Sempre più spesso in questi ultimi tempi
sentiamo parlare dei potenziali effetti avversi, se non addirittura
cancerogeni, di una dieta ad elevato contenuto di carne (soprattutto suina);
altrettanto spesso la nostra attenzione viene catturata dai mass media, che
svelano alcuni presunti benefici per la salute derivanti da una dieta
vegetariana ( modelli dietetici a base vegetale che escludono
rigorosamente dall’alimentazione la carne di qualsiasi animale); è storia recente anche lo sviluppo di
un terzo tipo di dieta, detta vegana, che non prevede il consumo, per motivi
etici o salutari, di qualsiasi alimento di origine animale. Risultati ancora
parziali ed approssimativi, “diffusi” invece come straordinari e
definitivi, stanno determinando non poca confusione tra i consumatori di carne e
non.
Sono infatti in aumento i casi di “conversione” poco riflettuta, per scopi
salutistici o meno, da una dieta carnivora al vegetarianismo. Ma siamo davvero
convinti che la completa eliminazione di carne dalla dieta abbia benefici reali
e concreti sul nostro organismo, tra cui un clamoroso effetto antitumorale? I
risultati derivanti da diversi studi, a volte di dubbia provenienza
(controllate sempre le fonti!), appaiono piuttosto contrastanti: da uno studio
condotto qualche anno fa dalla Health Food Shoppers Study nel Regno Unito, è
venuto fuori che se da un lato c’è effettivamente una maggiore incidenza di
tumori gastrici e del colon e di patologie cardiovascolare nei soggetti che
fanno uso abituale di carne (per intenderci, circa una volta al giorno ),
dall’altro emerge una tendenza allo sviluppo di neoplasie in distretti
specifici nei vegetariani, e ancora di più nei vegani. La presenza nelle carni
rosse e processate (prosciutti, insaccati ed hamburger ) di additivi alimentari
come nitriti e nitrati e di varie molecole come acidi carbossilici, esteri ed
alcoli (alcuni dei quali certamente cancerogeni) sprigionatisi durante la
cottura o derivanti dal metabolismo di farmaci utilizzati precedentemente
sull’animale stesso, potrebbe in parte spiegare questa maggiore incidenza di
patologie neoplastiche e cardiovascolari. E’ pur vero che soprattutto le carni
rosse hanno un valore biologico e nutritivo non indifferente: infatti le
proteine in esse contenute sono molto simili a quelle umane e quindi facilmente
utilizzabili a scopo energetico dall’organismo per la produzione di enzimi,
anticorpi ed ormoni. Le proteine di origine vegetale, dall’altro canto, sono
invece molto differenti da quelle umane e più difficilmente convertibili ed
utilizzabili: ne consegue un’alta probabilità di incorrere in carenze
specifiche (ferro, vitamina B12,B6, vitamine liposolubili A, D, E, K ) nel
corso di una dieta vegana protratta e in rari casi vegetariana, se non si
provvede ad una integrazione mirata con amminoacidi essenziali. Non bisogna
quindi, in preda alla paura, cadere nella trappola CARNE= malattia e
ELIMINAZIONE TOTALE DI CARNE =salute. Come nella maggior parte delle questioni
mediche, in medio stat virtus (è su questo principio che infatti si basa il
concetto di OMEOSTASI). Sulla base di studi più recenti è stato infatti
consigliato di ridurre il consumo di carne ( non più di due o tre volte a
settimana) ma non eliminarlo del tutto! Ovviamente tutt’altro discorso va fatto
per soggetti in fase di accrescimento. Se a questa abitudine viene poi
associata una dieta bilanciata e variegata, con molta frutta, verdure e legumi
( in questo noi Italiani DOVREMMO essere già favoriti dalla buona e sana dieta
mediterranea) il tutto è ancora migliore e permette la realizzazione di quell’alimentazione
corretta, intesa come efficace mezzo di prevenzione delle malattie.
STEFANO PALERMI
DOMENICO VALENTINI
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