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23 apr 2013

Miscellanea


Non c’è più patriottismo

Il 15 febbraio 2012 i due fucilieri della marina del NMP, Massimiliano La torre e Salvatore Girone, sono stati arrestati dalla polizia indiana per essere stati coinvolti nell'uccisione di due pescatori nel paese asiatico. I due marò si sono dichiarati non colpevoli avendo sparato in aria e credendo si trattasse di pirati, operativi in quella zona dell'oceano indiano e spesso protagonisti di assalti alle navi mercantili. La questione ha da subito scatenato una forte controversia diplomatica tra Italia ed India. Da un lato Nuova Delhi che ha accusato i due fucilieri di aver sparato a due pescatori indiani disarmati e ha insistito affinché sia L'India ad avere la giurisdizione sulla vicenda, dall' altro l'Italia che con la Farnesina ha affermato che il caso dovrebbe essere di competenza della magistratura italiana dato che la vicenda è avvenuta in acque internazionali e su una nave battente la bandiera tricolore. Il governo indiano, andando contro il principio di diritto internazionale classico secondo il quale "un militare che agisce nell’esercizio delle proprie funzioni, e al di là del territorio dello Stato di appartenenza, non ne risponde in prima persona, ma la sua azione od omissione sarà imputata allo Stato di provenienza" ha arrestato i due marò e li ha trattenuti per tre mesi nel carcere di Trivandrum. Concessa successivamente la libertà su cauzione, l'Odissea dei nostri militari continua ormai da 14 mesi, durante i quali sono state concesse loro due licenze straordinarie per tornare in patria. La prima durante le vacanze natalizie per la durata di 2 settimane, la seconda in occasione delle elezioni, per la durata di un mese. E’ proprio durante quest'ultima permanenza che i rapporti diplomatici tra i due Paesi si sono riacutizzati, dopo che l'11 marzo 2013 il ministro degli esteri Giulio Terzi ha dichiarato che i Marò non sarebbero ritornati in India. Immediata la reazione indiana che tramite la Corte Suprema ha precluso al nostro ambasciatore italiano Daniele Mancini il permesso di lasciare il paese, tenendolo palesemente in ostaggio. La Farnesina ha accusato il governo indiano di non rispettare la convenzione di Vienna sui rapporti diplomatici che codifica universalmente riconosciuti. La controversia ha avuto però una risoluzione piuttosto discussa che ha confermato l'inettitudine e l'inesistente spirito patriottico che affligge la nostra nazione: i due marò sono stai rispediti in India. Del resto non è di certo la prima volta che ci rendiamo ridicoli davanti agli occhi della comunità internazionale. Ci basti ricordare la mancata reazione italiana davanti al riconoscimento all’ex brigatista Cesare Battisti dello status di estradato politico e la strage del Cermis del 1998, dove un velivolo militare americano tranciò le corde di una funivia in Val di Fiemmme, uccidendo 19 persone. I militari americani autori della strage furono rispediti in patria, in osservanza delle norme internazionali, e furono dichiarati innocenti. Oltre il danno la beffa. Riprendendo le fila del discorso, dopo la decisione scioccante del governo, il ministro Terzi annuncia le proprie dimissioni non condividendo la scelta e la linea politica adottata dal governo. Una domanda cari lettori sorge però spontanea. Quale significato può essere attribuito a questo clamoroso dietro front del governo italiano? Numerose sono le interpretazioni, alcune delle quali celano un tragico e drammatico fondo di verità. Dall'interpretazione secondo la quale la restituzione si deve alla "casta" della Farnesina che, non appena si è vista toccare uno dei suoi ambasciatori, ha gettato la spugna alla prospettiva che vedeva l'Italia soggetta a possibili sanzioni economiche, sotto la spinta della richiesta indiana. Alcuni si sono chiesti se il ritorno dei Marò non sia dovuto a delle evidenti motivazioni commerciali, in considerazione delle 400 aziende italiane che hanno una certa influenza nel mercato indiano e anche in relazione agli 8 miliardi di affari che ci sono in ballo. Altri credono che dietro la restituzione dei fucilieri ci sia la promessa del governo indiano di scongelare la maxi-fornitura degli elicotteri Augusta ( di un valore di 560 milioni di euro) bloccata dopo lo scandalo delle tangenti Finmeccanica. In sostanza un mero scambio esseri umani/moneta, che ci può sembrare sempre più concreto in relazione al difficile periodo economico che l'Italia sta attraversando. Nonostante le rassicurazioni del primo ministro indiano Manmohan Singh, il quale ha confermato che per i fucilieri non sarà richiesta la pena di morte, appare evidente il nodo della questione. La totale incapacità italiana di far sentire la propria voce, di far valere le proprie ragioni e di difendere i propri interessi, peraltro pienamente legittimi, nei confronti degli altri paesi appartenenti alla comunità internazionale. E' una dura realtà.

 Mario Pizzola

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