STADI DESERTI, LA ROTTA VA INVERTITA. RIEMPIAMO LA PENISOLA CON TANTI PICCOLI CAMP NOU.
Avete presente il nostro stadio, l'Ezio Ricci, spesso vuoto durante il periodo invernale a causa della posizione scomoda e del rigido clima che caratterizza la zona in cui è situato? Bene, adesso prendete il tutto, traslatelo con le dovute proporzioni alle serie maggiori, e in un batter d'occhio avrete la fotografia esatta di uno dei mali che attanagliano il nostro calcio, ovvero quello degli stadi deserti. Dalla serie A alla terza categoria, il problema è comune e non di poco conto. La gente è sempre più restia a recarsi allo stadio, e vedere il tutto esaurito a San Siro o all'Olimpico è ormai una chimera, anche in occasione delle partite di cartello, mentre nel resto d'Europa si ammirano spettacoli come quello del Camp Nou di Barcellona, dove una bolgia di quasi 100.000 spettatori ha contribuito a spaventare il Milan e a rendere un po' più agevole la remuntada blaugrana. Eccezione alla regola il nuovissimo Juventus Stadium, costruito però con una capienza contenuta (41.000 posti) per far fronte alla storica diffidenza dei tifosi bianconeri nel seguire la propria squadra dal vivo, visto che né il Delle Alpi né il Comunale hanno avuto l'onore di registrare frequenti “sold out” per i match della Vecchia Signora. Tolta questa eccezione, la situazione in Italia è nera. I motivi che hanno causato (e causano tutt'oggi) questa problematica sono molti. In primis, la situazione di grave crisi economica che ha portato tante persone a rivedere il proprio budget, tagliando le spese di secondaria necessità. Tra costo del biglietto e spese per il viaggio, andare allo stadio sta diventando un lusso per pochi, considerando anche la troppa burocrazia introdotta dallo Stato. Ve lo dico per esperienza personale: è quasi più facile azzeccare un terno a lotto che acquistare un tagliando per le partite più importanti, tra tessera del tifoso, scarsa informazione del personale addetto alla vendita, poca chiarezza sulle modalità di vendita ecc... In più, bisogna contare anche quelli che, pur avendo le possibilità di andare a seguire “live” la propria squadra del cuore in stadi divenuti scomodi e poco moderni, preferiscono abbonarsi ad una pay tv gustandosi lo spettacolo comodamente da casa. Gli abbonamenti infatti sono accessibili a tutte le tasche, grazie a una concorrenza spietata nel settore, e l'offerta è sempre più ricca di contenuti. Dunque il ragionamento che in molti fanno è il seguente: pago molto meno di quanto spenderei per un singolo match, e posso guardarne molti di più. Ragionamento criticato dai fedelissimi degli spalti, che definiscono tutti i seguaci di questa linea di pensiero come “tifosotti da poltrona”. Purtroppo però, dimenticano (o forse non sanno che) gli introiti delle pay tv sono diventati la fiammella che tiene in vita almeno la metà delle società di Serie A e gran parte di quelle di B, visto che appunto sono venuti meno quelli derivanti dallo stadio.
Altro fattore che ha portato allo svuotamento delle tribune, collegato alle tivù a pagamento e ai milioni che girano dietro a questo business, è il rivedibile dislocamento delle partite nell'arco del week-end. Far giocare una gara, seppur importante, alle 20.45 in pieno inverno, è semplicemente da pazzi, mettendo a rischio l'incolumità dei calciatori ma soprattutto dei supporters. Detto ciò, non posso esimermi dall'ammettere che anche noi appassionati abbiamo la nostra fetta di responsabilità. Perchè se è vero che dalla nostra parte ci sono tutte le giustificazioni appena elencate, è anche vero che bisognerebbe cambiare un po' la mentalità. Non tutti, ma tanti di noi, appena le cose per il nostro club si mettono male, ci disaffezioniamo con una velocità pari a quella di Bolt nei 100mt. San Siro con nemmeno 30.000 persone all'interno, quando il Milan faticava ad inizio stagione, ne è un esempio limpido e recente. Per non parlare di quelli che, definendosi “Ultras”, vanno allo stadio solo per creare confusione e sfogare la propria fame di violenza, allontanando le famiglie dal rettangolo verde (questione in parte risolta dalla suddetta tessera del tifoso).
Il problema dunque esiste, e trovare il bandolo della matassa non è certo semplice viste le numerose circostanze che vanno a comporlo. Innanzitutto, per rivedere gente allo stadio, bisogna sperare che la morsa della crisi economica sul nostro Paese si allenti, consentendo agli italiani di tornare a spendere anche per le cose di importanza secondaria. Poi, occorre che i club vengano incontro alle esigenze degli “aficionados”, abbassando i prezzi dei biglietti, proponendo pacchetti che includano più partite ad un costo favorevole e (almeno quelli più importanti) dotandosi di uno stadio di proprietà confortevole e ricco di servizi, seguendo il modello della Germania (nazione che, guarda caso, ci ha da poco superati nel Ranking Uefa, classifica per le compagini europee). Con quali soldi perseguire l'obiettivo è ancora un mistero, resta il fatto che la rotta in un modo o nell'altro va invertita, per far sì che anche gli stadi italiani possano diventare accoglienti e accessibili per i tifosi e temibili (in senso sportivo, s'intende) per le avversarie estere, come tanti piccoli Camp Nou sparsi per la penisola.
Luigi Polce
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