Quando pensiamo al mondo della moda, ciò che ci sovviene
è un ambiente fatto di tessuti raffinati, colori originali, sfilate scenografiche
e accessori sfavillanti.
Ma quanti di noi si
chiedono cosa ci sia dietro a ciò che indossiamo?
Valeria Golino nello spot di Greenpeace per una moda eco-sostenibile. |
Greenpeace ha già attaccato alcuni tra i giganti del
settore tessile, lanciando loro “il guanto di sfida per una moda più pulita”.
Le industrie, infatti, sono state accusate di mettere seriamente a rischio le
risorse naturali di questo pianeta, radendo al suolo ogni giorno ettari di
foresta amazzonica, per lasciare spazio all’allevamento di bestiame e alla
produzione di pelle utilizzata per scarpe, borse e cinture.
O ancora, sono state accusate di utilizzare sostanze chimiche altamente nocive nei cicli di produzione dei tessuti in paesi come Cina e Messico, mettendo gravemente a repentaglio le risorse idriche della terra.
O ancora, sono state accusate di utilizzare sostanze chimiche altamente nocive nei cicli di produzione dei tessuti in paesi come Cina e Messico, mettendo gravemente a repentaglio le risorse idriche della terra.
Molte case, tra cui Chanel, Prada, Dolce&Gabbana, ed
Hermes, si sono rifiutate di rendere pubbliche alcune informazioni sensibili
riguardo i propri cicli di produzione, chieste loro proprio attraverso la
campagna “The fashion duel”, indetta da Greenpeace.
Al contrario, l’industria capitanata dal maestro del
glamour Valentino è risultata una delle poche ad impegnarsi fattivamente per
opporsi alla deforestazione e all’inquinamento.
Sulla scia di quest’ultima presa di posizione e stimolato
anche dalla ferma campagna di sensibilizzazione, Mario Boselli (presidente della
Camera nazionale della moda) esprime la sua volontà di arrivare ad un sustainable fashion, a impatto minimo
sull’ambiente. Si punta quindi a cicli produttivi che facciano uso di energia
il più possibile pulita e rinnovabile e a materiali alternativi alle sostanze
chimiche pericolose.
Gossypium: pianta del cotone. (Texas A&M AgriLIfe Extension Service, photo by Blair Fannin) |
Molti dei vestiti che indossiamo, infatti, contengono
alcune sostanze tossiche, utilizzate soprattutto per la tintura dei tessuti. Il
cosiddetto cotone non-organico, pullulante di pesticidi, viene creato dalla
miscela di cotone per l’appunto e materiali dannosi, come metalli pesanti,
ammoniaca e formaldeide, volti a rendere la produzione più economica.
Il contatto con tali agenti può essere evitato stando
attenti a ciò che si compra: cercate indumenti in cotone organico, scegliete
compagnie che praticano il fair trade, ovvero un commercio sano e corretto,
evitate indumenti che contengono poliestere e nylon,
poiché realizzati con petrolio e che contribuiscono dunque, all’aumentare del
riscaldamento globale.
Giulia M.
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