name='description'/> Parle Serie Blog: La musa di un folle artista

11 nov 2013

La musa di un folle artista


La musa di un folle artista-puntata 4

La mattina arrivo’, ero così in ansia. Non era tanto la volontà di vincere che mi inquietava,quanto la paura di essermi sbagliata così profondamente,di aver confuso ancora apparenza e realtà e di offendere in un qualche modo l’anima di quella persona. Dieci minuti prima le 17 Valerie rientrò e disse che il direttore aveva scelto Marco. Sprofondai invasa dalla vergogna. Tornata alla mia postazione trovai un biglietto vicino il computer. “Ognuno ha un posto di Londra nel cuore,dove lascia impressa la propria anima. La mia è impressa nell’ombra, un giorno anche tu troverai la tua!” Ricordo ancora il senso di orgoglio e fiducia che provai per il mio istinto,ebbi la dimostrazione di potermi fidare di ciò che la mia anima mi suggeriva! Marco scrisse l’articolo su uno scandalo scoppiato in quei giorni riguardante alcuni appartamenti,non a norma di sicurezza,affittati a costi esorbitanti agli studenti,e riscosse un discreto successo.
Decidemmo di andare a festeggiare nel quartiere più esotico di Londra: Camden Town. Appena arrivati non credevo ai miei occhi,quando si parla di melting pot credo si parli proprio di quel posto! Persone di ogni razza e ogni gusto si perdevano tra le luci,i colori e il fumo. Non riuscivo a smettere di guardarmi intorno,fissare i vestiti e le pettinature di alcuni ragazzi, il comportamento di altri. Ognuno si faceva gli affari propri: chi suonava,chi mangiava,chi fumava il narghilè nei bar,ognuno per conto suo eppure tutti sembravano ordinarsi all’interno di una danza. Per un attimo chiusi gli occhi e mi limitai ad ascoltare i rumori,le voci e i suoni che succedendosi in modo illogico creavano una fastidiosa melodia,di cui mi innamorai. Marco avevo prenotato un tavolo in un nuovo locale aperto da poco il Moonlight. Si trovava al piano terra di una palazzina viola, le mura esterne erano dipinte come un cielo notturno con le stelle e le nuvole e la porta invece era una grande luna piena. Entrammo e mi sembrò di respirare un’aria diversa,più leggera. Marco riconobbe subito il suo cognome su uno dei tavoli e ci invitò a seguirlo per prendere posto. C’era un gruppo che suonava i Velvet underground e un discreto numero di persone che li seguiva in coro. Il muro del locale era ricoperto di foto cosi’ ,posata la mia borsa al tavolo e fatto un brindisi a Marco, mi alzai per osservarle meglio. Erano belle, le ragazze ritratte erano di aspetto così diverso tra loro, ognuna ripresa in una posa diversa: ce ne era una che beveva caffè seduta al tavolino di un bar, un’altra in accappatoio che fumava una sigaretta davanti una finestra, un’altra ancora che appoggiata alla ringhiera di un ponte guardava di sotto verso l’acqua. Lì per lì non ci feci molto caso ma passando alla foto successiva ebbi un flash, ero io! Era la foto che mi aveva scattato quello strano ragazzo sul London Bridge, nonostante la colorazione scura riconoscevo il mio profilo e i miei vestiti. Non so bene quale sensazione provai in quel momento, ma per qualche oscura ragione ,proprio come nel momento della foto, ebbi ancora la stessa sensazione: di comune accordo tutte le parti del mio corpo erano consapevoli di trovarsi esattamente dove dovevano essere!

Claudia Di Meo

1 commento :

Gabriele Matarazzo ha detto...

Bellissima descrizione di una semplice vicenda di ordinariavita. un taglio giornalistico piacevole a leggerlo. Un saluto, Gabriele Matarazzo.