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6 mar 2014

DEL SIGNIFICATO DELLO SPORT. CRONACHE DAL MONDO DEL RUGBY


Sabato 22 Febbraio 2014, nonostante la mia lunga permanenza in una delle capitali del rugby italico, L'Aquila, per la prima volta ho assistito ad una partita dello sport per omaccioni dall'animo nobile.
Per uno come me, che ricorda ancora un accoltellamento ad una natica di un tifoso, reo solo di tifare la squadra sbagliata, nei corridoi che conducono all'uscita della tribuna Monte Mario (biglietto 80/90 euro), allo Stadio Olimpico di Roma. Per uno come me, che si spostò in tempo dalla carica dei tifosi del Pescara che assalirono una macchina di tifosi della Salernitana, che accidentalmente si ritrovarono nei pressi della curva nord dell'Adriatico. Per uno come me, che si è ritrovato fra le diatribe interne della tifoseria del Giulianova. Per uno come me, che è uscito scortato dai carabinieri dallo stadio di Sant'Omero e che poi, nella partita di ritorno a Pratola, ha ruggito parole di rabbia, quando il comandante dei carabinieri ha condotto fuori dall'Ezio Ricci, il più acceso dei sostenitori avversari.
Beh, per uno come me, la voglia di inebriarsi dello spirito del gioco più sportivo di tutti, era giunta ad una condizione di irrefrenabilità.
E dove scelgo di espiare le mie colpe di tifoso di calcio? Ad una partita del 6 Nazioni. Senza giri di parole, è come convertirsi all'Islam e andare subito in pellegrinaggio alla Mecca. In maniera inaspettata, la voglia è stata appagata subito dopo l'entrata nello stadio. È stata appagata perché, al di là dello spirito dei giocatori in campo, fatto di estremo rispetto e sano mascolino agonismo, oltre che dell'umanità (non in senso fisico, visto che si parla di ammassi di muscoli che corrono da una parte all'altra del campo, con relativa facilità) riconosciuta agli avversari e all'arbitro, sono state le sensazioni regalatemi dagli oltre 70.000 spettatori a darmi soddisfazione.
È stata un'unica grande festa: tifosi italiani e scozzesi seduti negli stessi settori dello stadio, con tricolori e kilt fianco a fianco; una banda che intonava classici motivi della tradizione italiana, a cui rispondeva lo stridulo suono delle cornamuse; birra che scorreva a fiumi, nonostante i prezzi proibitivi; e birra che suggellava un'amicizia che sembrava essere sempre esistita fra tifosi scozzesi, da parte loro felici solo della festa e ai quali il risultato poco importava e tifosi italiani di tutte le età, che non si facevano sfuggire l'occasione di una foto con un uomo in gonna; il giro di campo finale delle due nazionali (per la cronaca ha vinto la Scozia per un solo punto, grazie ad un preciso drop messo a segno a 30 secondi dal termine) e l'onore dell'applauso riservato sia ai vincitori che ai vinti. Onore che meritano tutti perché al di là del risultato, lì in mezzo nessuno ha evitato di lasciarci sudore ed immense energie, se non forse, anche sangue. E infine, il rito più rito di tutti nel rugby: il terzo tempo a fine partita. Un'immensa festa, in cui due popoli celebrano la loro nobile e leale rivalità, consumata solo sul campo e che avrà la sua sacrosanta rivincita solo dopo un anno. Non c'è tempo per risse e tafferugli, ma solo per qualche, anzi tante, birre. Bevute tutti insieme, non fa niente se le culture e le lingue sono diverse. Si scherza tutti insieme, fra sorrisi, strette di mano e abbracci.
Quella tensione, che inevitabilmente sento prima di ogni partita dello sport che più amo, il calcio, quel pomeriggio non l'ho sentita. Certo alcuni Italiani si sono abbandonati a fischi e a insulti, sicuramente c’è ancora tanto da imparare da popoli, per il quali lo sport è epica e non polemica, ma Sabato 22 Febbraio 2014, posso dire che ho finalmente capito cosa sia lo spirito sportivo.


Piergiuseppe Liberatore

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