VIA LA SCIARPA, RESTANO I PROBLEMI!
Qualche numero fa, vi ho parlato della situazione degli stadi italiani, andandola ad analizzare sotto diversi aspetti e in un'ottica generale. Adesso vorrei addentrarmi più nello specifico, toccando una delle tante fattispecie che vanno a comporre il problema, partendo da un'esperienza personale. Mercoledì 8 maggio, allo Stadio Adriatico di Pescara, si è giocata Pescara-Milan, appuntamento imperdibile per me come per altri tanti pratolani con il rossonero nel cuore. Per l'occasione c'erano anche i miei zii e mio cugino, residenti in Svizzera e tornati a Pratola per la festa della Madonna. I presupposti per una giornata gradevole all'insegna della famiglia c'erano tutti, e in effetti così è stato. Ma un piccolo episodio è andato a macchiare il tutto.
Parlando con mio cugino prima della partita, gli spiegavo di rispettare i tifosi locali e di non esporre troppo la sua passione rossonera, visto che comunque per noi era una trasferta, e ci si poteva aspettare una reazione poco amichevole da parte di un pubblico depresso dopo la matematica retrocessione in B.
Entrati nello stadio, ci sistemiamo ai nostri posti e assistiamo alla partita e ai 4 goal dei ragazzi di mister Allegri, esultando con pacatezza e godendoci la bellissima giornata di sole che la città dannunziana ci stava regalando. Terminata la partita, ancora con abbigliamento da tifosi addosso, ci rechiamo verso la macchina in tranquillità, quasi già dimentichi della partita appena trascorsa.
Ad un tratto, un ragazzo invita mio cugino a togliersi la sciarpa, reo secondo lui di tifare Milan nella sua città. Noi lo ignoriamo all'inizio, e lui continua a seguirci chiedendo sempre a mio cugino da dove provenisse. Alla risposta “Svizzera”, il tifoso (se così si può definire), forse sentitosi preso in giro per l'improbabile (secondo lui) provenienza, tira via la sciarpa al mio parente elvetico e, scappando via, la lancia al di là delle recinzioni che separano la strada dallo stadio. E la scena si ripete altre volte ancora, come mi è stato successivamente raccontato, con altri tifosi rossoneri protagonisti.
Noi comunque continuiamo per la nostra strada e andiamo via, non dando troppo peso alla cosa anche perchè sarebbe stato francamente inutile andare a controbattere sulla questione. Certo, un pochino dispiace visto che, per esempio, in Svizzera come in tanti altri paesi europei ci si insulta dagli spalti durante i 90 minuti, poi finisce tutto lì. Invece in Italia, il fatto calcistico diventa fatto personale, e se qualcuno indossa una maglia o una sciarpa della squadra avversaria nella nostra città, ci sentiamo violati e deturpati quasi come se avessero fatto del male alla nostra famiglia.
Ci tengo a precisare che non è mia intenzione fare di tutta l'erba un fascio, perchè dire che queste cose succedono solo a Pescara o che i tifosi di oggi sono tutti così sarebbe una mancanza di rispetto clamorosa verso tutte le persone che allo stadio si comportano in maniera esemplare. Purtroppo però, vedere certe scene dovute a futili motivi pallonari fa riflettere perchè, come ben sanno le persone più grandi di me, i problemi nella vita sono altri e non riguardano certo 22 calciatori pagati profumatamente per quello che fanno. Tocca a noi responsabilizzarci, perchè per risolvere la questione non ci sono tessere del tifoso, tornelli o biglietti nominativi che tengano.
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