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23 nov 2013

Sport

Quando il tifo non è più tifo...


L'aereo transitato sopra lo stadio 
Arechi durante il derby Salernitana-Nocerina

“Il calcio è di chi lo ama” è lo slogan adottato per questa stagione calcistica di Serie A. Frase breve ma che racchiude in sé l'essenza del gioco del pallone, il motore che lo fa andare avanti: i tifosi. E' innegabile, infatti, che senza i tanti appassionati che ogni domenica – e i più fortunati anche durante la settimana – si ritrovano davanti allo schermo di una tv o ad una tribuna di uno stadio, attratti da una forza nascosta e misteriosa che li tiene incollati per 90 minuti a guardare 22 persone che prendono a calci un pallone, tutto il sistema crollerebbe, o meglio non avrebbe ragione d'esistere. Capita però che alcune volte, il tifo si trasformi in qualcosa di diverso, una sorta di voglia di imporsi, di dimostrare che se qualcosa non va bene, i tifosi hanno il potere di sovvertirla.
Tutto questo per introdurre la riflessione che voglio proporvi questo mese, riguardo a quanto successo domenica 10 novembre allo stadio Arechi di Salerno. Per chi non conoscesse la storia, ve la racconto brevemente. Per quella domenica, era in programma l'acceso derby tra i padroni di casa della Salernitana e la Nocerina, due squadre militanti nella Lega Pro Prima Divisione (ex serie C1) e divise da una rivalità territoriale come tante se ne vedono in giro per tutta l'Italia. Per motivi di ordine pubblico, si era deciso di vietare la trasferta ai supporters ospiti, i quali a questo punto hanno deciso di farsi sentire per vendicare questo “affronto”. La partita per loro non si deve giocare, la loro squadra non deve scendere in campo, e cercano in tutti i modi di farlo capire ai propri beniamini, che dopo la partita racconteranno di minacce di morte cominciate già un paio di giorni prima del match e proseguite fino al giorno della gara, prima e durante il viaggio verso lo stadio.
E alla fine, hanno avuto quello che volevano: la sfida, attesa da 25 anni, inizia con 3 cambi nei primi 120 secondi e prosegue con 5 infortuni (o presunti tali). Risultato: la Nocerina non raggiunge il numero minimo di calciatori, e il tutto si conclude dopo circa 20 minuti per la gioia degli ultras rossoneri.
Di chi sia la colpa, in questi casi, è sempre difficile da dire: tutta dei tifosi; della Lega che magari avrebbe potuto gestire meglio la situazione; oppure dei calciatori che potevano benissimo fare la loro partita regolarmente. Qualunque sia la scelta, resta il fatto che, ancora una volta, l'immagine dello sport più amato dagli italiani ne esce a pezzi, nonostante i molti accorgimenti e le tante restrizioni applicate affinchè situazioni di disagio come questa non avvengano. E capite bene che, più la realtà considerata è piccola, più il contesto è “locale”, maggiore è la difficoltà di tenere a bada il problema.
Ma, come accennato qualche riga più su, un evento tale non è nuovo nel suo genere. Solo per citare un paio di esempi, molti di voi ricorderanno quanto successo  ad aprile del 2012, quando in occasione di Genoa-Siena, i tifosi di casa sul punteggio di 0-4 provocarono la sospensione della gara e costrinsero i calciatori rossoblù a togliersi le maglie, rei secondo loro di non essere degni di indossare la maglia del Grifone. Oppure il famoso caso di Ivan Bogdanov, il quale nell'ottobre del 2010 mise a ferro e fuoco lo stesso stadio di Marassi di Genova in occasione di Italia-Serbia.
E' davvero preoccupante e angosciante vedere episodi del genere, durante i quali una parte del tifo sveste i panni di supporter per indossare quelli di “rivoluzionario”. Ed in questi casi, come in molti altri che non sto qui a raccontarvi, non ci sono tessere del tifoso, trasferte vietate o altri mezzi che tengano. E la domanda può essere solo una: “Dov'era lo Stato a Salerno?”.

Luigi Polce




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