“La razza umana esagera tutto: i propri eroi, i propri nemici, la propria importanza. Stronzi! Ecco, mi sento meglio. Stramaledetta razza umana. Ecco, mi sento meglio.”
Potremmo partire da qualsiasi citazione per provare a descrivere e spiegare l’animo del vecchio Bukowski, l’ubriacone da quattro soldi, il misantropo, il cinico, il moscone da bar ma nessuna riuscirebbe a darci un quadro completo della sua essenza. Senza dubbio leggendo frasi del tipo: “Quando sono ubriaco, la mia ispirazione è al massimo, questo significa essere un gran figlio di puttana.” o anche “Tutti hanno paura d'essere culi, questa storia m'ha un po' stufato. Forse sarebbe meglio se diventassimo tutti culi e se ci mettessimo buoni.” è facile cadere nella trappola in cui, ahimè, cascano la maggior parte dei lettori che, accecati dalla scrittura nuda e cruda e dalla descrizione minuziosamente contorta della realtà, si limitano ad etichettarlo come esponente del “dirty realism” o ad assegnargli quel marchio, appartenuto ai vari Kerouac, Burroughs e Cassady, dell’artista maledetto.
Bukowski non dovrebbe essere una semplice lettura d’evasione, il classico libro post-abbuffata delle 14:30; leggere Bukowski significa molto di più , bisogna impegnarsi , tuffarsi tra le sue parole per abbattere quel muro che separa il vero Buk dall’alter-ego Chinaski. Solo confrontandoci con i suoi romanzi, le sue poesie e i suoi racconti possiamo ricavarne un’immagine antitetica rispetto al clichè ormai noto e, purtroppo, troppo in voga nei piccoli bevitori di vodka lemon e redbull sui social network. La visione che tutti dovremmo avere di Buk è quella che Mondelli ci ha regalato con il suo “Goodbye Bukowski” in cui le risse e le ubriacature fanno spazio all’animo mite e timido di un’artista incompreso, al ragazzo impacciato e allo spessore emotivo che lo contraddistingueva.
“Faccio segno di si. Fingo di capire, perché non voglio ferire nessuno. Questa è la debolezza che mi ha procurato più guai. Cercando di essere gentile con gli altri spesso mi ritrovo con l’anima a fettucce, ridotta ad una specie di piatto di tagliatelle spirituali. Non importa. Il mio cervello si chiude. Ascolto. Rispondo. E sono troppo ottusi per rendersi conto che io non ci sono.”
Non fraintendete, non voglio far passare Bukowski per il ragazzo casa-chiesa della situazione, non si può negare l’evidenza; quel che vorrei entrasse nella mente di tutti è che Buk non era un diavolo, non era di certo un angelo, era un individuo mosso dal contrasto tra bene e male, dal vizio e dalla virtù, dal peccato e dalla purezza. Perciò, amici miei, sedetevi sulla vostra poltrona da lettura, rilassatevi, riempite il vostro bicchiere con il miglior whiskey della vostra cantina, accendete una sigaretta e immergetevi responsabilmente nella vostra lettura.
DON’T TRY.
Hank
2 commenti :
Ciaooooo Pirlaa:P bel testo comunque
Ciaooooo Pirla bel commento comunque:P
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