Ci sono i bar e la sala giochi, il campetto e la
chiesa. I soprannomi delle famiglie e i personaggi che, in paesi o in rioni,
sono le vere autorità (altro che sindaco), il maestro severo ma giusto, il
sacerdote che giocava a calcio con i bambini, il negoziante che tutto sapeva e
di tutto s’impicciava. Ritratti e cartoline del passato che hanno invaso
Facebook grazie alla moda del “Sei di….se”: partita in sordina
qualche settimana fa, ora sembra aver contagiato gli italiani presenti sul
social. Partecipare è facile: basta creare un gruppo o una pagina con il titolo
“Sei di…se”, aggiungere al posto dei puntini il nome del paese e condividerlo
con un po’ di amici.
Più il centro di riferimento è piccolo, più il gruppo è
vivace, cosi come è accaduto nella nostra realtà locale dove un gruppo di
persone gestisce la pagina “Sei di Pratola Peligna se..” sfidandosi a chi sa
ben scrivere in dialetto, oppure a ricordare a cosa serviva un determinato
oggetto oppure a localizzare con precisione dove si trovasse una determinata
zona di Pratola. “Sei di… se” è la manifestazione di
un fenomeno che non è nuovo, ossia del fatto che la nostra società sia permeata di nostalgia. La matrice, vale a dire la ragion d’essere di
questi gruppi su Facebook fa riferimento proprio a tipici meccanismi
nostalgici: il radicamento
identitario e l’autenticità
dell’identità. Alla base di questi gruppi c’è un forte senso di appartenenza a una comunità: come
suggerisce il titolo, sei realmente di un determinato posto se hai vissuto
determinate esperienze o se hai conosciuto certe persone in un periodo di tempo
e in un luogo ben determinato. Attraverso la condivisione dei contenuti, affermiamo chi siamo. Ma
anche cliccando “mi piace” non solo esprimiamo il gradimento rispetto a
qualcosa che apprezziamo: esprimiamo ciò che ci interessa e operiamo il
confronto con ciò che interessa agli altri.
Che si tratti di bambini in divisa scolastica in posa insieme alla maestra o di
giovani ritratti davanti al campetto prima del torneo tra rioni, tutto ciò che
riguardi da vicino gli interessi del paese viene riesumato e riproposto a chi
non era presente li per motivi anagrafici o perché non viveva in zona. Ma ci sono anche fotografie di paesaggi, per
ricordare com’erano una volta vie e piazze: il tipo di immagini che ogni
famiglia tiene nel cassetto e spesso non ricorda nemmeno di avere. Questo,
sommato ai contenuti leggeri mescolati a qualche stereotipo, spiega il successo
del fenomeno che è tipico fenomeno conosciuto come il campanilismo. Il
social-network si è evoluto, da piattaforma di racconto della propria esistenza
a luogo di incontro tra persone che fanno parte della stessa collettività. Che
si tratti di una città, un quartiere o addirittura una strada.
Un piacevole viaggio “a spasso nel
tempo” tra persone conosciute e fidate con cui hai trascorso frammenti della
Tua vita. Un esercizio virale che nella certezza di raccontarti, sai di poterti
confidare con le persone vere che custodiscono sincronizzate eventi e comportamenti
che ti sono appartenuti. Dai racconti e dalle immagini inaspettate materializzi
eventi che tornano alla mente in modo surreale. A volte le foto sono di gruppo
e devi usare una lente di ingrandimento per riconoscere a distanza di anni ed
eventi le care immagini. Un esercizio che promette di riscrivere mille storie
come un teatro datato dove a recitare ed emozionarsi sono gli attori che
reinterpretano la propria
storia vera. Un fenomeno di massa nuovo che potrebbe diventare una lente che ci
accompagna ed aiuta a ricordare e quasi materializzare, dove figli, nipoti ed
amici di un tempo leggono la parabola della nostra vita.
Salvatore Presutti
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