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20 feb 2014

Attualità

Quale futuro per noi giovani della Valle


Nell’ultimo mese i giovani residenti nella Valle Peligna hanno lanciato dei segnali forti, dimostrando quanta voglia abbiano di lottare per questo territorio e mettendosi in gioco quotidianamente con iniziative sociali. Evento emblematico è stata la partecipazione alla manifestazione per la difesa del tribunale nella quale i giovani sono stati in prima linea per difendere un presidio importantissimo per l’economia e per il tessuto sociale locale. In questa manifestazione c’è stata una forte coesione tra le componenti sociali, cosa che non è avvenuta in passato nella valle, dove si sono registrate forti divisioni sia tra i comuni per un campanilismo spiccato sia tra le varie parti sociali.

Questa mancanza di coesione territoriale ha portato ad una maggiore vulnerabilità rispetto ad altri territori maggiormente uniti. Pian piano è iniziata la smobilitazione di vari settori, una crisi che si trascina dalla fine degli anni ’80 e che, oggi, è accentuata dalla crisi nazionale e globale. Facendo un “excursus” vediamo che il lento declino della valle ha avuto inizio negli anni ’80 con la chiusura dell’ACE (Adriatica Componenti Elettronici) che trasferì la sua produzione altrove; la seguirono la Finmek, la Lastra, la Beta Utensili, la Campari (ora per fortuna riaperta ad organico ridotto), la Sitindustrie, la Saba, la FoCeIt, la Cosmo. Non solo le industrie, ma anche concessionari di auto e supermercati contribuirono a far diventare la zona industriale un “cimitero”. Alle chiusure dei privati sono seguite quelle statali con i presidi militari in Valle Peligna (l’unico rimasto è il deposito di San Cosimo, di dubbia sicurezza e nel quale non si sa cosa ci sia), con la richiesta di chiusura del tribunale e i tagli all’ospedale.
Queste chiusure hanno portato un conseguente aumento della disoccupazione giovanile. Le generazioni di cinquanta anni fa avevano la sensazione del benessere generale che si respirava nella valle, si sentivano protagonisti dell’economia Peligna che era agli albori dello sviluppo raggiunto poi negli anni ’70 e ’80 in maniera progressiva.
Veniva a svilupparsi tutto il tessuto sociale: dall’operaio fino all’ingegnere-caporeparto di fabbrica, nel settore sanitario, nel settore dei servizi. C’era consapevolezza che la città di Sulmona avrebbe garantito il futuro non solo ai propri cittadini ma anche a tutti i paesi del comprensorio. La generazione attuale invece non assiste più ad uno sviluppo progressivo dell’economia locale, ma vede solo imprese che hanno difficoltà ad andare avanti, coetanei che tentano di aprire un’attività ma vengono stritolati dagli elevati costi iniziali e dalla burocrazia. Soprattutto c’è la consapevolezza di doversi allontanare forse per sempre da questo territorio, non solo per gli studi. Siamo la generazione dell’incertezza, con tanti sogni nel cassetto, ma consapevoli delle difficoltà necessarie a realizzarli.
Spesso viene a mancare la guida per questi giovani incerti, con una classe politica che vede il nostro futuro come una “pattumiera” in cui gettare i problemi quotidiani ed ha lo sguardo rivolto a poppa e non a prua.
Osserviamo un territorio che, dopo il periodo aureo tra gli anni ’60 e ’90, non riesce a darsi una vocazione, turistica o culturale; grandi passi sono stati fatti con l’istituzione nel Polo Scientifico Tecnologico di un indirizzo turistico con la possibilità di grande impiego in questo settore. Altra possibilità di ripresa potrebbe essere quella dell’edilizia dove, utilizzando i fondi europei, si potrebbe attuare la messa in sicurezza di tutti gli edifici non a norma (dato che siamo in un territorio ad alto rischio sismico), ma si potrebbe adeguare anche il territorio alle recenti norme sull’abbattimento delle barriere architettoniche, facendo lavorare imprese locali con l’ausilio di giovani ingegneri e geometri. Si potrebbero attrarre investimenti da parte dell’industria adeguando la rete di infrastrutture sia per quanto riguarda i trasporti sia per quanto riguarda l’informatizzazione dei servizi.
Questi sono solo “imput” che naturalmente devono essere dibattuti ed approfonditi.
Alessandro, Mario, Luca, Chiara, Gregory, Vincenzo, Andrea, Sara, Maria, Daniele, Simona e tanti altri giovani sono andati via da questo territorio per il loro percorso di studi com’è giusto che sia per incrementare il proprio bagaglio d’esperienza ma il territorio è in grado di ri-accoglierli sfruttando le loro capacità, qualora loro vogliano tornare qui domani ma anche tra 10, 20, 30 anni?
Deve essere data la possibilità alle generazioni future di restare qui qualora lo vogliano e a chi studia fuori di poter tornare nel proprio luogo di nascita.
Se si investe sui giovani, questo territorio può svegliarsi dal proprio sonno. Le nuove generazioni sono pieni di idee e iniziative, ma in questa valle vengono visti troppo spesso come un problema e non come una risorsa.

Andrea Ramunno 

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