name='description'/> Parle Serie Blog: La musa di un folle artista

14 dic 2013

La musa di un folle artista

La musa di un folle artista-puntata 13
Qualche giorno dopo andai al Moonlight e lo trovai lì seduto con tutti gli altri,mi vide e prima che gli fossi più vicina accennò ad un veloce ed insicuro “ciao” per poi riversare lo sguardo sul pavimento. 
Mi avvicinai cercando di nuovo i suoi occhi,ma fece finta di nulla e mi avvicinò solo la guancia affinché potessi baciarlo, gli altri salutandomi intonarono una leggera e sottile risatina e per quanto non mi sentissi a mio agio mi sedetti accanto a lui.
Aveva qualcosa di strano,non l’avevo mai visto così,i suoi occhi era fissi nel vuoto delle mattonelle,era pallido e perfino il modo in cui era seduto con la schiena interamente scivolata sulla sedia,leggermente girato di lato con le gambe rannicchiate, era diverso e sospetto. Poggiò la mano sul mio ginocchio,era bianca e fredda come quella di un morto,ma la sua presa al contrario era debole e scivolò subito via,alzai lo sguardo ed incontrai i suoi occhi spenti e paurosamente dolci allo stesso tempo,fu come ricevere una pugnalata in pieno petto dolorosa e inaspettata, <<Scusami se non parlo non sto bene>>. Sebbene non capissi perché stesse così,ne soffrii terribilmente e dopo aver velocemente congedato gli altri fuggii  via e mi chiusi in casa. Sapevo già da me che non si trattava di febbre o mal di pancia,eppure la cosa che mi più mi spaventò fu che nonostante ammettessi a me stessa la verità,non smisi neanche per un secondo di amarlo. Ripensando alla sua immagine in quello stato non provavo disgusto,ma attrazione verso una parte di lui più fragile che non avevo mai conosciuto prima d’ora. Non riuscivo ad incolparlo neanche di avermelo tenuto nascosto per tutto quel tempo,ma me la presi con me stessa considerandomi una stupida  per non essermene mai accorta e la sola idea che fosse una qualche sofferenza a me ignota a spingerlo a drogarsi, mi distruggeva. Passarono due ore e sentii suonare il citofono,non risposi ma aprii velocemente intuendo che era lui. Mentre saliva le scale mi fermai per un istante con la mano sul pomello,avevo paura di aprire e rivederlo di nuovo stare male,ma quando sentii il suo respiro affannato vicino, fu più forte di me e spalancai la porta. Senza dire niente mi andai a sedere vicino la finestra al mio posto e lui mi seguì sedendosi a terra davanti a me. Volevo chiedergli il perché,andare in fondo nella sua anima,ma c’era qualcosa che me lo impediva,paura probabilmente.<<Scusami.>> <<Zitto! Hai detto tu che le parole avvelenano solo l’anima>> Rimasi in silenzio fissando il Tamigi illuminato dalle luci come la prima volta quando mi fotografò,ricordai la magia di quel momento in cui tutto ebbe inizio e non trovai più la forza e la voglia di arrabbiarmi,così mi voltai  e mi lasciai scivolare su di lui,stringendolo più forte di quanto avessi mai fatto prima. Avrei voluto immortalare quel momento per sempre,congelarmi tra le sue braccia come una statua e preservare la nostra memoria dalla tirannia del tempo,ma tutto nasce per morire e anche le più belle tra le rose, prima o poi appassiscono.

Claudia Di Meo

Nessun commento :