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22 ott 2013

Arte

Una banda di idioti

Era il 1969 quando John Kennedy Toole, a soli trentadue anni, decise di farla finita inalando i gas di scarico della sua auto in riva al Mississippi. Oltre all’incolmabile dolore, John lasciò alla madre un voluminoso manoscritto, unto e quasi illeggibile. 

Questa indiscreta signora iniziò a tartassare di telefonate lo scrittore Walker Percy, convincendolo a leggere il lavoro del figlio, da lei considerato un capolavoro. Percy ben presto si ritrovò davanti ad un ammasso disordinato di fogli che si rivelò inaspettatamente un’opera di superba genialità.
Dissacrante, tragicomico, ingegnoso, Una banda di idioti, venne pubblicato nel 1980 riscuotendo un successo clamoroso che valse al suo autore il premio Pulitzer postumo. Ed ecco che viene fuori il più strambo, insolito e odioso personaggio mai incontrato tra le pagine di un libro: Ignatius J.Reilly. Un ciccione dalle orecchie enormi, con in testa sempre un berretto verde da cacciatore, folti baffi neri a coprire labbra carnose sporche di briciole di patatine. Sempre vestito male questo intellettuale svogliato e parassita, se ne va in giro a borbottare, a disprezzare tutti, a odiare il mondo intero, madre inclusa. Dietro questa ingombrante e bizzarra figura si nasconde più acume e intelligenza di quanto si possa immaginare perché come scrisse Johnatan Swift «Quando nel mondo appare un vero genio, lo si riconosce dal fatto che tutti gli idioti fanno banda contro di lui».

Tutti i datori di lavoro vedono in me una negazione di ciò che loro ritengono valori essenziali. Hanno paura di me, forse capiscono che sono obbligato ad esistere in un’epoca che mi disgusta.


Francesca Borrelli

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