Un impero che si estende fino ai
limiti del globo conosciuto. Un magistrato che amministra la giustizia in un
villaggio di frontiera, all’interno di un oasi confinante con il deserto e con
il mistero.
Per anni la vita del magistrato corre
immobile, sino alla senescenza, tra il monotono lavoro, la lettura dei
classici, gli scavi archeologici, le serate con gli amici e con le prostitute.
Le milizie dell’impero, sospinte dalle
voci della capitale che “aspetta i barbari”, transitano in quel paese
dimenticato per combattere una guerra preventiva contro i nomadi che scendono
dal deserto, per fare prigionieri e difendere le frontiere del regno.
Da quel momento il magistrato si
troverà a combattere una doppia guerra interiore. La prima tra la sua fedeltà
all’impero e quella voce che domanda dignità per i barbari, una voce che
squassa l’anima con una tempesta di domande. Non ha forse, questa gente, il
diritto di riavere le terre di cui sono stati privati ? Non sono forse nostri
simili questi barbari ? Non si può vivere nella pace e nella coesistenza
reciproca ?
La seconda guerra, più subdola, è con
i suoi sentimenti più intimi. Tra i prigionieri vi è una ragazza verso la quale
il magistrato prova una strana forma di richiamo. Amore ? Compassione ?
Attrazione fisica ? Emulazione paterna ?
Da magistrato diviene imputato, da
servitore dell’impero traditore della sua gente. Costretto alla prigionia
solitaria, denigrato, umiliato, affronterà la sua anima da uomo libero senza,
però, mai comprendere il significato della propria guerra. Sotto la cenere del
suo volere non saprà mai riconoscere
quella voce che squassa l’anima … la voce della coscienza.
Un capolavoro del sudafricano Coetzee,
vincitore nel 2003 del Premio Nobel per la Letteratura, che vi porterà tra le
polverose e desolate lande della consuetudine umana che aspetta i barbari come
aspetta la morte e che procede docilmente ponendosi domande alle quali non avrà
mai una risposta.
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