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23 giu 2013

Politica


UN PRESIDENTE DI TUTTI, CON POCHI SOLDI DI TUTTI

Con un tweet, il Presidente del Consiglio, Enrico Letta, il 31 Maggio annunciava che il Consiglio dei Ministri aveva appena approvato il ddl per l’abrogazione del finanziamento pubblico ai partiti e il passaggio all’incentivazione fiscale nei confronti dei contributi privati dei cittadini. Negli stessi giorni si riaccendeva il dibattito su uno dei cavalli di battaglia del Pdl: l’elezione diretta del Presidente della Repubblica. Analizziamo allora, un po’, i due temi. Innanzitutto va detto che il finanziamento vero e proprio fu abolito con il referendum del 1993 (ci sarebbe da discutere sul fatto che, per una questione così complicata, venga chiamato ad esprimersi il popolo. Ma tagliamo la testa al toro, dicendo che il popolo è sovrano.) ma che è poi continuato ad esistere sotto forma di rimborsi elettorali. Il risultato? Una decisione presa forse nella maniera sbagliata, un banale trucchetto per non renderla effettiva, problema mai più affrontato, perché si credeva di fare tutti contenti e fessi, politicanti (ma anche definirli così è troppo per loro) che si sono abbuffati e la rabbia dei poveri cristi che pagano le tasse. In quasi la totalità dei paesi europei, l’intervento pubblico per le casse dei partiti è la prassi, perché vissuto come garanzia per la democrazia.
Dov’è la differenza con quanto accade nel Bel Paese? Che all’estero, le regole, i tetti e i paletti sono ferrei, le spese contenute ed accettate dall’opinione pubblica. Il disegno di legge dei nostri ministri, prevede che i soldi per le spese dei partiti provengano solo dai privati dal 2016, tramite donazioni del 2 ‰ sulla dichiarazione dei redditi o tramite donazioni volontarie con agevolazioni fiscali. Nel frattempo le risorse pubbliche saranno ridotte al 60% il primo anno, al 50% il secondo anno e al 40% il terzo anno. Il dubbio che mi viene è questo: con la generale disaffezione e la diffidenza verso la politica, chi si sognerebbe di dare i soldi ai partiti? Una risposta me la sono data subito, infatti ho pensato che li donerebbero solo coloro i quali hanno interesse a farlo. Avere degli interessi, quindi vantare dei crediti nei confronti di chi dovrebbe agire per il bene comune, non è proprio bello, per usare un eufemismo. Per farla breve, legalizzare le “mazzette”, può andare bene negli USA, dove il liberismo è una religione, ma non da noi dove i fatti ci mettono davanti troppo spesso, alle truffe di mascalzoni, che pensano solo alle loro tasche. Allora perché non prendere semplicemente la parte del ddl che prevede la graduale riduzione dei rimborsi elettorali, prolungarlo per alcuni anni, fino ad arrivare, che ne so, al 10% delle spese attuali, rendendole ragionevoli ed evitare che si avvii un giro di donazioni e piaceri? Perché non imporre delle regole ai partiti, affinché i soldi non rimangano nelle sfere alte, siano distribuite sul territorio, dove è sempre più difficile fare politica, evitando così che siano nelle mani di pochi dirigenti, che potrebbero cadere in tentazione? Perché non imporre per legge, le uniche cose per cui poter spendere i finanziamenti o rimborsi che siano? Alla luce del ragionamento, a me, queste sembrano proposte un po’ più logiche dei semplici “taglio e rimpiazzo” proposti. Passando all’altra questione, premetto subito, che bisognerebbe avere un sacro rispetto verso quello che realizzarono, dopo la guerra ed il nazifascismo, i padri costituenti. Per questo, proposte che prevedono consistenti modifiche della Costituzione, personalmente, mi sono quasi sempre indigeste. Non so a voi. Fino ad ora, però, il dibattito sull’elezione diretta del Presidente della Repubblica, oltre ad essa stessa, non ha prodotto proposte concrete. L’idea sulla forma istituzionale che dovrebbe assumere lo Stato ancora si delinea.
La proposta trova, nella presunta scarsità di poteri da parte del capo del governo e nel fatto che, con l’interpretazione da parte di Napolitano del suo ruolo, di fatto, secondo alcuni, l’Italia sarebbe diventata una repubblica semipresidenziale, la sua ‘’legittimazione’’. Inoltre si è detto che, cambiare l’assetto dello stato è necessario per trovare una legge elettorale decente, che assicuri stabilità nei governi. In realtà, è facile dimostrare il contrario. Negli ultimi anni, a cominciare da quelli del berlusconismo ruggente (governi Berlusconi II e III), il ruolo del parlamento è stato sostanzialmente svuotato, con la pratica dei voti di fiducia, con cui il governo ha concentrato su se stesso il potere esecutivo (che gli compete) e quello legislativo (che toccherebbe alle Camere). Poi andando a leggere la Costituzione, si può notare che Napolitano non ha prevaricato le sue reali competenze; infatti, una volta verificata la presenza di una maggioranza in parlamento, nessuno al di fuori del PDR può nominare il capo del governo: ‘’ Il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei ministri e, su proposta di questo, i ministri.’’ (Art. 92 della Costituzione, secondo comma). Infine, il porcellum fa schifo di suo, la sua oscenità non ha bisogno di spiegazioni. Adesso pensare di rimettere la scelta del Capo dello Stato e garante dell’unità nazionale, in mano al popolo, in un Paese dove le tendenze ai populismi ed alla personalizzazione dei partiti sono palesi e storicamente accertate, dove la polarizzazione della lotta politica, con conseguente vittoria dell’avversario quasi mai accettata, è fortissima e dove le regole sono spesso fatte solo per essere eluse, mi sembra folle. O quantomeno è quasi sicuro che eletto in questo modo, il PDR non sarebbe il Presidente di tutti gli Italiani. Facendo il raffronto con i paesi dove vige il presidenzialismo o il presidenzialismo a metà, spesso si verifica che il presidente è espressione di una parte politica, mentre la maggioranza in parlamento di un’altra, invece è pensabile che, con un’adeguata legge elettorale, nelle repubbliche parlamentari, una solida maggioranza esprima un solido governo, rendendo la sua azione più forte e con meno intoppi.
Infine non dimentichiamo che Pertini o Ciampi non sono stati eletti direttamente dal popolo, ma dal popolo sono stati amati. Vi lascio con una provocazione: se alla fine del ciclo di riforme, ci ritrovassimo un Presidente della Repubblica, con tanti poteri, eletto da una parte del popolo e vincolato a ricchissimi imprenditori, finanzieri o banchieri, che gli hanno finanziato la campagne elettorale? Forse, la mia è tendenza a drammatizzare, più che a provocare, ma se si parla della nostra amata patria, non si può mai dire.

Dal centro per la salvaguardia della ragione, il vostro affezionatissimo.


Piergiuseppe Liberatore

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