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22 mar 2013

Moda


DONNA: tra MODA ed EMANCIPAZIONE



Nel mese in cui si festeggiano e si onorano le donne (o almeno questo dovrebbe accadere)ho deciso di fare un salto nel passato e ripercorrere quella che è stata l’evoluzione della moda femminile, delle innovazioni e delle svolte decisive che vi sono state in essa durante tutto il ‘900. “La moda riflette i nostri tempi ma è anche lo specchio dei nostri sentimenti. L’occhio della moda è un occhio sensibile.” (Audrey Hepburn).
Generalmente si pensa che la moda venga concepita come per rimanere isolata in un ambiente di nicchia, quando invece essa spesso rappresenta la società del tempo, adattandosi a quelle che sono le esigenze e le richieste del preciso contesto storico.
Negli anni ’20, epoca in cui le donne iniziano ad avvicinarsi al mondo del lavoro per far fronte alla mancanza di mano d’opera causata dalla guerra, Coco Chanel rivoluziona completamente il concetto di vestir donna, introducendo nell’abbigliamento femminile il pantalone e rappresentando, così, il desiderio di una donna lavoratrice e dinamica.


Un’altra importante svolta c’è negli anni ’40, quando uno stilista allora semisconosciuto chiamato Louis Reàrd presenta a Parigi, sotto gli occhi scioccati del pubblico europeo, il bikini, una trovata rischiosa ma fondamentale, che contribuisce alla diffusione dell’idea di donna moderna,  una donna che usa la moda come strumento di provocazione.
Per chiedere di avere gli stessi diritti che la società riserva agli uomini, difatti, l’ unico mezzo per farsi notare è diventato quello di organizzare azioni che per l’epoca sono estremamente istigatorie: andare in bicicletta, indossare pantaloni, scendere in piazza a manifestare e, non meno importante, indossare la minigonna. Quest’ultima viene creata dalla modella-stilista inglese Mary Quant, la quale afferma “Né io, né Courrèges (stilista francese degli anni ’60 – ndr), abbiamo avuto l'idea della minigonna. E' stata la strada ad inventarla. “. Effettivamente essa contribuisce, anche grazie alla ribelle Twiggy, ad aprire un’epoca in cui la spregiudicatezza e l’ anticonformismo diventano sinonimi di gioventù e libertà.
Negli stessi anni ’60, il mensile di moda Vogue introduce un vero e proprio cambiamento nella copertina,  orientando le immagini verso la rappresentazione di una donna sempre più grintosa, con uno sguardo penetrante e costantemente rivolto verso l’obiettivo, proprio per esprimere la forte personalità del genere femminile.



Si diffonde, poi, la moda dei “sabati ballanti” (anni ’70) e con essi  nascono i primi abiti da discoteca, che rendono la donna attraente e sessualmente più libera.
Da qui in poi si assiste ad un susseguirsi di stili e di tendenze meno rivoluzionarie rispetto agli anni precedenti, ma comunque di notevole importanza. Si passa dai pantaloni a zampa, alla



diffusione dello stile “punk”, dalle stampe geometriche ai jeans chiari e aderenti, fino ad arrivare ai



giorni nostri, in cui  non vi è più uno stile ben preciso, ma la gamma proposta è molto ampia e lascia spazio ad una svariata scelta di generi.
Si parla dell’evolversi di diverse tendenze che hanno portato ad una donna, non solo emancipata, ma anche libera, libera di scegliere l’abbigliamento più adatto allo stile che meglio la rappresenta. Ciò non significa che il percorso sia concluso del tutto, che si è definitivamente arrivati ad una forma di totale emancipazione, poiché, purtroppo, i pregiudizi sono difficili da sterminare. Le sfide che ci aspettano non riguardano solo l’ambito strettamente giuridico da un lato o gli spazi di libertà nel vestire dall’altro, ma riguardano la società, la cultura, la mentalità; si tratta di un enorme processo in atto e di cui pertanto non possiamo ancora conoscere la conclusione.

Giulia M.

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