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22 ott 2013

Sport

Razzismo e discriminazione nelle curve: punire sì, ma con criterio

In Italia (purtroppo) la tendenza è questa: non ci sono mezzi termini, una cosa o è bianca oppure è nera. E non venitemi ad accusare di populismo, perchè vista e considerata la questione del "razzismo e discriminazione nelle curve", non si può dire altrimenti.
Tutto ha inizio un bel pomeriggio di metà settembre, quando allo stadio Meazza di San Siro si sfidano Inter-Juventus. Derby d'Italia, mica una partita qualunque. E proprio durante il match, già di per sé carico di rivalità e tensione, dal secondo anello verde (alias dai tifosi nerazzurri) cominciano a piovere cori razzisti contro i bianconeri Asamoah e Pogba. 
La Lega, da questa stagione molto più attenta a questo tipo di manifestazioni, ci va giù pesante e punisce i tifosi della società meneghina con la chiusura della curva, prevista per il successivo impegno casalingo. Non mancano le polemiche e le opinioni avverse alla decisione, ma la Lega prosegue per la sua strada e se ne infischia. Anzi, ci prende gusto e, nel giro di poco tempo, torna a chiudere la curva della "Scala del Calcio", stavolta sponda rossonera. La motivazione però è leggermente diversa, e se vogliamo un tantino particolare: discriminazione territoriale nei confronti dei tifosi napoletani, accusa che francamente ha dell'assurdo. Qui il tifo per questa o quella squadra non c'entra, il problema sta nel fatto che lo sfottò tra tifoserie, tra cui quello "territoriale", così come lo hanno definito le grandi menti che governano il nostro calcio, fa parte di questo sport, è in qualche modo radicato nella sua natura. L'importante è che non si arrivi al razzismo, che non può e non deve esistere in un paese civile e sviluppato quale dovrebbe essere l'Italia. Comunque, a prescindere che si tratti di cori razzisti, discriminatori o di altre offese, se punizione deve esserci, allora deve esserci anche il giusto metro per applicarla. Perché non è possibile precludere l'accesso allo stadio a molti appassionati per colpa di qualche simpaticone, che andrebbe invece individuato e punito singolarmente. Ovviamente è più facile (e più teatrale) chiudere curve o interi stadi e fare la parte dei cattivi, semplicemente perché "è giusto così" e perché "queste cose non si fanno". Questo si che è populismo bello e buono. L'auspicio è che la tendenza possa presto invertirsi, con le curve che già si sono coalizzate per la battaglia. Riflettendoci, un pò di buon senso non farebbe affatto male: in questo primo scorcio di stagione, già 4 curve sono rimaste vuote. Adesso con Milan-Udinese si passerà all'intera chiusura dello stadio se il ricorso non andrà a buon fine, per cori uditi durante Juve-Milan dello scorso 6 ottobre, sfida durante la quale però anche i tifosi bianconeri non sono stati proprio degli agnellini. E dunque, o si punisce tutti o nessuno, ci vuole appunto lo stesso peso e la stessa misura dei fatti. Ma come detto in apertura, nel Bel Paese facciamo spesso fatica a comprendere il significato di termini apparentemente semplici come "equilibrio" o "mezze misure". Poi però non ci lamentiamo che allo stadio non va più nessuno.   

Luigi Polce

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