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6 mar 2014

Quando il “campanilismo” diventa digitale



Ci sono i bar e la sala giochi, il campetto e la chiesa. I soprannomi delle famiglie e i personaggi che, in paesi o in rioni, sono le vere autorità (altro che sindaco), il maestro severo ma giusto, il sacerdote che giocava a calcio con i bambini, il negoziante che tutto sapeva e di tutto s’impicciava. Ritratti e cartoline del passato che hanno invaso Facebook grazie alla moda del “Sei di….se”: partita in sordina qualche settimana fa, ora sembra aver contagiato gli italiani presenti sul social. Partecipare è facile: basta creare un gruppo o una pagina con il titolo “Sei di…se”, aggiungere al posto dei puntini il nome del paese e condividerlo con un po’ di amici.
Più il centro di riferimento è piccolo, più il gruppo è vivace, cosi come è accaduto nella nostra realtà locale dove un gruppo di persone gestisce la pagina “Sei di Pratola Peligna se..” sfidandosi a chi sa ben scrivere in dialetto, oppure a ricordare a cosa serviva un determinato oggetto oppure a localizzare con precisione dove si trovasse una determinata zona di Pratola. “Sei di… se” è la manifestazione di un fenomeno che non è nuovo, ossia del fatto che la nostra società sia permeata di nostalgia. La matrice, vale a dire la ragion d’essere di questi gruppi su Facebook fa riferimento proprio a tipici meccanismi nostalgici: il radicamento identitario e l’autenticità dell’identità. Alla base di questi gruppi c’è un forte senso di appartenenza a una comunità: come suggerisce il titolo, sei realmente di un determinato posto se hai vissuto determinate esperienze o se hai conosciuto certe persone in un periodo di tempo e in un luogo ben determinato. Attraverso la condivisione dei contenuti, affermiamo chi siamo. Ma anche cliccando “mi piace” non solo esprimiamo il gradimento rispetto a qualcosa che apprezziamo: esprimiamo ciò che ci interessa e operiamo il confronto con ciò che interessa agli altri.  Che si tratti di bambini in divisa scolastica in posa insieme alla maestra o di giovani ritratti davanti al campetto prima del torneo tra rioni, tutto ciò che riguardi da vicino gli interessi del paese viene riesumato e riproposto a chi non era presente li per motivi anagrafici o perché non viveva in zona.  Ma ci sono anche fotografie di paesaggi, per ricordare com’erano una volta vie e piazze: il tipo di immagini che ogni famiglia tiene nel cassetto e spesso non ricorda nemmeno di avere. Questo, sommato ai contenuti leggeri mescolati a qualche stereotipo, spiega il successo del fenomeno che è tipico fenomeno conosciuto come il campanilismo. Il social-network si è evoluto, da piattaforma di racconto della propria esistenza a luogo di incontro tra persone che fanno parte della stessa collettività. Che si tratti di una città, un quartiere o addirittura una strada.
Un piacevole viaggio “a spasso nel tempo” tra persone conosciute e fidate con cui hai trascorso frammenti della Tua vita. Un esercizio virale che nella certezza di raccontarti, sai di poterti confidare con le persone vere che custodiscono sincronizzate eventi e comportamenti che ti sono appartenuti. Dai racconti e dalle immagini inaspettate materializzi eventi che tornano alla mente in modo surreale. A volte le foto sono di gruppo e devi usare una lente di ingrandimento per riconoscere a distanza di anni ed eventi le care immagini. Un esercizio che promette di riscrivere mille storie come un teatro datato dove a recitare ed emozionarsi sono gli attori che reinterpretano la propria storia vera. Un fenomeno di massa nuovo che potrebbe diventare una lente che ci accompagna ed aiuta a ricordare e quasi materializzare, dove figli, nipoti ed amici di un tempo leggono la parabola della nostra vita.


Salvatore Presutti

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