranza schiacciante alla Camera, 321 seggi. Nonostante la formula garantisca solide maggioranze, ci sono casi eccezionali di governi di minoranza o di coalizione, come l’attuale esecutivo di David Cameron che si regge grazie all’alleanza tra i conservatori e i liberal-democratici di Nick Clegg. Non c’è un voto di fiducia al primo ministro, che viene nominato direttamente dal Re, c’è piuttosto un voto al programma del governo già insediato. Nonostante il sistema preveda il voto di sfiducia, generalmente basta che la Camera dei Comuni respinga una proposta importante del governo per portare il primo ministro alle dimissioni. Il sistema maggioritario di tipo inglese è quello per cui votarono gli italiani nel referendum del 1993 per abrogare il sistema proporzionale nell’elezione del Senato, e un assaggio di questo sistema lo abbiamo avuto nella legge elettorale Mattarella, che cercava di unire maggioritario e proporzionale creando collegi uninominali. La pluralità delle idee, apparentemente limitata dal numero di partiti, è garantita dai partiti stessi, dove la visione della loro parte politica è più ampia. L’esempio sono i governi di Tony Blair (del partito laburista, la sinistra britannica), il cui ideale si discostava dai dettami classici della socialdemocrazia, avvicinandosi ad alcuni temi classici del liberismo (di destra). Principale problema di questo sistema è che può accadere che il maggior partito per numero di consensi non ottenga la maggioranza in parlamento. Ma con una ripartizione oculata di rappresentanti per circoscrizione, forse potrebbe essere migliorato. Tuttavia ciò che balza agli occhi è che i due rami del parlamento hanno prerogative diverse. Mentre in Italia vige il bicameralismo perfetto, che indubbiamente rende più lenti i processi legislativi ma soprattutto prevede la fiducia per il governo nei due rami del parlamento. Forse è una cosa un po’ insensata, soprattutto se i due rami vengono eletti con metodi diversi, che non garantiscono la stessa maggioranza in Senato e Camera dei Deputati.Come abbiamo visto in tutti i maggiori paesi europei occidentali, la governabilità è ampiamente garantita, sia quando c’è un sistema sostanzialmente bipartitico (come Gran Bretagna e Spagna), sia quando il quadro politico è più frammentato come il nostro (Germania e Francia). Non va poi trascurato il fatto che in tutti i grandi paesi il sistema elettorale è consolidato negli anni e non viene riformato a ogni cambio di vento, a seconda della maggioranza che governa, per garantirsi la più lunga sopravvivenza possibile. Come si suol dire, all’estero si sa perdere, si accettano le sconfitte.I padri costituenti erano degli idealisti e quando pensarono alla nostra repubblica, vollero dargli una forma che garantisse lodevolmente la più ampia pluralità. Ma l’idealismo puro quasi sempre non paga. Per questo è fondamentale la scelta della legge elettorale. Essa deve garantire governi solidi, che facciano scelte nette e decise, ma soprattutto la giusta alternanza, che in tutto l’occidente è stata garanzia di successo. Quindi ripetiamo tutti insieme:

AMMAZZIAMO IL PORCELLUM!


(Fonte polisblog.it)

 Piergiuseppe Liberatore

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