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23 ott 2013

Politica

#OccupyPD

In questo numero di Parle Serie, riprendiamo l’indagine sulla necessità di partecipazione politica avvertita da molti, soprattutto giovani, in giro per l’Italia. Parliamo del movimento, interno al PD, chiamato #OccupyPD (occupaipidi), nato ai tempi dell’elezione del Presidente della Repubblica. # è un simbolo ormai noto a tutti i frequentatori di social network, chiamato hashtag ed ha la funzione di creare delle etichette, delle parole chiave, utili a raggruppare tutte le pubblicazioni in base all’argomento.
Ed è proprio sui social network e sulla rete che il movimento è nato ed è cresciuto, sino ad arrivare a diventare una forza che può ‘’permettersi’’ di dare il suo appoggio ad uno dei candidati alla segreteria del PD, nello specifico Pippo Civati. Ripercorriamo un po’ i fatti però: tutti voi ricorderete cos’è successo durante i concitatissimi giorni, in cui si eleggeva il Presidente della Repubblica. L’allora segretario del PD, Bersani, dopo aver chiesto invano (e forse nella maniera sbagliata) l’appoggio ad un suo governo al M5S e dopo aver parlato a lungo di un governo del cambiamento, la sera prima della prima riunione delle Camere, cambiò completamente linea e si fece scegliere il candidato presidente da niente po’ po’ di meno che Silvio Berlusconi, il giaguaro da smacchiare (non ho mai capito cosa volesse dire). Nell’assemblea dei grandi elettori, molti di loro ESPLICITAMENTE dissero che non avrebbero votato per Franco Marini. E così fu. Il metodo per la scelta del candidato, giustamente non era piaciuto a tanti, sia perché non discussa con nessuno, sia perché imposta da quello che, nonostante ciò che pensano in molti, è ed è sempre stato considerato un vero avversario politico da chi crede seriamente nel suo impegno politico. Tornando ai fatti, dopo questo fallimento, Bersani, per salvare la situazione, perde di lucidità e fa ‘’impallinare’’ il padre fondatore del suo partito: Romano Prodi. 101 traditori, senza usare giri di parole, colpiscono alle spalle il Presidente onorario del PD insieme al  sempre più appannato Bersani. Il Paese ormai era lanciato verso la storica rielezione di Napolitano e le ormai famigerate larghe intese. Ma è da questo marasma e da questa specie di restaurazione democristiana che l’emozione e lo sbigottimento per il parricidio, appena perpetrato, hanno fatto sollevare gli animi di tanti militanti, sentitisi traditi da quei dirigenti che a lungo avevano continuato a seguire, dandogli spesso l’ennesima possibilità, nonostante i comportamenti non sempre esemplari. In quei giorni, soprattutto giovani, cominciarono ad occupare le sedi del PD un po’ in tutta Italia. Volevano protestare contro quel modo vecchio e incomprensibile di fare politica; volevano un partito nuovo, un partito dove essere protagonisti e dove potersi non vergognare di fronte all’egoismo e all’arroganza di alcuni dirigenti. Mentre le sedi venivano occupate, l’iniziativa veniva coordinata dal web e nasceva l’hashtag OccupyPD. Ovviamente, come succede sempre in Italia, l’iniziativa non ha prodotto nessun risultato: le larghe intese sono ancora vive e vegete, anzi vegetali. Ma i tanti che avevano preso parte all’iniziativa non hanno mollato e il loro impegno ha visto anche la promozione di metodi nuovi, tesi al coinvolgimento dei militanti, ma soprattutto la non rassegnazione a questo governo in cui il Presidente del Consiglio è stato spesso sotto ricatto del PDL. Infatti, tanti sono stati gli altri hashtag e con loro iniziative correlate, lanciate sino ad adesso. Su tutti, #mobbasta: la famosa carta d’intenti, fatta firmare a tutti i votanti alle primarie dell’anno passato, è stata attaccata, con un segno indicante uno strappo, sulle porte di decine di sedi del PD, compresa quella nazionale a Roma in Via del Nazareno. Mobbasta indicava uno sfogo verso le condizioni in cui è finito il partito. Il volto più rappresentativo del movimento è quello di Elly Schlein: la massima espressione della partecipazione. Infatti, Elly non era neanche iscritta al PD, ma invece di lamentarsi e rimanere fuori (perché ricordate che è sempre più facile puntare il dito, piuttosto che metterci la faccia) ha deciso di impegnarsi personalmente per combattere contro quello che secondo lei non va. Elly e gli altri ragazzi di #OccupyPD da mesi girano per le Feste dell’Unità, partecipano a iniziative e convegni per portare la loro voce e la loro voglia di cambiamento, a quanta più gente possibile. La loro contrarietà al governo delle larghe intese, la voglia di trasparenza e di sano confronto, la difesa dei classici temi della sinistra ed il loro legame con il web hanno reso quasi naturale il loro appoggi a Civati (il suo blog è fra i tre più seguiti sulla rete) nel Congresso che si terrà nei giorni a seguire. Abbiamo visto cos’è  #OccupyPD, non sappiamo cosa diventerà e quali risultati otterrà, ma possiamo dirvi che il nostro viaggio fra le nuove forme di partecipazione non è finito qui. Per i prossimi numeri continueremo a cercare nuovi esempi per rendervi consci di un mondo nascosto dai media tradizionali. Perciò continuate a leggere Parle Serie!

Piergiuseppe Liberatore

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