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23 feb 2014

attualità

PALAZZETTO DELLO SPORT: CATTEDRALE NEL DESERTO?

Da anni, la struttura che avrebbe dovuto ospitare l’imponente palazzetto dello sport di Pratola Peligna giace abbandonata, tra l’incuria e l’inciviltà della gente, in contrada Spinelle, nella periferia campestre del centro abitato.

Quello che, ad ora, rappresenta un monumento alla memoria dell’elefantiaca ed inefficiente amministrazione pubblica italiana, rimane così, incompiuto, ormai dal 2010.
Ma prima di giungere a quell’anno, in cui furono svolti gli ultimi lavori sullo stabile, vediamo di ripercorrere una vicenda che è iniziata quando qualcuno dei collaboratori di Parle Serie non era ancora nato ed il resto era troppo giovane per ricordare.
Tutto è cominciato intorno agli inizi degli anni ’90, quando il Ministero di Grazia e Giustizia stanziò dei fondi per la realizzazione di nuovi edifici, da usare come case mandamentali.
Fu così che il comune di Pratola, come tanti altri paesi dello stivale, fu ‘’costretto’’ ad accendere un mutuo presso la Cassa Depositi e Prestiti, per l’avvio dei lavori.
Già alla metà degli anni novanta però, com’è prassi nel Bel Paese, furono bloccati per la prima volta i lavori; infatti, una modifica alla normativa, per la riorganizzazione del sistema carcerario, da parte del ministero, fece sospendere la costruzione dell’immobile. È facile intuire che ciò sia successo, nella migliore delle ipotesi, per il cambio delle priorità di un nuovo governo.
A questo punto, rimanevano lo scheletro della struttura ed un mutuo contratto presso la CDP. C’erano tutte le premesse perché lo scheletro rimanesse una carcassa vuota e simbolo di uno spreco.

Per fortuna, questa volta, una nuova iniziativa ministeriale evitò l’inutilità di quanto era stato fatto fino ad allora. Venne suggerita la riconversione del fabbricato, a struttura adibita all’uso sportivo, tramite l’utilizzo del mutuo residuo; al momento del riavvio degli iter e dei lavori, durante gli anni dell’amministrazione Di Bacco, ammontava a circa 1.299.000 euro.
La già citata amministrazione commissionò il progetto di un palazzetto dello sport, quindi di una struttura polifunzionale, rivolta a tante attività sportive. Niente di meglio, per una realtà dove coesistono e coesistevano numerose società agonistiche.
Fu svolta regolarmente una gara d’appalto, iniziarono i lavori e tutto sembrava procedere per il meglio, se non che, nel 2004 la ditta appaltatrice, di Alanno, fallì ed il tutto si bloccò per la seconda volta.
A rendere ulteriormente complicata la faccenda, si aprì anche un contenzioso fra il Comune ed i rappresentanti della ditta fallita (per la cronaca, poi vinto dal primo). Difatti, tra la chiusura del rapporto contrattuale e tutte le lunghissime e immancabili vicissitudini burocratiche, si è giunti al 2008, quando la nuova amministrazione, la prima De Crescentiis, ha richiesto alla CDP, l’utilizzo dell’ulteriore residuo del mutuo, per completare i lavori. In quel momento, la cifra a disposizione era di circa 480.000 euro.
Come da procedura, con una nuova gara d’appalto, questa volta vinta da una ditta di Pratola, nuovi lavori hanno avuto inizio, ma nonostante ciò, si è giunti a quel fatidico 2010, quando tutto si è bloccato per l’ultima volta.
Questa volta perché i 480.000 euro non bastavano a concludere l’opera.
Dopo quasi 4 anni, noi di Parle Serie abbiamo cercato di vederci un po’ più chiaro.
Giorni fa, siamo andati a fare un sopralluogo, in via Fonte S.Angelo.
Abbiamo trovato un complesso enorme, costituito dal palazzetto vero e proprio e da uno ostello pensato per ospitare le eventuali società che fossero venute a gareggiare da noi e che avessero deciso di rimanere a pernottare.

Il terreno di gioco vero e proprio ha le dimensioni di circa 35m X 20m, le aree che dovrebbero essere usate per gli spogliatoi sono ampie e l’unica gradinata potenzialmente potrebbe contenere anche un gran pubblico. Anche l’ostello è molto grande, potrebbe tranquillamente ospitare anche più di una squadra ed è collegato al palazzetto da due scenografiche scalinate. È anche il posto dove si è maggiormente manifestata l’inciviltà della gente: la porta principale è completamente divelta e sono stati registrati furti di materiale elettrico.
Girando fuori dagli edifici ci si accorge di tutto il materiale che potrebbe essere preda di ulteriori furti, oltre che della maleducazione (chiamiamola così) di chi è andato a scaricare lì, mucchi di eternit e articoli sanitari vari.
Poi c’è la presenza di numerosi randagi. Essendo quella, una zona adibita a passeggiate, rappresentano un pericolo per chi si trovasse a passare di lì. Il problema è stato affrontato con l’aiuto della asl, che ha installato una gabbia per la cattura dei cani. Ma c’è un altro problema, con i mezzi che ha, l’azienda sanitaria non può garantire il controllo giornaliero della trappola, perciò per evitare che i cani, una volta catturati, trovino la morte, viene usata solo periodicamente. Inoltre pare che la sua funzionalità sia compromessa da una signora che abita lì da sola e che trovi compagnia, nel dare da mangiare agli animali.
Ma non ci siamo fermati qui. Qualche giorno dopo, abbiamo incontrato il sindaco e l’assessore ai lavori pubblici, Fabrizio Fabrizi, per chiedere del futuro della struttura.
Come già detto, ci hanno confermato che con la somma ereditata che avevano a disposizione, non si potevano terminare i lavori. La loro stima prevede che, per finirli ci sia bisogno di almeno altri 400.000 euro. Una cifra che non è nelle casse del comune e che se ci fosse, molto probabilmente, sarebbe destinata a soddisfare necessità più impellenti. Così Fabrizi e l’amministrazione hanno cercato di percorrere diverse strade, come le richieste di fondi a diversi ministeri ed al credito sportivo del CONI. Purtroppo hanno ricevuto sempre la stessa risposta: <<dovete contrarre un nuovo mutuo>>.
Però, da quando nel 2007 è stato irrigidito il patto di stabilità interno, un Comune come quello di Pratola, non è più in grado di indebitarsi, perché sforare il bilancio negherebbe l’accesso a diversi bandi. Il discorso, su come lo stato cerchi di dare garanzie a quelli di Bruxelles, facendole pesare sulle amministrazioni comunali, è complicato. Magari lo affronteremo un’altra volta.
Nonostante ciò, il recupero dell’area è stato comunque inserito nel piano triennale delle opere pubbliche e alcune idee, per trovare le risorse necessarie, sono al vaglio.
Ci sono due possibilità: potrebbero essere messi all’asta dei beni immobili di proprietà del Comune oppure ricorrere all’interesse privato. Cioè aprire un bando o una gara, destinate a trovare un cittadino o un gruppo di cittadini che si assuma l’onere di completare il palazzetto, per poi riceverne l’affidamento gratuito per un lungo periodo.
Secondo Fabrizi poi, forse l’opera non è stata completata perché è stata pensata troppo grande, rispetto a quelli che erano i fondi iniziali e anche a causa dell’aumento dei costi del mondo dell’edilizia. Fare una ricerca, per capire se più di quidici anni fa, con i prezzi di allora, l’opera era completabile, forse è al di fuori della nostra portata, ma il dubbio che poi, gli eventuali costi di gestione sarebbero proibitivi per il pubblico, ma anche per un privato, ci è venuto. Per questo pensiamo che i problemi non cesserebbero di esistere con l’inaugurazione del palasport.
D’altra parte ormai, ciò che è stato realizzato è troppo per modifiche ai progetti ed è stato fatto con soldi pubblici. Quindi, fare qualcosa con quei due enormi scatoloni di cemento e vetro è un obbligo verso la collettività.

Questo è il primo di un filone di articoli di inchiesta incentrato sulle cattedrali nel deserto, perciò à bientôt!

Piergiuseppe Liberatore

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