name='description'/> Parle Serie Blog: La musa di un folle artista

17 dic 2013

La musa di un folle artista

La musa di un folle artista-puntata 14

Il tempo trascorso insieme a lui passò veloce e ,senza che me ne accorgessi,arrivò la fine dello stage. 
Era il mio ultimo giorno al giornale e il cielo sembrava rattristarsene con me. Essendo inglese sono abituata alla pioggia eppure ,ogni volta che cade giù, provo un senso di inquietudine. Probabilmente è perché quando ero piccola e pioveva la zia Carol mi diceva sempre che le nuvole piangono quando vedono qualcosa di sbagliato sulla terra,e cercano con le loro lacrime di lavare via la sofferenza.
Crescendo compresi che in realtà esistono leggi scientifiche ben precise e logiche per cui questo accade,ma nonostante ciò quando sento le gocce scendermi sulla pelle, un brivido mi sfiora la schiena. Era il 10 settembre e tutti ormai aspettavano il grande temporale che avrebbe spazzato via i ricordi di quell’estate stranamente calda e soleggiata.  Alle 17 come ogni giorno scesi dall’ufficio sapendo che lui era di sotto ad aspettarmi,ma affacciandomi dal portone mi accorsi che non c’era. Il suo posto sul muretto del marciapiede di fronte era occupato solo dal gatto che cercava di addentare un pezzo di pane raffermo. Non era mai in ritardo,eppure lo aspettai pensando che magari avesse avuto un contrattempo,erano le 17 e un quarto e non vedendolo ancora arrivare andai al Moonlight. Quella preoccupazione e il malato pensiero che gli fosse potuto succedere qualcosa si trasformarono in odio,delusione,tristezza e ancora odio davanti la porta chiusa e le finestre serrate <<Chiuso per cessazione attività. PS: non vogliatemene, addio>>. Erano le 17 e e 30 del 10 settembre e lui se ne era andato! Sentii una goccia calda scendermi sulla guancia e immediatamente dopo una gelida sulla bocca,  il grande temporale era arrivato e io stavo piangendo. L’idea che mi avesse lasciata per sempre senza una parola mi corrose il cuore,e divenni folle,corsi verso l’uscita secondaria con la speranza di trovarlo,che fosse tutto un gioco uno scherzo,ma trovai solo la mia foto attaccata alla porta. Ve la strappai via con ferocia e dietro lessi la piu’ crudele delle frasi  <<Perdonami, anzi non perdonarmi non farlo mai perché non lo merito,spero che con il tempo imparerai semplicemente ad ignorare ciò che ho fatto a dimenticare il mio nome. Ho capito che il tuo amore era diventato una malattia e tu ne eri l’unica vittima. Devo imparare ad amare me stesso prima di poter amare qualcun altro, per questo me ne vado a cercare fortuna lontano dalla mia vita. Addio>>Lo rilessi ad alta volta per una centinai di volte , e le parole diventavano ogni volta  più odiose e pungenti. Il mio cuore era scoppiato e i brandelli giacevano a terra,bagnati dalla pioggia che non riusciva a trascinarli via. Mi gettai giù anche io, lasciandomi scivolare lungo la porta e Morfeo avendo pietà del mio dolore,scese dal cielo e mi abbracciò.


Claudia Di Meo

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